Genesiquattrouno. Bruno e Villano alle prese con la fratellanza

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A Monteverde Vecchio il Teatro Vascello sta per brindare alla genesi della prossima stagione teatrale. La conferenza stampa di giovedì prossimo, preannunciata dallo staff di Manuela Kustermann, sarà per il teatro stabile d’innovazione romano l’occasione per indicare la nuova rotta e presentare gli artisti inseriti nel prossimo cartellone, proprio negli stessi giorni in cui due spettacoli prodotti da La Fabbrica dell’Attore andranno in scena al Roma Fringe Festival.

Ci concediamo oggi un ultimo sguardo alla stagione del teatro del quartiere del Riccetto (“Ragazzi di vita”), proprio nel 40° anniversario dalla morte di quel Pier Paolo Pasolini ricordato dallo stesso Vascello con “Siamo tutti in pericolo”, per la regia di Daniele Salvo.

Tra percorsi trasversali e messe a fuoco monografiche di singoli artisti e compagnie, il Vascello si è concesso nella seconda parte della stagione quel gioiello onirico che è il sogno “Lucido” di Rafael Spregelburd, in cui Milena Costanzo e Roberto Rustioni abitano magistralmente l’ironia e la poetica di situazione del teatrista argentino, ricostruendo la disfuzionale famiglia di Buenos Aires nella quale tra il fratello (Antonio Gargiulo) e la sorella (Maria Vittoria Scarlattei) sembra pesare un debito enorme.

Oltre a segnalare come la coppia dei due attori più giovani sia cresciuta in maniera esponenziale, e ora si presenti perfettamente nel ruolo dopo le prove più incerte del debutto, ciò che è rimasto ad abitare l’inconscio del pubblico romano in questo finale di stagione è quel rapporto fraterno che dalla regia di Costanzo/Rustioni è poi passato di mano in mano fino alla coppia formata da Gaetano Bruno e Francesco Villano, autori e protagonisti di “Genesiquattrouno”. Dallo sguardo più ampio su una fratellanza deformata dalla visione della madre argentina di “Lucido”, il focus si è ristretto vertiginosamente nella solitudine a due del catartico e ancestrale “Genesiquattrouno”, di cui vi vogliamo parlare oggi.

Due fratelli, o forse ormai uno solo, si trovano a misurare il loro rapporto da figli prima e da uomini poi. La fratellanza, quel rapporto arcaico che è già la Genesi a sviscerare; dopo aver tirato fuori la donna dall’uomo, infatti, il Dio del Vecchio Testamento sembra minare al suo interno l’ultimo legame di sangue che separa l’uomo dalla sua solitudine.

“Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto”. (Genesi 4,3-5)

La scena si apre allora con Caino riverso a terra che finge di esser morto, abbattuto appunto, all’interno di un cerchio delimitato da frutta che è diventata pietra; quella frutta è il dono che perde il suo valore di offerta e diventa misura del proprio io, confine.
È il rene che, in “Lucido” di Spregelburd, la sorella dona al fratello da bambina e poi torna a richiederlo indietro da adulta nell’incubo della madre. È il recinto dell’insicurezza, dell’accidia di Caino che se ne resta rintanato nella negazione di ciò che è stato diventare uomini, in quel ventre materno che ha condiviso con il fratello ma che ormai è sovrastato da un albero secco che non dà più frutti.

Abele osserva Caino dall’esterno, il pubblico se ne renderà conto forse solo alla fine, ma in realtà Abele è già stato ucciso e appare al fratello come coscienza, come respiro (hebel: alito, respiro) per far ripercorrere all’assassino ciò che ha compiuto. I due fratelli iniziano quindi a riconoscersi nella fisicità del gioco, e qui i due interpreti attingono a piene mani alla loro formazione nell’uso del corpo sfruttandone egregiamente il linguaggio di sfida, di complicità.

I fratelli confermano così l’alleanza e l’affetto reciproco nei riti dell’infanzia. La parola arriva più tardi, probabilmente un po’ troppo tardi, lasciando che lo spettacolo collassi leggermente, per riprendersi poi con il dialogo e le insidie che questo riserva a due giovani uomini: uno coraggioso, l’altro insicuro, uno che dona la sua parte migliore, l’altro che lentamente decide di disubbidire al padre e di serbarla per sé.
È questo il momento in cui Caino si sente tradito, quando il fratello obbedisce al padre. Per paura di essere abbandonato, di non essere più amato, Caino non partecipa alla gratificazione di Abele ma cede alla frustrazione, distruggendo egli stesso, con le sue mani, il loro patto di sangue.

Lo spettacolo è così il percorso di Caino verso la presa di coscienza. “Spetterà al minore farsi comandante del macabro “svelamento”. Sarà lui che, con astuzia, continuerà a stanare l’altro fratello dal buio della sua vergogna. Lui che lo costringerà a prendere coscienza del fratricidio che ha da poco compiuto” ci dicono i due autori nelle note di regia. Come nei versetti della Bibbia, anche nello spettacolo il momento dell’uccisione è marginale; solo ciò che c’è stato prima e dopo è la vita con cui gli uomini possono e poi devono fare i conti.

Villano e Bruno dimostrano di voler fare i conti con l’azione, investendo personalmente in un progetto che punta a rimetterci in contatto con gli archetipi, curandone il linguaggio sin dall’allestimento scenografico. In parte, in attesa del prossimo lavoro sulla fratellanza, lo spettacolo riesce ad arrivare al pubblico; resta la difficoltà dello spettatore nell’approcciarsi alla parte prettamente evocativa, forse la stessa che si trova nell’interpretare un versetto della Genesi con la consapevolezza, però, che il messaggio più profondo ci impone, per raggiungerlo, di lottare. D’altronde “alla fine tutti dovremo trovare un ordine là dove non c’è”.

GENESIQUATTROUNO. Caino e Abele, storia di una fratellanza deviata
diretto e interpretato da Gaetano Bruno e Francesco Villano
drammaturgia e musiche di Gaetano Bruno
scene Igor Scalisi Palminteri
luci Cristian Zucaro e Luigi Biondi

spettacolo finalista selezione premio in-Box 2014

durata: 1h 10′
applausi del pubblico: 2′

Visto a Roma, Teatro Vascello, il 16 maggio 2015

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