Facciamo luce sul teatro: fiaccolata per l’arte dopo un anno di Covid

Photo: Teatro Menotti
Photo: Teatro Menotti

Una fiaccolata che unirà idealmente i teatri di tutt’Italia. Una costellazione di luci, pensieri, versi, note musicali, per ricordare la crisi dello spettacolo dal vivo. È questo il senso dell’iniziativa “Facciamo luce sul teatro” promossa dall’associazione U.N.I.T.A. (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo) che stasera invita ad aprire e a illuminare i teatri tra le 19.30 e le 21.30.

Un anno fa il Dpcm del 23 febbraio 2020 inaugurava l’epoca Covid imponendo due settimane di «misure urgenti di contenimento del contagio in Lombardia e Veneto». Era il primo di una lunga serie di decreti del presidente Giuseppe Conte. L’articolo 1 stabiliva «la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico».
Tanti operatori del settore ritennero quella misura sproporzionata e iniqua. Molti la vissero come un’ingiuria, un danno culturale, economico e morale: spettacoli sospesi, matinée scolastiche cancellate, eventi depennati o rinviati a data da destinarsi. Soldi e mesi di lavoro buttati, e la fatica di ridefinirsi.
A molti sembrò una congiura: chi gridò al disastro finanziario, chi denunciò l’attacco alla libertà d’espressione e al pensiero. E c’era, di fondo, la consapevolezza del ruolo subalterno che la politica italiana riserva alla cultura.

«Curioso come a questo mondo vi sia poca gente che si rassegni a perdite piccole; sono le grandi che inducono immediatamente alla grande rassegnazione» scriveva Italo Svevo nella “Coscienza di Zeno”.
A quel famigerato Dpcm, ne sono seguiti altri 22. Per un anno il teatro ha pagato un prezzo altissimo alla pandemia e a scelte politiche che, non riuscendo a fronteggiare l’emergenza, hanno acuito e prolungato l’agonia di un settore strutturalmente fragile. Eppure, per cortocircuiti difficili da capire, il mondo del teatro ha vissuto per lo più con dolore la caduta del Governo Conte.

Sta di fatto che il teatro versa ora in una crisi paurosa. L’Agis attesta che nel 2020 gli eventi sono crollati del 69,3%, gli ingressi del 70,71%, la spesa del pubblico del 78,45%. Perdite ancora maggiori riguardano il settore dei concerti, con una riduzione dell’83,19% degli ingressi e un crollo dell’89,32% della spesa al botteghino. Più contenuti i danni nell’ambito delle attrazioni dello spettacolo viaggiante, con una riduzione del 58,75% per gli ingressi e del 60,74% per la spesa al botteghino. Si stima che un lavoratore su tre lascerà il settore per sempre.
Eppure a metà giugno la situazione pareva volgere al meglio. Le sale avevano riaperto, sebbene con ingressi contingentati. Molti eventi si erano svolti all’aperto senza particolari rischi. Ma il rispetto rigoroso dei protocolli non è servito. La decisione di Conte di richiudere il 25 ottobre è stata mortificante, se è vero che, dati Agis alla mano, dal 15 giugno a inizio ottobre su 347.262 spettatori in 2.782 spettacoli tra prosa, danza lirica, e concerti, si era registrato un solo caso di Covid. Il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini era giunto in soccorso di Conte, spiegando che il pericolo nasceva sui mezzi pubblici necessari per raggiungere i teatri. Intanto lo stesso Conte si lasciava persuadere dalla ministra Azzolina a tenere aperte le scuole, a fronte di oltre 100mila contagi avvenuti tra alunni, docenti e personale Ata tra il 15 settembre e la fine di novembre, con 850mila persone in quarantena. Lo attesta la rivista Wired, assumendosi la responsabilità di divulgare i dati ottenuti dallo stesso Ministero dell’Istruzione.

Ecco, allora, una volta di più, l’importanza d’iniziative che diano speranza al teatro e ne ribadiscano la necessità. I teatri italiani si illuminano. A sipari chiusi da quattro mesi, per una sera tornano ad accendersi in segno di solidarietà per migliaia di artisti, tecnici e maestranze che non vedono prospettive.
“Facciamo luce sul teatro” coinvolge sale pubbliche e private, piccole e grandi. Il pubblico è invitato a lasciare messaggi, pensieri, testimonianze. Una dimostrazione d’affetto da affidare anche alle pagine social dei teatri. Solo a Milano aderiranno, tra gli altri, il Piccolo, il Carcano, il Parenti, l’Elfo Puccini, Teatro i, il Menotti Perego, il Filodrammatici, Lab 121, Campo Teatrale ed MTM.

Chiudere, del resto, non significa spegnere, come spiega Emilio Russo, direttore artistico del Teatro Menotti: «Stasera accenderemo le luci dalle 19.30 alle 20.30 e organizzeremo, in sicurezza e nel rispetto delle norme, un presidio artistico all’ingresso del teatro. Una camminata, un passaggio in via Menotti 11 dove attori ed operatori dello spettacolo leggeranno alcune delle centinaia di testimonianze che abbiamo raccolto con il “contest” Voci Sospese, dedicato proprio alla mancanza del teatro dopo un anno di chiusura».
Il Menotti ha lanciato infatti sui social anche una raccolta di testimonianze del pubblico per una narrazione collettiva di “un anno senza teatro”. Raccolte entro il 15 marzo, le voci saranno la colonna sonora e visiva per la riapertura del teatro, che solo un anno e mezzo fa pareva destinato a far posto a un parcheggio per le automobili. Quelle voci saranno divulgate, ma dovranno raggiungere anche le istituzioni. A tal proposito, il nostro pensiero va al nuovo Presidente del Consiglio Mario Draghi. Che lo scorso 17 febbraio, in Senato, ha affermato: «Le restrizioni per la pandemia hanno messo a dura prova musei, cinema, teatri, tutto lo spettacolo dal vivo e l’arte in generale […] il rischio è di perdere un patrimonio che definisce la nostra identità. Una perdita economica ingente, ma ancor più grande sarebbe la perdita dello spirito. Molto è stato fatto per ristori adeguati: serve fare ancora di più, rafforzare le tutele dei lavoratori. Le risorse del Next Generation Ue vanno utilizzate per il capitale umano e le nuove tecnologie».
«Il ritorno nel più breve tempo possibile alla normalità – ha concluso il neopresidente – deve riguardare anche la cultura in tutte le sue forme, perché imprescindibile per la crescita e il benessere del Paese».
Una soluzione di continuità rispetto a Conte. Che lo scorso 13 maggio invitava a non dimenticare «i nostri artisti che ci fanno tanto divertire e ci fanno tanto appassionare».
Attendiamo Draghi al varco.

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