Nella piccola sala dallo stile neoclassico della residenza del Ministro Consigliere dell’Ambasciata di Francia a Roma, sotto lo sguardo sornione del dio Bacco, si apre la conferenza stampa della quinta edizione di Face-à-Face. Parole di Francia per Scene d’Italia. Un evento unico per dimensione e importanza della cultura, non solo teatrale, italiana e francese, con l’intento forte di “creare sinergie tra i due Paesi”, parenti tanto vicini ma a volte troppo lontani.
“L’obiettivo che ci proponiamo è quello di rinsaldare i legami tra Francia e Italia attraverso la cultura – esordisce Jean-Marc De La Sablière, ambasciatore francese in Italia – Perché la nostra vita è soprattutto cultura, e bisogna far comprendere a tutti che non possiamo dimenticare, anche nei momenti particolarmente difficili e penosi, che facciamo parte di una società e di una cultura, che non può essere trascurata”. Un impegno coraggioso proprio perché è stata votata l’arte teatrale come rappresentante di questa cultura. E una scelta controcorrente, in un Paese come il nostro in cui è proprio lo spettacolo dal vivo a ricevere minori attenzioni, non solo finanziarie, costringendo soprattutto il teatro a lottare per la propria esistenza.
Massimo Monaci, direttore del Teatro Eliseo, ricorda la crescita di Face-à-Face in questi anni, dalla prima edizione con sole due città coinvolte, Roma e in parte Milano, alla scossa nazionale del 2011, che vede in soli cinque anni un’espansione a macchia d’olio, con il coinvolgimento di 13 città italiane (Roma, Torino, Milano, Bologna, Napoli, Firenze, Bari, Palermo, Noto, e le new entry di questa edizione: Forlì, Catania, Lecce e Cosenza), oltre alla collaborazione di 25 fra teatri e festival nazionali. “Non si può non sottolineare questa controtendenza” afferma, proprio nel momento storico in cui l’interesse del pubblico rivolto al teatro è in crescita. E “proprio in questo momento il Fus ha un taglio del 40% per il 2011, ma noi rilanciamo. E’ un anno di combattimento per offrire al pubblico prodotti di qualità e rilanciare”. Una battaglia aperta, quella di Face-à-Face, per il teatro e i legami internazionali, e rafforzata proprio dal grande assente, l’Eti, l’ente italiano di maggiore importanza nonché uno tra i promotori e organizzatori della prima edizione della manifestazione.
A sottolinearne l’assenza è Geppy Gleijeses, direttore del Teatro Quirino: “Questo è il primo anno che si fa la conferenza stampa senza l’Eti. E’ un momento buio, ed è necessaria la forza di andare avanti, anche se a volte ci si chiede se non sia necessario il coraggio di fermarsi, bloccare tutto, e vedere, dopo un mese di completa astinenza (senza teatro, senza cinema), vivendo solo di televisione, con questa astinenza dalla cultura quali potrebbero essere gli effetti”. E parafrasando Oscar Wilde afferma: “Si può fare a meno di tutto, ma non del superfluo”.
La cultura come nuova sfida di cui il mondo teatrale si fa portavoce, insomma, pioniere di nuove sinergie vitali e con un compito progettuale rivolto al futuro, proprio nel momento in cui il futuro si fa nebbioso. “Non è un taglio, ma una dichiarazione di morte – conclude Gleijeses – E’ Fahrenheit, il rogo di libri e cultura”.
Face-à-Face assume in questo contesto un ruolo ulteriormente difficile, diffondendo la drammaturgia d’oltralpe per creare una rete di collaborazioni, raccogliere diverse e nuove energie portando sui palcoscenici di tutta Italia autori e artisti da noi ancora poco conosciuti.
Il programma di questa edizione, al via il 27 gennaio per proseguire fino al 23 giugno, è molto vasto, spaziando dal teatro ragazzi alla drammaturgia al femminile socialmente impegnata. Sandrine Mini, addetta culturale della rassegna, concentra proprio nell’attenzione al pubblico dei bambini il significato educativo del teatro stesso: “Bisogna offrire ai bambini, fin da piccoli, la possibilità di avvicinarsi alla parola teatrale con testi in italiano come il “Pinocchio” di Joël Pommerat, che ha aperto in anteprima la rassegna il 29 dicembre 2010 al Piccolo Eliseo Patroni Griffi di Roma, ma anche in lingua francese come “Le petit chaperon rouge” dello stesso Pommerat, per abituare i piccoli spettatori alle diverse lingue, avviando da subito un dialogo vivo tra i due Paesi”. Un allenamento non solo alla cultura, all’arte, al teatro fin da piccoli, ma un esercizio per la mente: assimilare parole, linguaggi, visioni, per crescere adulti pensanti, critici, sensibili a ciò che ci circonda.
Il teatro come specchio della contemporaneità, trainato dalla parola e dai suoi significati. E’ questo l’ultimo (ma non meno importante) aspetto su cui puntano gli organizzatori di Face-à-Face. La rassegna pone particolare attenzione alla contemporaneità veicolata dalla parola, una parola francese tradotta in italiano per essere fruibile ad un pubblico vasto e soprattutto eterogeneo. Due nomi e presenze fra tutti: Wajdi Mouawad con il già acclamato “Incendi” (ad aprire la rassegna, giovedì a Milano, per la regia di Renzo Martinelli) e la drammaturga Leslie Kaplan con “Luisa è pazza”, spettacolo che indaga la sottile linea tra follia e ragione attraverso le parole della femminilità. Entrambi gli spettacoli verranno anche trasmessi radiofonicamente da Radio3Rai, media partner della manifestazione, insieme a “Due vecchiette dirette a Nord” di Pierre Notte, “I discendenti” di Nathalie Fillion, “Un uomo in fallimento” di David Lescot, “Il colonnello degli Zuavi” di Olivier Cadiot, e infine uno spettacolo prodotto dalla stessa Radio3, “Le serpi” di Marfie NDiaye.
Un’attenzione alla parola che “modifica in qualche modo il rapporto con il reale” interviene Gioia Costa, del comitato artistico di Face-à-Face, snocciolandone i numeri: 45 opere drammaturgiche tradotte, 16 traduttori coinvolti, 23 testi pubblicati, 40 letture, 25 teatri coinvolti. Per una parola che si distacca dalla sua realtà scenica, vivente, e esiste indipendentemente, immortale, “definitiva al di là della rappresentazione”, assumendo il compito della trasmissione della conoscenza, dell’esperienza, anche laddove il teatro non può arrivare.
La Costa chiude la presentazione affermando che “il pubblico francese ascolta, il pubblico italiano guarda”. C’est-à-dire, la Parola sta alla Francia come l’Immagine sta all’Italia. Il risultato non può che essere il teatro, unico e solo, senza confini.
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