Milano, venerdì 29 aprile 2011. Alcuni degli spettatori appena usciti dal Teatro della Contraddizione sono avvistati nelle metropolitane milanesi mentre superano i tornelli saltando; fermati dai controllori pare dichiarino: “Stavamo solamente superando l’ostacolo in modo fluido, sicuro ed efficiente”.
Così, infatti, li ha “educati” Alister O’Loughlin detto Buster, leader di The Urban Playground, il gruppo di Brighton invitato a Milano ad inaugurare la prima edizione di ExPolis con una perfomance di ‘parkour’. Dopo lo spettacolo, Buster e i suoi tre compagni svelano al pubblico i segreti di questa disciplina nata tra gli anni ’80 e ’90 nelle banlieue parigine da David Belle.
Il metodo consiste nel superare qualsiasi genere di ostacolo, all’interno di un percorso, adattando il proprio corpo all’ambiente circostante. Nasce come forma di allenamento nell’addestramento militare per poi subire, negli anni, diverse evoluzioni arrivando al ‘free running’ che, rispetto al ‘parkour’, ricerca maggiore spettacolarità nell’originalità dei movimenti.
Da qualche anno The Urban Playground ne fa un vero e proprio spettacolo teatrale, prima con le coreografie di “Quartet”, firmate dalla ‘traceuse’ (praticante del ‘parkour’) Miranda Henderson, e poi con “Inner City”, spettacolo inaugurale di ExPolis.
Presentato anche a Napoli, commissionato dal Napoli Teatro Festival Italia, lo spettacolo ha entusiasmato e stupito il pubblico milanese, che non ha esitato a partecipare al workshop tenuto dagli attori dopo la perfomance. Assistere alle evoluzioni muscolari e artistiche del gruppo, e successivamente a quelle meno rapide e precise degli spettatori principianti, mostra e dimostra il valore di questa tecnica, che si basa sulla relazione, sul contatto, sull’avvicinamento e, non solo per metafora, sul superamento dei limiti mentali attraverso quelli fisici. Lo spettacolo affascina come ogni forma di danza che, senza parole, racconta: qui è possibile ascoltare le storie quotidiane di chi ogni mattina si veste per uscire da casa e si mette in moto verso l’ufficio, una struttura che si allunga in verticale, per architettura e gerarchie, dove il movimento è stretto e costretto. “Ma non per forza”, suggeriscono i performer di ‘parkour’ che, tra salti e acrobazie, traslano il percorso in orizzontale; insomma, cambiano le abitudini e trovano la libertà.
Ma cosa è libertà di movimento in una città come Milano? Chiusa tra mura di circonvallazioni, tenuta insieme dalla ragnatela sotterranea di metropolitane e, in superficie, da un groviglio di rotaie percorse da tram, attraversate, e a volte ostacolate, da macchine in divieto. Rimane poca scelta di movimento, e di azioni e di creatività, tra percorsi obbligati e quotidianamente ripercorsi, di fretta, sempre, come in una competizione, ma senza vincitore. Non rimane che alzare gli occhi al cielo, in cerca di spazio libero.
“Cosa cerchi in alto?”, “Quando ti senti libera?”, mi viene chiesto ieri, 1° maggio, mentre ballo, corro, parlo e rido davanti a Palazzo Marino in compagnia degli attori di ExPolis: le domande fanno parte della loro prima ProvocAzione. Così il festival ha chiamato quella serie di happening e incursioni che sino a fine maggio animeranno Brera e altri luoghi pubblici della città, a cura delle compagnie BabyGang, Scimmie Nude, Teatro della Contraddizione e Teatro la Madrugada.
È interessante notare, rendersi conto, che “provocazione” altro non è che trovarsi sconosciuti in una piazza a rivolgersi la parola, lo sguardo, darsi la mano e bere un caffè. Ecco la prima ProvocAzione di ExPolis: sedici attori in piedi, uno accanto all’altro, danno le spalle a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, e guardano in faccia il Teatro alla Scala. Insieme a loro si concentra il cuore del capoluogo lombardo, fermato in una domenica di sole e di festa: milanesi e ospiti, passanti e turisti, amici e solitari, lavoratori e non.
In quel momento, guardati da quei sedici ragazzi, diventano tutti uguali. Allora, si può iniziare: gli attori muovono la testa, destra-sinistra-avanti, cercano gli sguardi, richiamano l’attenzione e chiamano con un fischio; parte una musica e inizia il movimento, solo passi, finché non si avvicinano al “pubblico”: chi seduto (come quello “vero”, al chiuso) che guarda immobile, e chi commenta passeggiando; chi chiede “cosa succede?” a quello che ascolta fiducioso, e chi ridacchia per nascondere l’imbarazzo di non capire, e si leva dal “palco” improvvisato.
Chi resta assiste all’evoluzione di un movimento che si fa sempre più veloce, in una performance che dura appena cinque minuti. L’azione degli attori quindi scorre breve, al contrario della provocazione, che resta.
E la provocazione continua la sera stessa, in un contesto completamente differente, al Teatro della Contraddizione, dove la compagnia La Madrugada porta in scena “Lorca Eran Tutti”: sottotitolo “Vita, sogni, maschere, morte di Federico Garcia Lorca”, genere: “agguato in forma di sogno”.
Roberta Secchi, con la guida registica e drammaturgica di Torgeir Wethal, interpreta il poeta, o meglio, il segno lasciato dal poeta attraverso la sua opera, non solo artistica, testimoniata dalle parole di chi ha condiviso con lui gli anni, pochi, della sua vita. Si chiamò poeta rivoluzionario, e lo fu nelle opere e nei gesti dei suoi giorni.
“Voglio attaccare violentemente chi parla solamente di rivendicazioni economiche e mai si interessa di rivendicazioni culturali, che invece sono quelle che la gente reclama a gran voce”.
ExPolis prende a prestito questa traccia lasciata dal poeta, per stimolare il confronto, per invitare il pubblico a partecipare, attraverso l’esempio di Lorca, all’omicidio della Cultura.
Morì per mano della Guerra Civile spagnola giovanissimo, impressionando la sua immagine con quella della sua fucilazione. Non prima, però, di aver firmato con inchiostro indelebile le pagine della storia culturale del suo Paese.
Grazie alla sua fama avrebbe potuto salvarsi dalla violenza del golpe, della dittatura, dalla morte della guerra; e invece ci fasciò la vita, impregnando i suoi versi di quel sentore di morte imminente, e alternandoli tuttavia a una figura ottimista, amante dell’arte, forte del potere dell’immaginazione, viva. Colorata secondo la messa in scena di Roberta Secchi: in “Lorca Eran Tutti” la vita del poeta spagnolo si presenta coperta di nero, e alla fine macchiata di rosso, ma è un continuo sbocciare di tinte, forti e piene, che rappresentano Lorca. Da una parte la faccia creativa e vitale, irrazionale e lontana dalla guerra, dalla violenza, che incupisce l’altra faccia; dall’altra parte, cupa e funebre, simbolo di Lorca e insieme presagio della sua fine.
L’attrice, sola sul palco, rappresenta in un monologo “trasformista” tutte le sfumature della vita, e della morte, del poeta; si serve solo di oggetti di scena, fortemente simbolici, in colori, forme e posizioni calcolati, ma con fantasia, nascosti sotto le sedie, dietro un mobile, sotto un poster. Li estrae, li usa, li sposta, e la scena si trasforma di continuo, componendo di volta in volta quadri visionari, ad alto impatto estetico, che richiamano l’edonismo di Lorca, il suo piacere per il bello. Da non confondere con il materialismo di un artista benestante, ma semmai, con la passione per la vita, da difendere anche con la forza dell’immaginazione, di un genio ed eroe.
ExPolis proseguirà questa settimana con gli spettacoli “Interview” di David Liner e Teatro del Singhiozzo in “Orfeo va all’inferno” (4 e 5 maggio); il 7 e 8 da Roma arriva OlivieriRavelli_Teatro con “Appunti per un teatro politico”. Parallelamente a Brera la masterclass di Albert Vidal (5, 6 e 7) e la nuova ProvocAzione di domenica prossima in giro per Milano.