Non poteva che inaugurarsi con lo spettacolo che identifica uno dei suoi progetti qualificanti, il PIP – Progetto Incanti Produce, la 24^ edizione di Incanti, storico festival di teatro di figura che proseguirà a Torino fino al 9 ottobre.
La nuovissima creazione del PIP è prodotta a seguito di un percorso laboratoriale affidato ad un “maestro” che la costruisce a Torino, insieme ad allievi selezionati, e giunti in questa edizione da Italia, Egitto, Polonia e Romania.
I direttori artistici del festival, Alberto Jona e Jenaro Melendrez Chaz, hanno affidato quest’anno il progetto alla regista Anna Ivanova-Brashinskaya, celebrata artista di origini russe, trapiantata in Finlandia, che ha realizzato insieme agli allievi Andrei Balan, Aga Blaszczak, Sara Celeghin, Lorenzo Galli, Ahmed Hany e Francesca Quatraro, “The ratcatcher”, una curiosa rivisitazione del “Pifferaio di Hamelin”, la leggenda sassone messa in poesia da Goethe, e oggetto di trascrizione dai fratelli Grimm, che narra di un musicante che, attraverso il suono del suo piffero, riesce ad allontanare dalla città i topi che l’avevano impestata.
In un mondo semplicissimo, costruito con carta e cartone, i giovani animatori, sotto la direzione della maestra russa, reinventano la celebre fiaba attraverso una performance senza parole, con il suggestivo accompagnamento musicale creato da Lorenzo Galli e la lavagna luminosa agita da Aga Blaszczak. I topi, che pian piano invadono tutta la scena, sono rappresentati da piccoli tondini di ferro musicali, a volte attaccati a bacchette, altre lasciati liberi di infiltrarsi in ogni dove.
Una voce illustra le grandi qualità nascoste che questo piccolo animale, spesso demonizzato, in realtà possiede, rispetto a quelle misere dell’uomo. Da sfondo la metafora dei migranti, risolta scenicamente senza retorica ma con grazia e leggerezza. Alla fine i topi si trasformeranno infatti in minuscole sagome umane di carta che partiranno, gremendo piccole barche che mestamente si allontanano da una città che è stata capace solo di costruire muri, senza capirne le valenze positive.
Vi è, nella concezione dell’impianto scenico, qualche lungaggine e ripetizione di troppo, ma l’intento di avviare i giovani animatori, in pochi giorni, ai variegati linguaggi del teatro di figura ci pare ampiamente raggiunto.
La serata inaugurale ha visto poi all’opera anche i padroni di casa di Controluce, che hanno presentato “Butterfly Blues”, vera e propria fantasmagoria scenica, dove tutti i linguaggi del teatro – gesti, musica, parole, danza e ombre – si coniugano tra loro per comporre un sentito omaggio a Giacomo Puccini, all’insegna della tematica che attraverserà tutta la manifestazione: “Figurati la musica!”.
A Bruxelles, nel suo letto di morte, dove è ricoverato per un tumore alla gola, in un dormiveglia che mischia sogno e realtà, si palesano a Puccini, attraverso la figura di una infermiera, tutte le suggestioni di una delle sue opere più famose “Madama Butterfly”, che si collegano alla sua esistenza di uomo e compositore.
E’ la stessa donna che ci racconta lo spettacolo, ripercorrendo, con parole pervase di poesia, la storia intrisa di commozione della geisha quindicenne che muore suicida per amore di un tenente della Marina statunitense, protagonista della storia di Belasco.
Ma sono le ombre, accompagnate dalle musiche più famose del capolavoro pucciniano, eseguite da Maria Callas e Toti Dal Monte nella loro accezione più intima e nel medesimo tempo ammaliante, a farla da padrona. Sulla scena le ombre, proposte con assoluta maestria dagli animatori di Controluce, su diversi piani (tele fiammeggianti di svariati colori, grandi ventagli, stoffe luminose che caratterizzano le atmosfere della vicenda) creano un meccanismo scenico poeticamente perfetto, dentro il quale si muovono Antonella Usai e Marco Intraia, a testimoniare che l’arte può vincere, anche sulla morte.
Abbiamo seguito anche la nuova edizione del Progetto Cantiere, lo spazio che, attraverso un concorso, il festival – in collaborazione con il Teatro del Buratto di Milano, la compagnia Is Mascareddas di Cagliari e il Teatro delle Briciole di Parma – dedica alle giovani compagnie di teatro di figura.
Quest’anno, scelte tra una quindicina di proposte, al Cantiere hanno partecipato l’argentina Carolina Arandia con “Osseus”, performance essenzialmente di danza che nelle intenzioni dell’autrice “si basa sull’esplorazione della materia e del suono di un corpo attraverso le ossa”; i milanesi Carapace con “Il più leggero fra i solidi”, creazione troppo affastellata di materiali e di linguaggi dedicata al leader della famosa band dei Nirvana, Kurt Cobaine, in cui gli strumenti musicali prendono vita; la compagnia Madabo con “Ricordati che mi hai chiamato amore”, creazione dedicata ai sentimenti nell’era dominata dai social e dalla realtà virtuale, e la romana Karly Bergmann, risultata poi vincitrice, che ha presentato “La Contessa dei Muschi!”, spettacolo in cui le ombre dialogano con la musica dal vivo per narrare la storia della contessa Elisabetta Fiorini, botanica romana famosa per i suoi studi sui muschi.
La vincitrice riceverà un premio di mille euro a sostegno della produzione, e sarà inserita nelle rassegne L’altro volto del Teatro di Monserrato (CA), IF OFF di Milano e il Festival Impertinente di Parma.
Al di là del risultato, il concorso ha però dimostrato (ancora una volta!) come il linguaggio del teatro di figura sia utilizzato in modo poco pertinente e approssimativo dalle nuove generazioni di attori, sintomo preoccupante della mancanza, in Italia, di scuole apposite istituite in tal senso.
La sera precedente abbiamo assistito a un meraviglioso e singolare spettacolo della compagnia sarda Is Mascareddas “Venti Contrari”, particolare e sentito omaggio che la compagnia ha reso alle artiste cagliaritane Giuseppina e Albina Coroneo e, con loro, agli altri personaggi che le sorelle costruirono, subito dopo la seconda guerra mondiale, e che qui rivivono ricreati e rimodulati da Donatella Pau.
In scena la stessa Pau con Cristina Papinikas muovono a vista dieci pupazzi, cinque figure femminili e cinque maschili, dalle movenze lente di impronta quasi sacrale, immerse in un mondo ancestrale, un microcosmo in cui il tempo sembra essersi fermato. Un universo di impronta kantoriana, dove ogni personaggio sembra compiere da millenni le stesse azioni e mansioni.
Ecco quindi, insieme alle due sorelle, tra gli altri, Tristano l’uomo dei palloncini, Mariedda sempre in cerca di clienti occasionali, lo spazzino con la sua scopa attaccata alla gamba, Gigi l’idiota che bofonchia contro tutti e tutte, e quella che viene chiamata “Venti contrari”, che cammina sempre in diagonale, come se appunto fosse colpita dal vento, che sibila spesso sulla scena, come accade nei romanzi di Grazia Deledda.
Lo sguardo dello spettatore, che vive a stretto contatto con la scena, viene attratto di volta in volta da piccole storie che si consumano impercettibilmente davanti a lui e che si fondono in perfetta sincronia con i suoni, le musiche evocative, le parole spezzate: un universo sonoro creato da Tomasella Calvisi che si riverbera su tutti i personaggi, acquistando significanza e forza anche attraverso le luci, sempre appropriate, di Loic Hamelin.
Nella caffetteria della Casa del Teatro Ragazzi e Giovani tutti gli spettatori hanno avuto poi l’occasione di vedere, sempre costruite da Donatella Pau, “Impensamentadas”, bellissime sculture dell’artista burattinaia sarda.
La terza edizione del Progetto Accademia, aperto alle accademie europee di teatro di figura, quest’anno ha visto presente al festival, con due micro creazioni, la ESELx – Escola Superior de Educação di Lisbona.
La prima “Reflexos de Dissoxi” racconta, attraverso trasparenze e fusioni di luce, colore e ombre di corpi e sagome create dal vivo, le ansie quotidiane di Dissoxi, una dea africana che abita in un paese colonizzato; la seconda“Paisagem da memória”, più compiuta e raffinata, vive nell’interazione tra corpo degli attori e manipolazione di piccoli pupazzi a forma di semplice uovo, in un rapporto intimo di forte suggestione con la musica.
Nel suggestivo spazio di San Pietro in Vincoli, abbiamo poi assistito, ieri sera, alla prima nazionale di “Laika – Eterna Assenza di Gravità”, del Transit Theater di Berlino, su ideazione e regia di Fine Fròhlich con lo stesso Fròhlich e Tim Kiauka a commentare ed intervenire dal vivo in musica, sottolineando le diverse atmosfere che si creano in scena.
Lo spettacolo, come si evince dal titolo, ha come referente la cagnolina che nel 1957 fu inviata nello spazio come primo essere vivente. “Laika” dunque ci proietta negli anni epici in cui era in atto la guerra tra russi e americani per la conquista del cielo (c’è anche un divertente Wernher von Braun, marionetta che occhieggia da una finestra) e ha come protagonista un ‘improbabile scienziata, Svetana Korolyova, che agli ordini di un fantomatico compagno generale, che le telefona in modo ossessivo, deve necessariamente trovare un essere vivente da mandare nello spazio.
In un ambiente d’antan, utilizzando piccoli pupazzi e un corollario di oggetti comuni da cucina, che Fine Fròhlich reinventa facendoli rivivere perfettamente e con ironia sotto altra forma, assistiamo sul palco a tutte le esilaranti prove a cui la scienziata sottopone i malcapitati peluche scelti per l’impresa. Alla fine Laika partirà, anche qui in modo improbabile, tra fumi e luci, su una specie di portauovo gigante (nella foto), sacrificando la propria vita per la scienza.
Uno spettacolo assai divertente, quello del Transit Theatre, condotto attraverso una magistrale animazione di oggetti di grande abilità. Meno interessante ci è sembrato voler collegare l’avvenimento ad elementi filosofico-concettuali, comunque restituiti con fantasia pertinente.
“Incanti” proseguirà fino a lunedì con altri spettacoli provenienti, oltre che dall’Italia (domani sera ci sarà Claudio Cinelli), da Spagna, Israele, Ucraina e Austria, ma anche convegni e una rassegna cinematografica in collaborazione con il Cinema Massimo dedicata al maestro ceco Jiri Trinka.