Fraternité di Caroline Guiela Nguyen: condividere il dolore per guarire

Fraternité (ph: Christophe Raynaud de Lage)
Fraternité (ph: Christophe Raynaud de Lage)

In prima nazionale al Piccolo di Milano, un racconto fantascientifico su migranti, profughi e vittime di guerra

Un antidoto all’indifferenza. L’impossibile elaborazione del lutto di un’umanità dimezzata.
Un senso di dolorosa frustrazione accompagna, al Piccolo Teatro di Milano, la visione di “Fraternité, conte fantastique” di Caroline Guiela Nguyen, artista associata al teatro fondato da Strehler, neodirettrice del Théâtre National di Strasburgo.

Memoria e lacrime. Caroline Guiela Nguyen usa la fantascienza per immaginare l’umanità alle prese con l’improvvisa scomparsa di metà di essa in seguito a un’eclissi. Lo spettacolo raccoglie le reazioni di coloro che sono rimasti, attraverso la quotidianità di un “centro di cura e consolazione” creato ad hoc per soccorrere quelli che restano: persone di ogni estrazione sociale che cercano di aiutarsi vicendevolmente a superare lo shock e trovare la forza di reagire.
«Qualcosa nell’universo sembrava reagire a questo dolore abissale aperto nel cuore di tutti. Il cosmo è diventato lo specchio dei cuori». Questa sorta di centro di guarigione è un avveniristico rifugio degli afflitti, da cui si lanciano messaggi attraverso le stelle verso chi è scomparso, naufragato in qualche recesso dell’universo. Vi giungono madri in cerca di figli, mariti in cerca di mogli.
Gli scomparsi erano già i reietti del pianeta. Anche i parenti che li cercano sono dei paria. Il dolore è un’altra forma di ghetto.

Pelli di tutti i colori. Abiti di fogge diverse. Mille strade, mille storie. Un coacervo di lingue. Sentiamo parlare in francese, inglese, arabo, vietnamita, tamil. Ogni personaggio un accento, ogni accento un moto del corpo, un carattere, una personalità. L’appartenenza ci permea, contrassegna, modifica. Quest’umanità naufraga e raffazzonata trova la coesione nell’incontro, la possibilità di cambiamento nel dialogo e nella cura reciproca.

Il lavoro muove dal libro “Naufraghi senza volto” di Cristina Cattaneo, antropologa, docente di medicina legale dell’Università di Milano, che da anni si occupa di dare un’identità alle vittime del Mediterraneo. Viaggi della speranza, che spesso diventano tragedie.
Qui, attraverso la fantascienza, c’è il dramma nel dramma di persone smarrite, di corpi mai ritrovati oppure irriconoscibili. Bambini, donne e uomini cui restituire una storia, un nome, la dignità. Identità da riconsegnare anche ai parenti, proprio per rendere possibile l’elaborazione del lutto.

Nel grande atrio che è la scena, troviamo le sedie di una sorta di sala d’attesa. C’è una tavola imbandita, a creare uno spazio per la convivialità. Tre schermi aprono squarci verso le galassie. Pare di stare in una stazione spaziale.
Donne e uomini di ogni estrazione sociale cercano insieme di trovare un senso alle proprie storie sfilacciate. Sono creature sfibrate dal dolore, dall’assenza che grava sui loro cuori al punto da ridurne il battito. Quasi sulla falsariga di Dante («Amor che move il sole e l’altre stelle») in questo universo dove corpi umani e corpi celesti sono in sinergia, il rallentamento del cuore attenua il movimento delle stelle. Il tempo deraglia. La calma si fa piatta, si estende all’infinito, congelando il cosmo in un’infinita bonaccia che cristallizza spazio, tempo e velocità. La paralisi dell’universo scongiura una futura eclissi, quella che ci si augura possa riportare sulla terra gli scomparsi.
Che fare dunque? Congelare i ricordi, resettarli, per sgravare il cuore, riattivare il battito, riavviare il moto di stelle e pianeti? Ma fino a che punto è lecito l’oblio?
La sagoma eterea di un controtenore (Alix Petris) avvia uno struggente canto spirituale.

Questo spettacolo evidenzia le varie reazioni al dolore e al lutto: chi lo custodisce come un sacrario; chi prova ad allontanarsene per vivere e occuparsi di chi resta. Il dolore è rivelazione antropologica, è tratto identitario.
“Fraternité” è un lavoro che scandaglia le pieghe della coscienza e si addentra nei meandri del ricordo, della cura, della condivisione. Prefigura un mondo idealizzato, in cui il peso dell’assenza di chi scompare è pari alla capacità di farsene carico di chi rimane. È un racconto fantastico, dunque; non solo perché fantascientifico, ma perché non è realistico immaginare la condivisione universale del lutto. L’umanità, per come la conosciamo, tende piuttosto a rimuovere ed esorcizzare la sofferenza, anziché accoglierla e attraversarla.

Le delicatezza con cui tutte le figure in scena si accostano al dolore – nei modi più disparati: accorato, concitato, nevrotico, rassegnato, paralizzato – parrebbe a tratti retorica. L’esito della vicenda ha un che di macchinoso. Di fatto, restiamo spiazzati da un teatro che si presenta come fantascientifico, e invece colpisce per il realismo con cui si propone: la sincerità degli sguardi, la forza delle parole, la commozione che traspira da ogni movenza.
Ogni viso una storia. Ogni ruga un’emozione. La finzione si costruisce sull’ancoraggio dei personaggi alla realtà. Attori di tutte le origini, di varia formazione, di tutte le età, professionisti e dilettanti, danno corpo alle diversità di un macrocosmo spesso ignorato dal teatro, oppure risolto attraverso la finzione e la prova d’attore.

Caroline Guiela Nguyen dà forma a corpi, visi, linguaggi, pensieri. “Fraternité” non è solo slancio umanitario, ma piuttosto esperienza psicanalitica collettiva che riguarda il presente di ciascuno di noi: in cerca d’equilibrio psicofisico in un pianeta reduce dal Covid, lacerato da guerre ed emergenze climatiche, il cui prodotto sono milioni di profughi.
Umanità alla deriva. Odissea infinita, immutabile. Che diventa sopravvivenza solo nella misura in cui l’angoscia di ciascuno diventa patrimonio collettivo.

FRATERNITÉ, Conte fantastique
testo e regia Caroline Guiela Nguyen insieme a tutta l’équipe artistica
con Dan Artus, Saadi Bahri, Hoonaz Ghojallu, Maïmouna Keita,
Yasmine Hadj Ali, Nanii, Pierric Plathier, Alix Petris, Lamya Regragui Muzio,
Saaphyra,Vasanth Selvam, Anh Tran Nghia, Hiep Tran Nghia,
collaborazione artistica Claire Calvi, Paola Secret
scenografia Alice Duchange
costumi Benjamin Moreau
luci Jérémie Papin
creazione sonora e musicale Antoine Richard
video Jérémie Scheidler
drammaturgia Hugo Soubise, Manon Worms
musiche originali Teddy Gauliat-Pitois, Antoine Richard
collaborazione casting Lola Diane
scene Atelier du Grand T, Théâtre de Loire-Atlantique
realizzazione costumi Ateliers du Théâtre de Liège
produzione Les Hommes Approximatifs
delega alla produzione Festival d’Avignon, Les Hommes Approximatifs
in coproduzione con Odéon-Théâtre de l’Europe, ExtraPôle Provence-Alpes-Côte d’Azur (Piattaforma di produzione sostenuta dalla Regione SUD Provenza-Alpi-Costa Azzurra),
La Comédie – centre dramatique national de Reims, Théâtre national de Bretagne – Rennes,
Théâtre national de Strasbourg, Châteauvallon scène nationale,
Théâtre de l’Union – centre dramatique national du Limousin,
Théâtre Olympia – centre dramatique national de Tours, MC2: Grenoble,
La Criée Théâtre national de Marseille, Le Grand T théâtre de Loire-Atlantique,
Célestins – Théâtre de Lyon, La Comédie de Colmar – centre dramatique national Grand Est Alsace, La rose des vents – scène nationale Lille Métropole Villeneuve d’Ascq, Le Parvis,
scène nationale Tarbes Pyrénées, Théâtre national de Nice, Théâtre du Beauvaisis – scène nationale
coproduzioni internazionali Prospero – Extended Theatre (un progetto cofinanziato dal programma Europe Creative dell’Unione Europea), Théâtre national Wallonie-Bruxelles, Théâtre de Liège,
Les théâtres de la ville de Luxembourg, Centro dramático nacional – Madrid, Dramaten – Stoccolma, Schaubühne – Berlino, Théâtre national Dona Maria II – Lisbona, Thalia – Amburgo,
Festival Romaeuropa
con il supporto eccezionale di Direction général de la création artistique
de DC&J, Tax Shelter du Gouvernement Fédéral de Belgique, Inver Tax Shelter
con la partecipazione di Jeune théâtre national e dell’Institut français – Paris e Ensatt

durata: 3 h (intervallo compreso)
applausi del pubblico: 4’

Visto in a Milano, Piccolo Teatro Strehler, il 26 gennaio 2023
Prima assoluta in Italia

 

 

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