In scena al teatro Elfo Puccini di Milano, lo spettacolo ci presenta una realtà isterica e meschina, pullulante solo di vittime
Sarà un caso, o forse sarà perchè stiamo vivendo momenti tanto difficili e dolorosi, ma il teatro dell’assurdo, che sembrava relegato nella metà del secolo scorso, sta riprendendo decisamente vigore nel riconsegnarci in modo bizzarro e anomalo la follia del quotidiano, il disinganno della speranza, la consapevolezza di vivere in un mondo dove gli altri, pur riconoscendo le necessarie debolezze e fragilità, invece di essere una risorsa, sono un problema.
Ecco quindi che ci siamo trovati davanti ad uno spettacolo che, pur in quest’ambito, ha un titolo emblematico nella sua chiarezza, “La fabbrica degli stronzi”, una creazione realizzata in sintonia dalla compagnia Kronoteatro con i Maniaci D’Amore, che ne hanno scritto anche la drammaturgia. Due compagnie che, nel nostro lungo cammino da appassionato spettatore, abbiamo avuto la fortuna di conoscere sin dagli esordi.
Kronoteatro è un gruppo nato alcuni anni fa dall’incontro fra Maurizio Sguotti e un manipolo di giovanissimi attori che si sono uniti dopo l’esperienza di un laboratorio, e che ha costruito fin dal principio spettacoli sul rapporto tra padri e figli, realizzando nel contempo, ad Albenga, Terreni Creativi, uno dei festival più interessanti del panorama estivo, che si svolge nelle serre della cittadina ligure.
La compagnia Maniaci d’Amore si è costituita invece dall’incontro tra Francesco d’Amore e Luciana Maniaci, e l’abbiamo conosciuta al Premio Scenario 2011 dove aveva presentato un già interessante studio, “Biografia della peste”. Ha poi continuato il suo percorso con altri spettacoli mai banali (“Il nostro amore schifo”, “Il desiderio segreto dei fossili”, “Siede la terra”), in territori dai contorni immaginari ma che fotografavano le varie identità del mondo reale.
Ma chi sono questi stronzi di cui parla il titolo dello spettacolo che abbiamo visto al Teatro dell’Elfo di Milano? Trattasi di tre fratelli, Tom, Fra e Lucy, che a primo acchito stronzi non sembrerebbero. Davanti al feretro della madre morta, come succede ad ogni funerale, si abbandonano infatti ai ricordi, sin da quando erano piccoli. Ma subito qualcosa non quadra, perchè la condivisione non è mai partecipata, anzi è sempre divisiva, anche riguardo i più minimi dettagli.
Finché d’improvviso la salma si ridesta, e anche la madre partecipa accanitamente alla discussione, dicendo la sua. E man mano che la discussione avanza, ci accorgiamo che non solo i ricordi non sono mai condivisi, perchè surrogati da un insopportabile amor proprio, ma anche che ognuno di loro imputa agli altri tre la causa della propria situazione fallimentare: sono stronzi perchè sono fieri di navigare in quella situazione di perenne incertezza del vivere, di cui sono solo loro i responsabili, e a cui basterebbe pure poco per renderla più accettabile.
C’è la mamma tradita e traditrice del marito Walter, che ad un certo punto entra in scena anche se solo evocato (e che un poco stronzo lo è stato anche lui); c’è Lucy, sempre in cerca di un lavoro che non troverà mai; Tom, sconsolatamente solo e incerto nel suo vagabondare su cosa veramente vuole; e Fra l’ipocondriaco, sempre alla ricerca di un compagno che mai gli va bene. Insomma, sono desolatamente perdenti per la loro stronzaggine, che imputano ovviamente a fattori esterni. Sono “vittime”.
Alla fine toccherà alla madre segare una bara troppo piccola per il suo corpo, che i tre sciagurati figli le hanno preparato, metafora evidente di come poco la conoscono.
Un siffatto cannovaccio, che trae spunto da alcune letture fondamentali come “Critica della vittima” di Daniele Giglioli e “La società senza dolore” di Byung-chul Han, si regge per intero su una scrittura calibratissima e dai toni grotteschi, giocata fra il detto e il non detto, dai riverberi amarissimi. Nella essenziale scenografia di Francesca Marsella, d’Amore, Maniaci e Tommaso Bianco reggono i ruoli con salace immedesimazione davanti al letto in cui Maurizio Sguotti si presta, suo malgrado, ad essere perfetta madre, fantasma presente di un mondo sempre più in disfacimento.
LA FABBRICA DEGLI STRONZI
drammaturgia Maniaci d’Amore
con Tommaso Bianco, Francesco d’Amore, Luciana Maniaci e Maurizio Sguotti
regia Kronoteatro e Maniaci d’Amore
scene e costumi Francesca Marsella
disegno luci e responsabile tecnico Alex Nesti
produzione Kronoteatro
coproduzione Teatro Nazionale di Genova
con il sostegno di Residenze PimOff Milano
Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 27 marzo 2022