Terzo episodio di Ztl-pro, l’interessante esperimento produttivo sostenuto dalla Provincia di Roma e ospitato dalla Fondazione Romaeuropa al Teatro Palladium, nel quartiere Garbatella della capitale.
Questa volta scendono in campo Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, due performer che hanno incrociato i loro destini lo scorso anno.
Lo spettacolo è liberamente ispirato al saggio “The philosophy of Andy Warhol: From A to B and back again”.
“Un artista è uno che produce cose di cui la gente non ha alcun bisogno ma che lui – per qualche ragione – pensa sia una buona idea dargli” ha affermato il genio della Pop Art. Questa frase riesce a riassumere sia la filosofia di Warhol che quella dei due performer, i quali – grazie anche alle parrucche – giocano a tratti ad assomigliare al grande artista.
Ancora Warhol a teatro, insomma: di recente lo si era visto nel finale dell’Inferno proposto dalla Socìetas Raffaello Sanzio. Ma questa volta il risultato è diverso. Mentre quello di Romeo Castellucci era un Warhol visionario e simbolo del voyeurismo, Deflorian e Tagliarini, attraverso un doppio monologo dai ritmi serrati, vorrebbero tirar fuori il Warhol filosofico, quello che sosteneva che la bellezza è presente anche dove non la si vede, l’artista che con curiosità prestava attenzione alle vite di tutti.
Ma il loro, tuttavia, è un esperimento riuscito a metà.
Lo spettacolo (non) racconta la crisi d’identità dell’uomo contemporaneo. I due protagonisti stanno seduti su altrettanti cubi ai lati del palco e parlano: a volte al pubblico, a volte al cellulare, raramente tra di loro. Si scambiano parole come “a” e “b” nel testo di Warhol (ma stavolta sono la “a” di Antonio e la “d” di Daria, nel titolo dello spettacolo). Ripetono il niente, narrano il nulla, manifestano un’apatia e un vuoto esistenziale che non si colmerà.
Gli spettatori, a loro volta, cercano lo spettacolo, ma finiscono col sentirsi come davanti a uno specchio, rivedendo le proprie vite o quelle dei loro vicini.
I due attori, enfatizzando l’accento lombardo, sono credibili. Attraverso la costruzione di inutili concetti riescono per i primi minuti a mantenere la tensione alta, nell’attesa che qualcosa accada. Ma, oltre a qualche beffarda risata qua e là, lo spettacolo risulta privo di struttura. Tutto rimane ad un gioco verbale fine a se stesso: una comunicazione che non comunica, e a tratti annoia. Non basta neppure la scena finale, con l’entrata di un gruppo rock che canterà, per rialzare l’interesse su una performance che, seppur nell’intento interessante (la libera interpretazione del testo-manifesto dell’artista di Pittsburgh, riadattata ai giorni nostri), nella realizzazione risulta troppo concettuale.
Merita una segnalazione la notevole selezione musicale di Fabrizio Spera, che riesce a creare un salotto sonoro davvero adatto al contesto riproposto.
From A to D and back again
di e con: Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
liberamente tratto da “From a to b the philosophy of Andy Warhol”
musiche processate, missate e ricomposte dal vivo da: Fabrizio Spera
materiali sonori: Burt Bacharach, Brigitte Bardot, John Cage, Juan Garcia Esquivel, Morton Feldman, Grant Green, Christine Groult, I.S.O. Lionel Marchetti, Ennio Morricone, The Necks, Stefano Pilia, Eliane Radigue, Eric Satie, The Shirelles, Irma Thomas
musica dal vivo: Matteo Dincà, Luca Venitucci, Fabrizio Spera
luci: Gianni Staropoli
collaborazione artistica: Fabrizio Bianchi
organizzazione: Filipe Viegas
coproduzione: Planet 3/Dreamachine/Ztl-pro
durata: 1 h 05′
applausi del pubblico: 2′ 07”
Visto a Roma, Teatro Palladium, l’8 aprile 2009
prima nazionale