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FringeMI Festival 22: il teatro come presidio nelle periferie

Arriva a Milano il FringeMI Festival

Arriva a Milano il FringeMI Festival

Dal 13 al 19 giugno a Milano la quarta edizione del FringeMI festival diretto da Davide Verazzani, che si amplia anche ad altre zone della città

Prove tecniche d’estate. Aria di periferia e voglia di festa. Anche Milano ha un’anima fringe.
Parte lunedì 13 giugno la quarta edizione del FringeMI Festival, la rassegna di arti performative organizzata da Bardha Mimòs, che “porta il teatro dove non c’è!”.
Un centinaio di eventi fino a domenica 19 giugno, in sette quartieri della città. Siamo fuori dal circuito dei teatri più gettonati, lontani dei luoghi della Cultura tradizionale.
C’è vita oltre la Circonvalla, e non solo il sabato sera. Per i milanesi “imbruttiti”, la Circonvalla è la circonvallazione esterna, il perimetro che segna il limite tra il cuore pulsante e la zona suburbana, dove confluisce l’anima multietnica della città. Qui una pizza costa come a Napoli, il kebab è lo stesso di Istanbul, e gli sguardi assomigliano a quelli di una città portuale.
Niente teatri o musei, e neppure cinema: al massimo i resti di una sala osé chiusa da lustri. Eppure spiragli di cultura resistono come i fiori tra i sassi, come l’edera inerpicata sui muri.

A queste latitudini l’arte germoglia in spazi inconsueti: bar, locali, parchi, opifici, fabbriche dismesse. Gli Arcimboldi, l’Hangar Bicocca, il Carroponte e lo Spazio Mil sono un po’ più a nord, verso Sesto San Giovanni.
Anche lo skyline cambia. Oltre Isola, di là da corso Buenos Aires, non ci sono più grattacieli, al massimo case di ringhiera. E sobborghi: palazzoni come caserme, fabbricati con velleità avveniristiche, altri edifici più o meno belli, più o meno anonimi. C’è la Martesana, quel che resta dei Navigli. Lontano dalle gallerie del centro, la visual art prêt-à-porter è la street art metropolitana dei murales vicino alle stazioni.
Vivificare questi quartieri attraverso l’arte: è la sfida di Davide Verazzani, ideatore del festival. Lui si schermisce dietro una “regia” condivisa, che investe persone e competenze multiformi, quelle di Ippolita Aprile, Giulia Brescia, Silvia Rudel e Matteo Russo.

Davide Verazzani (photo: Ippolita Aprile)

Davide, come nasce l’idea del festival?
FringeMI nasce nel 2019 come NoLo Fringe Festival. Nel 2014 ero stato per la prima volta al Fringe di Edimburgo. Lì avevo assistito a qualcosa che non avevo mai visto prima. Ho pensato che sarebbe stato bello riprodurlo in Italia. Ho dovuto aspettare che NoLo, il quartiere dove abito, si trasformasse con l’apertura di nuovi spazi, proprio per realizzare l’idea di portare il teatro in luoghi inconsueti: bar, pub, librerie, palestre. Per rendere effettivo il contatto con il territorio.

Come a Edimburgo.
In Scozia c’è un’organizzazione logistica diversa, anche tensostrutture. Noi abbiamo cercato di abitare il territorio valorizzando solo gli spazi che offre.

NoLo e non solo, dunque, in questa edizione.
Quest’anno abbiamo esteso il festival ad altri quartieri: Martesana, Adriano, Cistà, Benedetto Marcello, Calvairate, Fondazione AEM. Avevamo già dall’inizio l’idea di non limitarci a NoLo. Quest’anno abbiamo potuto realizzarla con una mente che coordinasse il tutto, in modo che il Fringe esistesse. Altri enti hanno invece organizzato altre porzioni di Fringe, ognuno con una specificità legata al territorio. L’intenzione è di allargarsi ancora.

Cosa caratterizza il FringeMI 2022?
Abbiamo aumentato il numero degli spettacoli, sia gratuiti, sia a pagamento. Per la prima volta abbiamo undici spettacoli che, per cinque sere consecutive, si scontreranno l’uno con l’altro in un vero agone, ciascuno su un palco diverso. Il pubblico darà un voto. Il vincitore andrà in scena la prossima stagione all’Elfo Puccini. In ogni quartiere ci sarà almeno uno spettacolo ma la maggior parte sarà concentrata a NoLo.

C’è anche un Fringe Extra.
Sono spettacoli non in concorso. In questo caso non ci sarà un voto. Saranno repliche uniche, per lo più a pagamento a NoLo, gratuite invece negli altri quartieri. Sono i tipici spettacoli Fringe: aperti, capaci di riempire dei vuoti.

Ad esempio?
Penso ad “Arrovellarsi non serve a niente” di Roberto Rustioni, apprezzato artista nato in via Padova, dove è tornato ad abitare dopo i successi di una carriera luminosa. Il suo è un atto di riconoscenza al luogo in cui è cresciuto. Oppure penso ad Angelo Campolo, vincitore di NoLo 2019 con “Stay Hungry”, che apre il festival con “A te e famiglia”. Ma ci saranno anche incursioni nel mondo dei suoni e del reading musicale. Ad esempio, Officine Buone con Carlo Amleto in “Cantautori a teatro”. Oppure Dente e Giulia Cavaliere, che in “Puntine sulle i” raccontano la migliore musica italiana attraverso gli aneddoti. E ancora Max Collini in “Hai paura dell’Indie?”.
Tra gli altri spettacoli, segnalo invece “Dog days” di Carrozzeria Orfeo, fusione di animazione digitale, stop motion, video game e cartoni animati vintage. Infine “Solo quando lavoro sono felice”, incontro tra Niccolò Fettarappa e il campione di Poetry Slam Lorenzo Maragoni. Si sono conosciuti da noi lo scorso anno, e hanno creato il loro sodalizio dopo un laboratorio poetico con Lucia Calamaro.

Ci sono anche spettacoli per ragazzi?
Per i più piccoli ci sono vari laboratori, ma anche degli spettacoli. Segnalo “E io non scenderò più”, produzione Stradevarie e Campsirago Residenza, dai 5 anni. E poi “L’omino del pane e l’omino della mela”, prodotto da I Fratelli Caproni, adatto a un pubblico dai tre anni.

Come avete scelto il cartellone?
Sia il programma ufficiale, sia quello alternativo, sono nati da una call, che ha originato trecento proposte. Ne abbiamo selezionato undici soprattutto per questioni di budget. C’erano altri lavori meritevoli. Li abbiamo sacrificati con dispiacere.

Quali sono gli undici prescelti per la rassegna ufficiale?
Si va dallo scanzonato “1 e 95” di Giuseppe Scoditti, al sarcastico “L’uomo palloncino” di Giulia Lombezzi, sul mondo dell’animazione turistica. Martina De Santis, famosa per “Il terzo segreto di satira”, porta in scena “È andata così”, ispirato a Natalia Ginzburg.
Lo spirito british aleggia in “Fag/Staff,” di Jeffrey Jay Fowler & Chris Isaacs, prodotto da Dogma Theatre Company, e “Scenes with girls” di Miriam Battye, prodotto da Khora Teatro. “Il Paese dalle facce gonfie” di Confraternita del Chianti è un monologo onirico e civile sulla tragedia di Seveso. Invece “People”, di e con Raffaella Agate, con un’influencer sull’orlo di una crisi di nervi, irride la nostra epoca iperconnessa. “Arturo”, di Laura Nardinocchi e Niccolò Matcovich, affronta con vivacità e filosofia il tema dell’elaborazione del lutto. Qualche affinità è riscontrabile in “Gianluca” di Daniele Turconi, spettacolo dall’esito spiazzante. Miseria e sogno caratterizzano “Con tanto amore, Mario” di Paola Tintinelli. Infine “Scoppiati”, di Giacomo Occhi, è la storia muta di un palloncino.

Temi aperti ed eterogenei.
Un Fringe per sua natura non può essere monocorde. Abbiamo cercato spettacoli con un’anima, differenti come temi e linguaggi espressivi, anche per coinvolgere pubblici diversi. Sono monologhi maschili e femminili, teatro civile o di narrazione, cabaret, teatro di figura, stand-up comedy. Speriamo che lo spettatore possa apprezzarli. E che anche i nostri luoghi entrino nella sua anima.

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