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Edizione straordinaria. Ad Asti Patric recupera il teatro perduto

Grand Mother (photo: Margherita Masè)|"Hot

Grand Mother (photo: Margherita Masè)|"Hot

Edizione straordinaria: recuperiamo il teatro perduto!”: un mese di programmazione “straordinaria” (da fine giugno e fine luglio) che ad Asti ha unito, idealmente e nel concreto, quasi tutti gli spettacoli della rete Patric (Teatro Alfieri, Spazio Kor, Teatro di Dioniso e Mon Circo) saltati a causa della pandemia dei mesi precedenti, presentando un programma esteso e variegato, sia in termini di spazi occupati che di offerta.

Abbiamo seguito alcune performance che hanno permesso di rivivere e, di fatto, riaprire, le principali sedi teatrali cittadine, in attesa del festival Asti Teatro che prenderà il via a fine agosto come di consueto.

La rassegna si è aperta con un’installazione artistica, sonora e plastica firmata da Vincenzo Schino, “Grand Mother”, con drammaturgia spaziale a cura di Marta Bichisao e Ivan Schiavone.
Una spirale in acciaio lunga dodici metri è sospesa nel vuoto dello spazio Kor, e percorribile dagli spettatori che possono entrare nella forma, toccarla, ascoltare i suoni e sentire le vibrazioni, attaccare l’orecchio e comprendere le parole.
Gli autori hanno attivato, con questo progetto, una vera e propria ricerca sul campo, incontrando e registrando la voce di persone anziane alla ricerca di una relazione, di una memoria lontana. Succede così che qualcuno (invisibile) narri, e qualcuno (visibile) ascolti nel luogo dove, abitualmente, accade l’opposto. L’intimità e la profondità che si crea nella condivisione è speciale ed inattesa, anche tra persone che non si conoscono, in virtù di un luogo misterioso e profondo che riesce a portare a galla l’infanzia, la lingua d’origine, la memoria, i sogni e le immagini.
Nella fruizione dell’installazione, ascoltare le parole senza vedere la persona che parla crea uno straniamento all’interno del quale si amplifica la dimensione della voce in assenza del corpo in scena.

Sempre allo Spazio Kor l’accento va sulle performance di due compagnie under 35, vincitrici entrambe del Premio Scintille indetto da Asti Teatro.
La prima è “Hot, chiamate in attesa” del Collettivo Talia’s Machine, per la regia di Clio Saccà, vincitore del premio nel 2019.
In scena sei ragazze, stereotipo della precarietà lavorativa di oggi, sono le centraliniste hot di un call center erotico fuorimoda, alle prese con il difficile ruolo di chi deve ancora una volta reinventarsi per tirare a campare. C’è chi in quell’occupazione ha trovato un rifugio per scappare da un disagio mentale incalzante e represso, chi pensa di aver già toccato il fondo, chi al contrario crede di essersi finalmente stabilizzata dopo anni di prostituzione.
Pochi elementi scenici basilari (sedie, separé) sono sufficienti a creare il microcosmo squallido di un posto di lavoro che vacilla insieme alle relazioni delle protagoniste. La regia concorre ad amplificare gli stati d’animo delle ragazze attraverso una frammentarietà costante di forme teatrali, dal monologo alla coralità.

“Hot, chiamate in attesa” del Collettivo Talia’s Machine

Vincitori di Scintille 2020 sono invece gli attori di Chièdiscena, che hanno curato in collettivo il testo e la regia di “Presente!”.
Con questo spettacolo la compagnia si propone di “scavare nell’animo dello spettatore, entrando in rapporto con qualcosa che ha lasciato squarci in tutti, e con cui bisogna confrontarsi per tutta la vita: il mondo dell’infanzia, che è quello della scuola, dell’apprendimento, della scoperta, del disagio, delle cose non dette o dette male, del rimpianto, dell’inganno e insieme del disinganno”.
Si avverte, nel loro lavoro, una forza amalgamante vincente, che rafforza l’idea di gruppo artistico attraverso una narrazione corale sul mondo della scuola visto nelle sue pieghe più intime e romantiche. Mentre sul palco le sedie diventano l’unico supporto scenografico, ognuno degli otto interpreti è portavoce di un particolare vissuto rispetto agli anni passati tra i banchi e al mondo dell’infanzia nutrito attraverso l’educazione.

Presente! di Chièdiscena (photo: teatroalfieriasti.it)

Molto interessante l’anteprima de “La gloria” di Fabrizio Sinisi con i giovani interpreti Alessandro Bay Rossi, Dario Caccuri e Marina Occhionero, spettacolo di cui Klp aveva già parlato in quanto vincitore di Forever Young 2019/2020.
Il plot ci porta a confrontarci con uno sconosciuto Adolf Hitler negli anni immediatamente precedenti l’ascesa al potere. E’ il periodo dell’amore per le arti, delle menzogne, degli innamoramenti non corrisposti, di una gioventù travagliata che getterà le basi per ciò che purtroppo ben conosciamo. I tre interpreti garantiscono una prestazione di livello, nell’annullamento totale di oggetti di scena dei quali non si avverte il bisogno.

Al teatro Alfieri è invece andato in scena “Rigoletto, la notte della Maledizione” con Marco Baliani e i Filarmonici di Busseto.
Il “Rigoletto” di Baliani è il monologo finale di un vecchio clown del circo, storpio e malandato, che ha come unica ricompensa per una vita di ristrettezze la figlia Giada, innamorata di un funambolo fedifrago. Per vendetta il pagliaccio stende del grasso sul trapezio del ragazzo ma apprenderà, troppo tardi, che insieme a lui si esibirà, volutamente, anche la giovane, condannando entrambi alla morte.
La messa in scena divide nettamente il palco in due. Da un lato l’attore, intento a prepararsi in camerino, dall’altro i musicisti. Questa separazione così decisa non aiuta la fruizione dello spettatore, così come non favorisce il compenetrarsi tra i due luoghi deputati, che perdono un po’ di forza. Molto apprezzabile come sempre l’interpretazione di Baliani, così come la scelta del monologo per un “Rigoletto” sui generis.

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