Elio e le storie di Gian Burrasca: videocappuccino con brioche

Elio è Gian Burrasca
Elio è Gian Burrasca
Elio in versione Gian Burrasca (photo: Arturo Delle Donne)

Intervistare Elio (al secolo Stefano Belisari) a Bergamo, alle otto di sera, davanti a una tazza di latte e relativa brioche, a meno di un’ora dall’inizio dello spettacolo, è una di quelle cose che già di suo definiscono il carisma del personaggio. Un artista che ha fatto dello status di genialoide “normale” la cifra di una carriera, riuscendo ad attraversare molte forme d’arte senza che mai gli si potesse dire che non fosse in qualche modo a casa.

Complice la sua capacità di ritagliarsi in ogni ambito un’abilità scanzonata, filtrata da un’ineccepibile forza professionale come musicista e pensatore (anche se lui sempre negherà, almeno su quest’ultimo increscioso sostantivo), Elio come artista è riuscito a togliersi un numero impressionante di sfizi artistico-professionali, navigando sicuro fra musica, teatro, tv, festival, senza mai dover indossare panni altri da quelli della sua persona.
Insomma (e lo confessa anche lui senza difficoltà) non ha mai dovuto “recitare” una parte altra dal se stesso che tutti conosciamo, anche perchè ammette candidamente di non essere in alcun modo un attore.

Il motivo di questa sua ultima digressione teatrale (che non è comunque la prima, visto che alcuni anni fa era stato interprete di un’”Opera da tre soldi” nient’affatto male) è l’esser riuscito, a quarantasei anni di distanza dal celebre sceneggiato Rai interpretato da Rita Pavone, e in occasione del centenario della nascita di Rota (che pochi ricorderanno quale autore delle musiche di quella serie televisiva), a convincere Lina Wertmüller a firmare una regia che gli permettesse di riportare in vita Gian Burrasca.

Sicuramente Elio non ha dovuto faticare molto, perché basta un po’ guardarlo mentre affonda serio il croissant nel cappuccino, per capire che è persona che, di lì a poco, potrebbe tirarti fuori una mattana in puro stile Vamba. E infatti ritrovarlo pochi minuti dopo ad indossare pantaloni alla marinara nei panni di Giannino Stoppani è un attimo: finanche troppo naturale.

Come al solito non manca certo la qualità tra chi lo affianca nella performance musicale: un ensemble strumentale composto da musicisti di livello internazionale quali Corrado Giuffredi (clarinetto), Cesare Chiacchiaretta (fisarmonica), Giampaolo Bandini (chitarra), Federico Marchesano (contrabbasso), Danilo Grassi (percussioni).

Come detto, l’adattamento del testo e la supervisione alla regia sono nuovamente affidate a Lina Wertmüller, che di quella miniserie del 1964 fu regista, alla testa di un gruppo di interpreti che annoverava fra gli altri, oltre a Rita Pavone (Giannino Stoppani), anche Valeria Valeri (la Mamma), Ivo Garrani (il Papà), Milena Vukotic, Bice Valori (la Direttrice del collegio), Sergio Tofano (il Direttore del collegio), Arnoldo Foà, Elsa Merlini, Checco Durante e Paolo Ferrari.

E viene tristemente impietoso il paragone con le fiction dei nostri giorni.
Per questo l’operazione filologica, in cui a Elio è chiesto di cantare e di prodursi in un misuratissimo reading accompagnato dalla proiezione delle celeberrime illustrazioni del libro e dalle musiche e canzoni di Rota, risulta un’operazione riuscita, che non ambisce a null’altro se non a riportare in vita un testo per grandi non ancora cresciuti, come tutti i grandi classici della letteratura per ragazzi.

Un po’ come Pinocchio, che grandi uomini di teatro come Carmelo Bene e Nico Garrone hanno amato fino alla fine, anche il personaggio di Gian Burrasca e le pagine di Vamba hanno le caratteristiche per una rilettura adulta.

Ne viene fuori una satira feroce su una società, la nostra, ammalata ancora di falsi pudori, dove le campagne elettorali si farciscono di mostri d’altri tempi, d’altre epoche, e dove la fintamente pudica prurigine da salotto, per una parte della società italiana, resta ancora dirimente per le scelte sul nostro tempo. Queste sì, Storie Tese!

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