La seconda settimana di ExPolis ha visto sul palcoscenico del Teatro della Contraddizione di Milano due spettacoli completamente diversi che affrontano, con punti di vista e approdi lontani tra loro ma ugualmente interessanti, il tema della città, o meglio “delle città fuori dalle città” come recita lo slogan del festival.
Il primo, “Orfeo va all’inferno”, è un prodotto che viene da Milano: la compagnia Teatro del singhiozzo rappresenta, infatti, una particella della variegata produzione teatrale meneghina, una piccola realtà produttiva, operante tra gli ostacoli che ben conosciamo. “Orfeo va all’inferno”, però, è una riflessione che, pur ancorata e nutrita dal quotidiano, tende all’universale, e in questo modo, forse, esce dalla città.
Protagonista, una coppia vicina al giorno del sì, con tutte le sue complicazioni, e accanto a loro, genitori, amici di sempre e amanti del momento. Al centro della scena, un’enorme lavatrice che, con i suoi cicli di lavaggio, richiama la routine giornaliera e, forse, il modo “rapido” con cui si tendono cancellare certe macchie dalla propria coscienza. La città, non per forza Milano, continuamente citata nei dialoghi, è una presenza indivisibile dalla vita dei personaggi, rappresentata qui nel suo lato più infernale.
Ma è con il secondo spettacolo, “Appunti per un teatro politico”, che si entra a gamba tesa nel senso del festival, con la Compagnia OlivieriRavelli Teatro, parte del consorzio romano Ubusettete.
Prima ancora dello spettacolo, è il drammaturgo e regista Fabio Franceschelli ad accompagnarci nel cuore del tema, prestandosi a una lunga chiacchierata con il pubblico, a partire dal quesito “cosa significa una città fuori dalla città?”. Ad interrogarlo Marco Maria Linzi, direttore artistico del Teatro della Contraddizione, con-direttore di ExPolis, ma soprattutto animatore di tutti i dibattiti con il pubblico pre e post spettacoli.
La risposta di Franceschelli, limitata all’area di Roma, ci racconta di una città che conta sempre più numerose “extra-comunità”, e che quindi si sta allargando anche in offerta culturale; e a questo proposito cita l’esperienza dell’Orchestra di Piazza Vittorio, gruppo musicale multietnico in continua crescita sia per numero dei componenti che per volontà artistica.
Si continua poi a chiacchierare, ma questa volta tocca al pubblico parlare: “Chi si offre volontario per rispondere riceve un bicchiere di vino”, e si apre così un’altra mezz’ora di dibattito prima dello spettacolo.
Il lavoro di Franceschelli richiama fin dal titolo il teatro politico, che tuttavia in questo caso non si schiera, non mira a convincerci, ripetendo quello che in realtà sappiamo già, e presentandosi come un teatro vivo e partecipe con grande ironia. Uno sguardo sul presente che piace al pubblico, pienamente coinvolto dal gioco metateatrale offerto dai bravissimi attori. E un teatro ancora più vivo per l’atmosfera che si era creata precedentemente nella piccola sala del Teatro della Contraddizione. “Perché l’intenzione è che questo festival diventi di tutti. Di chi si ripete che la città non lo rappresenta. Questo festival è una provocazione e un’apertura”: se queste parole, firmate nel manifesto dagli ideatori di ExPolis, rappresentano l’urgenza dell’iniziativa, si può dire che il festival, neanche a metà della sua lunga avventura, abbia già toccato l’obiettivo.
Tuttavia, per non fermarsi, l’azione di ExPolis mirerà nella prossima settimana, la terza, a “perdersi” per indagarne quali bisogni vengano dopo la sopravvivenza, e per esempio, come e dove appagare il bisogno di cultura. A questo scopo il 9 e 10 maggio gli artisti saranno impegnati in una “deriva psicogeografica”. “Le città nella città” sarà una ricerca aperta a tutti gli artisti che vorranno partecipare: il primo giorno porteranno il materiale in teatro e lo condivideranno; il secondo giorno si proporranno modelli alternativi per l’ascolto della città.
Il punto di forza di ExPolis è la varietà con cui offre alla città un’“apertura”, attraverso le tante voci dell’arte. Teatrale prima di tutto, con spettacoli del tutto diversi per forma, fama e provenienza.
Questa settimana sarà la volta della genovese Compagnia Frakkasso: da un’idea di Francesca Caso l’11 e 12 maggio arriverà “Fragile”, definito “spettacolo di teatro gestuale per due donne in gabbia”. Sarà una ricerca sull’espressività del gesto e dello spazio, di grande impatto visivo, fra teatro dell’assurdo e crudo monologo della rabbia. Giovedì 12 maggio, per le vie di Brera, la Compagnia Scimmie Nude presenta le “Partiture futuriste”, performance/presentazione “agita” della visione futurista del teatro da parte della compagnia guidata da Gaddo Bagnoli. Dal 13 al 15 i napoletani TeatrInGestazione presenteranno lo spettacolo-indagine sulla felicità “MAMMA! SONTANTO FELICE”. Partendo da un testo del teatro surrealista di Vitrac Victor, “Ou Les Enfants Au Pouvoir”, lo spettacolo si chiederà quali sono le azioni che ci rendono felici e se lo siamo davvero mai stati, mettendo in scena l’infanzia come un mondo di promesse non mantenute, di sogni infranti, di inutili nevrosi.