Un nuovo matrimonio, fra le tante recenti novità del panorama teatrale torinese, è quello che ha unito la neo coppia Festival delle Colline Torinesi -Torino Creazione Contemporanea con Teatro Piemonte Europa (lo avevamo già annunciato qui, parlandone con Isabella Lagattolla). Una unione di intenti festeggiata ufficialmente in occasione della conferenza stampa, alla Fondazione Merz, per presentare la 23^ edizione delle Colline.
Ecco allora che, dopo l’apertura con i saluti della padrona di casa Beatrice Merz, al tavolo della conferenza Sergio Ariotti (co-direttore delle Colline con Isabella Lagattolla) è accompagnato dal nuovo direttore della Fondazione TPE Valter Malosti e dalla presidentessa Maddalena Bumma.
Un connubio importante per la città di Torino, che nasce dal desiderio di costruire, o forse ri-costruire, un polo del contemporaneo attraverso un processo che sappia unire in modo armonico, e proattivo, tradizione e ricerca. Ma che sappia guardare anche alla scena internazionale, quindi in grado di dialogare, e far dialogare, diversi linguaggi. Infine, ancora, il tentativo di esplorare l’humus del territorio alla ricerca di quella creatività “giovane” un po’ troppo sommersa.
Di questa unione parlano anche le due assessore, Francesca Leon e Antonella Parigi, a ribadire entrambe, ognuna a suo modo, le opportunità che questa nuova “rete” torinese può mettere sul tavolo della cultura cittadina. Una sinergia che può creare possibilità di crescita, stimolo e confronto anche per entrambi gli staff.
Attorno ai due “neo-sposi” una fitta rete di collaborazioni: dal Teatro Stabile alla Casa Teatro Ragazzi, da Piemonte dal Vivo al Museo del Cinema.
La 23^ edizione, che si terrà dall’1 al 22 giugno, avrà come tema il viaggio, nelle sue declinazioni più diverse. Sicuramente si parlerà del viaggio dei migranti che, sospinti dalle onde del Mediterraneo, cercano di approdare in Europa: onde che guidano ma sanno anche inghiottire.
E il viaggio è davvero, oggi, un pensiero “universale” che ci accompagna quotidianamente: il viaggio verso un porto sicuro, il cammino alla scoperta della nostra identità, del nostro posto nel mondo…
Con un pensiero anche per la “nouvelle vague” (la nuova onda), a ribadire la propensione di questa nuova edizione verso la ricerca e la sperimentazione, lo spazio lasciato ai “giovani”.
In programma 23 spettacoli, che il festival proporrà alternando i teatri a spazi meno convenzionali della città.
In ordine sparso, partiamo dai giovani: Davide Carnevali con “Ritratto di donna araba che guarda il mare” affronterà i rapporti tra differenti culture, mentre Liv Ferracchiati con la sua The Baby Walk porta a Torino la “Trilogia sull’identità”, focus: l’identità di genere e il rapporto tra generazioni.
Da poco passati per Torino, Vico Quarto Mazzini ci tornano con il debutto di “Vieni su Marte”, ispirato alle “Cronache Marziane” di Bradbury. Ancora debutti giovani quelli della Piccola Compagnia Dammacco con “La buona educazione”, terzo passo della “Trilogia sulla fine del mondo”. Così come la produzione del Teatro Stabile di Torino che vedrà in scena i giovani diplomati della scuola in “Roberto Zucco”, da Bernard-Marie Koltès, per la regia di Licia Lanera.
BluCinque presenta “Bird / Osservatorio”, per la coreografia di Caterina Mochi Sismondi: in anteprima una ricerca della libertà attraverso i movimenti di un danzatore- acrobata.
Al femminile le voci di Milena Costanzo con “Oh no Simone Weil”, in prima nazionale, dove l’attrice affronta la filosofa e scrittrice francese dopo il percorso su Emily Dickinson e Anne Sexton. Così come la proposta di Cuocolo/Bosetti in “Dickinson walk”, tappa realizzata in collaborazione con un altro festival di quei giorni, Play With Food: un viaggio attraverso le parole della poetessa americana, anche questa volta una vera passeggiata radioguidata con partenza dalla centrale piazza Vittorio; mentre Chiara Lagani ne “I libri di Oz” farà viaggiare il pubblico insieme a Dorothy trasportati dal suo celebre tornado.
Da Cesare Pavese i “Dialoghi con Leucò” vedranno la regia di Silvia Costa per una lettura scenica, un primo studio sul destino degli uomini attraverso la rilettura dei miti. E quasi ‘mitologica’ è anche la figura di Giulio Cesare, che sarà omaggiata da Romeo Castellucci alla Fondazione Mertz in “Giulio Cesare. Pezzi staccati”, una evocazione dello spettacolo del ’97 attraverso frammenti: tre monologhi, due dei quali estrapolati dal primo atto del “Giulio Cesare”, riportano alla memoria un lavoro che ha saputo segnare profondamente la scena contemporanea.
Sguardi al maschile, accanto a Castellucci, saranno poi quelli di Simone Carella in “Artemy”, testo selezionato dal Premio Colline di Torino che narra di un viaggio in treno come metafora della vita. Jacopo Squizzato presenterà “Nikola Tesla – a portrait”, sulla sfortunata esistenza dello scienziato serbo, mentre i torinesi Il Mulino di Amleto debuttano con “Platonov / commedia senza padri”, da Cechov.
Lo sguardo internazionale sarà garantito da quattro spettacoli in particolare. Dalla Grecia il Blitz Theatre Group arriva con “Late night”, in cui si danza l’ultima notte dell’Europa, devastata dalla guerre.
Dall’Iran “Summerless”, per la prima volta in Italia, firmato da Amir Reza Koohestani, indagherà invece sul rapporto tra le nuove generazioni aprendo alla comprensione sull’attuale società iraniana; mentre lo svizzero Milo Rau presenterà “Empire”, performance in cui il doloroso racconto della migrazione è affidato alla telecamera davanti a cui si alternano migranti ed attori. Infine “Birdie” della compagnia catalana Agrupación Señor Serrano, che non dà spazio a banalità e luoghi comuni nell’affrontare sulla scena il viaggio dei disperati del mondo.
E ancora, fra i nomi di punta del teatro italiano, in prima nazionale “Causa di beatificazione”: per il testo di Massimo Sgorbani, Michele Di Mauro dirige la giovane Matilde Vigna in tre storie al femminile tra violenza, emarginazione e desiderio di maternità. Dalla Compagnia Stabile / Mobile di Antonio Latella “Aiace”, riscrittura della tragedia di Sofocle per la regia di Linda Dalisi.
E arriva finalmente anche a Torino il tanto acclamato “Macbettu” di Alessandro Serra e Sardegna Teatro (Ubu 2017 come miglior spettacolo), in cui l’opera shakespeariana è trasposta in una Sardegna arcaica.
Davvero un programma in cui chiunque può scoprire un suo spazio, una propria identità, un personale sentire. Teatro, danza, performance: linguaggi diversi che troveranno tutti il loro posto nell’onda, nel fluctus. Sappiatene approfittare!