Ti capita una tragedia, riscrivi la tragedia. Errore. Riprova. Caricamento del sistema operativo. Attendere.
E’ successo a Mark Ravenhill nel 2007, quando dopo un attacco epilettico entra in coma e perde la memoria. Caricamento del sistema operativo. Attendere.
Al risveglio non ricorda di aver sottoscritto con l’Edinburgh International Festival un accordo per scrivere una pièce al giorno per ognuno dei 16 giorni del festival, e così decide di assolvere il suo compito tornando sui classici del tragico, per riscriverli. Nasce così “Spara, trova il tesoro e ripeti”, 17 pezzi ispirati a classici della letteratura, del cinema o della musica fra i quali: “Le troiane”, “Il paradiso perduto”, “Il crepuscolo degli dei”, “Orgoglio e pregiudizio”, “La guerra dei mondi”.
Due anni dopo l’Accademia degli Artefatti propone in Italia questo importante lavoro con una tournée che ha girato tutte le maggiori piazze italiane.
L’Accademia degli Artefatti dal 1991 lavora contaminando arte figurativa, performance e installazioni, sviluppando una modalità originale che nasce dentro e per il teatro, in particolare sulla ricerca che trova alimento nella nuova drammaturgia. Non a caso da subito (e fino al 1995) affrontano Beckett e Martin Crimp, anche lì con uno spettacolo composto da 17 spettacoli “Attempts on her life”.
Gli Artefatti paiono afflitti, se ci si passa la battuta, da una sorta di viziosa indagine partenogenetica del reale, di ricerca dell’uno nel riverbero prismatico.
Il tuffo nella “Trilogia sul niente” avviato due anni fa si comporrà di tre lavori: questo testo in più stanze di Mark Ravenhill, cui seguiranno altri due spettacoli “One day” e “San Diego”.
In “Shoot – Find Treasure – Repeat” il titolo provocatorio fa rimbombare nella testa dello spettatore l’eco della realtà virtuale. Un richiamo sia alla finzione teatrale, sia alla ancor più finta realtà in cui siamo, la cui unica verità, forse, è l’epos tragico che nei millenni ha accompagnato la vicenda umana.
In questo poliedro di Ravenhill ogni faccia è autonoma, ma in ognuna c’è un frammento di quella guerra contro il terrore in atto da parte delle ‘potenze occidentali’ che, per gran parte, altro non è se non un mediatico Doom: un videogame di violenza in cui siamo catapultati da mattina a sera dal bombardamento mediatico operato da qualche lobby planetaria, interessata ad indirizzare le vicende proprio come in un videogame. Caricamento del sistema operativo. Attendere.
Epos contemporaneo e tragico trovano quindi un’intersezione che, dal titolo del classico, spesso ricava solo un pretesto, come nel caso di “Delitto e castigo”, (Mark Ravenhill/2007 – Fedor Dostoevskij/1866) i cui protagonisti, nella riscrittura del drammaturgo inglese, sono un soldato e una giovane intellettuale in un interrogatorio di guerra. Il pubblico è al di qua del vetro. Assiste spettatore. Può guardare, perfino specchiarsi, ma non intervenire in una vicenda che, come tutte le vicende umane, finisce per sbavarsi nell’incomprensibile.
Ecco l’impressione di queste drammaturgie giustapposte, tradotte in italiano da Pieraldo Girotto e Luca Scarlini e affidate all’interpretazione di Miriam Abutori, Matteo Angius, Gabriele Benedetti, Fabrizio Croci e lo stesso Girotto, e dirette da Fabrizio Arcuri: indagare l’istante in cui ciò che in apparenza è chiaro impatta nel liquido solvente per diventare altro.
Ne parliamo con Fabrizio Arcuri, fra le mura del Teatro i a Milano, quest’anno con una programmazione di primissimo livello fra avanguardia, nuova drammaturgia e indagine sul reale.
in effetti non molta…
Basta con questi progetti!!! tutti interessanti, belli, intelligenti sulla carta, Arcuri li promuove bene, ma sono di una noia mortale, oltre che tutti uguali: Che differenza c’è fra un crimp e un ravenhill nelle messe in scena degli artefatti?