L’eredità della famiglia Sartori: maschere e sculture patrimonio di un secolo d’arte

Atellana (photo: sartorimaskmuseum.it)
Atellana (photo: sartorimaskmuseum.it)

Incontriamo Sarah Sartori al Museo internazionale della Maschera di Abano Terme, dove gestisce insieme alla mamma Paola Piizzi un’eredità che travalica la storia di famiglia

Quando in teatro si parla di maschera è inevitabile parlare di Sartori.
Ma qual è la storia di questa famiglia, e perché è un cognome così legato alla maschera?

Siamo andati ad Abano Terme dove ha sede, in una villa veneta messa a disposizione dal Comune, il Museo Internazionale della Maschera Amleto e Donato Sartori e ci siamo trovati proiettati in un altro mondo.

Lì ci aspetta Sarah Sartori, figlia di Donato e nipote di Amleto. Una giovane donna che ha sulle sue spalle l’importante eredità di mandare avanti un’arte che è innanzitutto un modo di vedere il teatro.
Dopo che il testimone del nonno è passato al padre, oggi è lei, insieme alla mamma Paola Piizzi (architetto e cofondatrice del museo, nel 1979, insieme a Donato e allo scenografo Paolo Trombetta) a gestire una struttura estremamente variegata e complessa.

Il Museo Sartori non è solo un’imponente collezione di maschere (basti pensare che nelle sale è esposto circa il 10% del patrimonio prodotto e acquistato dalla famiglia in ogni parte del mondo) ma anche un centro culturale che promuove una ricerca costante.
Da oltre trent’anni, d’estate, i Sartori organizzano un rinomato corso professionale teorico e pratico sulla storia, la morfologia e la tecnica della maschera teatrale in cuoio, secondo le metodologie e le tecniche inventate da loro stessi dal 1947 ad oggi.
Amleto Sartori, capostipite, dedica infatti la sua vita alla ricerca dell’origine della maschera dell’arte italiana che riesce a riportare in auge. Sue sono le maschere degli spettacoli di Strehler, De Bosio, Lecoq.
Alla sua morte il figlio Donato, scultore, prosegue l’attività paterna e la collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano. Realizza maschere per il “Galileo” di Brecht, lavora con Dario Fo, Peter Oskarson, Moni Ovadia. Continua parallelamente anche la collaborazione con registi e attori francesi e dà l’avvio ad un rapporto nuovo con il teatro d’avanguardia americano ed europeo attraverso produzioni non solamente teatrali ma pluridisciplinari e multimediali.

Oggi il testimone è raccolto con orgoglio dalle donne di casa, e anche le maschere si sono adattate a questa novità. La chiacchierata che Sarah Sartori ci ha concesso non è una semplice intervista, ma una vera e propria visita guidata attraverso settant’anni di storia della sua famiglia e, in parallelo, del teatro italiano e internazionale.

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