La Favola glamour di Filippo Timi

La locandina di Favola
La locandina di Favola
La locandina di Favola

Un salotto americano anni ’50, piccolo borghese ma molto patinato: tappezzeria rigorosamente rosa salmone, design ricercato per gli arredi, albero di Natale luccicante sullo sfondo, telefono bianco e carrellino porta bevande (alcolici, ça va sans dire).
E’in questa ambientazione da ‘american dream’ che vedremo volteggiare, piroettare e cinguettare – nei panni di Mrs. Fairytale (nel nome delle persone è la loro storia) – una delle eccellenze del teatro e del cinema nostrani.

Si tratta del perugino Filippo Timi, artista poliedrico (attore, regista e scrittore) e pluripremiato, che di questo spettacolo, dal titolo “Favola”, è interprete ‘en travesti’, drammaturgo e regista (a dirla tutta ha anche disegnato la scenografia).

Parlare di uno qualsiasi di questi aspetti, dall’interpretazione, al testo, alla regia, significa comunque riflettere l’immagine imponente dell’artista, in uno spettacolo che è cucito su di lui (nonostante la presenza dei bravissimi Lucia Mascino e Luca Pignagnoli), come un guanto glamour e paillettato (si pensi a quelli che indossa realmente sul finale), che lo riflette costantemente come uno specchio, sia nei momenti più brillanti, intelligenti e ricercati, sia nelle lungaggini, nelle cadute di tono, nelle slabbrature.

Nel mettere in piedi la vicenda, sul piano testuale come su quello registico, Timi sembra divertirsi a giocare con il “genere” e con i suoi usi, contaminando la commedia borghese al punto di trasformarla in un b-movie, dove la farsa si intreccia al melodramma, al giallo e alla soap opera, sebbene poi il taglio cinematografico rimanga predominante, scandendo il ritmo dell’azione e fornendo lo spunto per un pletora di citazioni filmiche, in particolare nelle scelte dei costumi e della colonna sonora (imperdibile Timi che sfoggia il vaporoso abito bianco e nero di Grace Kelly in “La finestra sul cortile”).

La storia dell’“amore senza nome” fra  le inseparabili amiche Mrs. Fairytale e Mrs. Emerald, mogli perfette e puntualmente tradite e maltrattate dai mariti, nasce allorquando la prima (che peraltro è incinta) si vede spuntare all’improvviso un grosso membro virile. Ne seguirà l’omicidio di Stan, il marito violento di Mrs. Fairytale, e il tentativo di fuga delle due donne, stroncato, a mo’ di deus ex machina, dall’arrivo degli Ufo, che le rapiscono e le conducono sulle stelle.
Ma si sa, una signora deve essere perfetta in ogni occasione e, soprattutto, deve saper “parlare” in tutte le circostanze, utilizzando il linguaggio come un coltellino, tanto sottile quanto affilato per difendersi – con garbo, per carità – dalle insidie di un mondo maschilista e crudele, in cui “ogni uomo è una trappola” (in cui tuttavia è molto piacevole divertirsi a cadere, talvolta), e l’omicidio è nell’animo di tutti.

E’ così che prende forma e trova la sua ragion d’essere l’aspetto più brillante e geniale dello spettacolo, sotto lo sfavillio degli abiti Miu Miu, e al di là dell’effetto ipnotico esercitato da citazioni sonore come quella tratta da “Vertigo” di Hitchcock: si tratta cioè del linguaggio, gorgo di doppi sensi, luogo della sfida vera tra i personaggi, che si amano, si scherniscono, si trastullano e si svelano attraverso il gioco di parole mai volgari, sostenute dal magistero divertito di attori d’eccezione.

Quello che forse poco si perdona in questo lavoro è una certa tendenza all’eccesso, che viene fuori a tratti nell’interpretazione del protagonista (mai, bisogna sottolinearlo, nel caso di Lucia Mascino, netta, intensa e rigorosa). Timi rischia talvolta di compiacersi troppo di se stesso, provocando il rallentamento di un’azione scenica che soffre anch’essa di lungaggini e ripetizioni.
Nell’ambito di una sintassi drammaturgica che procede in maniera paratattica (una scena sull’altra, quasi fossero le diverse sequenze di un film, o magari di una soap opera, vista l’immutabilità dell’ambientazione), le vicende dei protagonisti si affastellano l’una sull’altra con un gusto del ‘pastiche’ che, se da un lato si contraddistingue per una sensibilità smaccatamente postmoderna, dall’altro sembra quasi procedere leggermente fuori controllo, con effetti di vertigine.
Per dirla con Rossini, “il nodo da sgroppare” del finale, che viene sciolto con l’intervento extraterrestre, è il prodotto più vistoso di un gioco dell’assurdo portato alle estreme conseguenze, con il risultato di indebolire la struttura complessiva dello spettacolo che, stando così le cose, non può mettersi alcuna gratuità nello stare in scena degli attori.
Come dire, favola sì, e anche con effetti speciali. Ma occhio a non finire, davvero, nello spazio.

FAVOLA
di e con Filippo Timi
con: Lucia Mascino e Luca Pignagnoli
durata: 2h 20′ con intervallo
applausi del pubblico: 2’ 58’’

Visto a Bologna, Teatro delle Celebrazioni, il 7 dicembre 2011

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