Nato a Palermo nel 1973, Gaetano Bruno è sicuramente uno dei volti più conosciuti del teatro giovane italiano, interprete del gruppo Sud Costa Occidentale raccoltosi intorno ad Emma Dante, ma con qualche fuori pista recente nel cinema, che lo ha fatto apprezzare da un ulteriore pubblico.
In questa stagione l’attore sta riportando in scena “Il festino”, un monologo a due personaggi ambientato in uno sgabuzzino: la storia di due fratelli, Paride e Iacopo, uno dei quali portatore di handicap, entrambi figli del disagio e di una famiglia disgregata.
L’abbandono da parte del padre è un trauma che si aggiunge ad una vita che, se non è da reclusi, di certo della chiusura su se stessa trasmette sentimento.
Lo sforzo dell’altro fratello di far spiccare il volo al suo gemello menomato diventa così sogno di evasione da uno spazio angusto e drammatico, da una vita ai margini, desiderio di fuga dalla condizione percepita di brutti, sporchi e cattivi.
L’interpretazione di Bruno è di potente intensità, brucia di disagio e carne, fa dell’espressività corporea tutta un testo: come in altre opere della regista siciliana, ma forse ancora di più in questa, è tagliente e vivo di sofferenza e ingenuità.
Nella video-intervista che proponiamo oggi, andando oltre il personaggio, Gaetano Bruno, catturato all’uscita dal Crt di Milano che ha ospitato a febbraio le repliche dello spettacolo, ci parla della sua esperienza di attore a tutto tondo, di come lingue e percorsi nel mondo della recitazione siano complementari per rafforzare il linguaggio individuale, e di come ogni tassello arricchisca tutto l’insieme; di cosa sia stato il rapporto con la Dante per la sua crescita, di quale può essere per l’attore la poetica dell’interpretazione, nell’ambito dell’impegno generale al servizio del teatro e del regista.
E il rapporto attore-pubblico: cosa significa trasmettere l’emozione, cercare di cogliere le sensazioni che arrivano da chi ti sta di fronte e che magari non puoi neanche guardare bene in volto, ma di cui respiri il pathos che tu stesso trasmetti. Una sorta di respirazione circolare che solo a teatro è permessa, e che è quella che gli fa dire che se rinascesse, in fondo in fondo, farebbe…
E’ un pomeriggio d’inverno, a Milano in zona Cadorna, fuori dal teatro, a parlare di quanto si svolge nella scatola magica alle nostre spalle, con l’attore avvolto nella sua sciarpa e una cane dietro ad abbaiarci pensieri imperscrutabili. Magari era un cane di bancata pure lui.