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Pro e contro i Giochi di famiglia di Magelli: quando il teatro è ‘troppo vero’.

Magelli - Giochi di famiglia|Giochi di famiglia - Paolo Magelli

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Giochi di famiglia - Paolo Magelli
Giochi di famiglia (photo: metastasio.net)

Pro e contro. Lo spettacolo è lo stesso (il primo atto della “Trilogia di Belgrado” presentato dalla compagnia Stabile del Metastasio); il giudizio invece è un po’ diverso ma comunque intriso di pathos, in maniera positiva o negativa. Allora perché non metterle a confronto, queste due visioni, accostando le parole di altrettanti redattori toscani di Klp (in una “Firenze vs Prato”). E lasciando poi ad ogni lettore la decisione, o i dubbi, finali.
Quanto l’emozione e il coinvolgimento possono giocare, a favore o sfavore, di uno spettacolo? Quanto si può ‘trascinare’ l’emotività?

Pro (di Simone Pacini):
Il direttore artistico Paolo Magelli presenta la neonata Compagnia Stabile del Metastasio di Prato nella nuova produzione “Giochi di famiglia”, dell’autrice serba Biljana Srbljanovic. Il testo, del 1998, era già stato messo in scena nel 2000 da Elio De Capitani per Teatridithalia: un testo difficile e senza speranze che narra di quattro figli della guerra, bambini che giocano a fare gli adulti, già corrotti e pessimisti come i padri.

Magelli, conosciutissimo in paesi europei come la Germania, la Croazia e la Serbia ma volto quasi nuovo nel panorama italiano, attraverso la Compagnia Stabile propone un modello produttivo teatrale mitteleuropeo: attori scritturati per un anno, lunghe teniture e poca tournée. E “Compagnia Stabile e affinità elettive” è stato anche il titolo di un interessante convegno coordinato da Mimma Gallina e ospitato nel ridotto del teatro pratese sabato scorso, di cui vi diremo meglio su Klp prossimamente.

Magelli può contare su un cast di attori locali molto ben assortiti, tutti da ricordare: Mauro Malinverno padre trasformista, comico, grottesco e manesco, che sa variare registri con rara intensità; Valentina Banci, madre matura e donna nevrotica; Elisa Cecilia Langone, cagna silenziosa e mutilata, occhi grandi che parlano col cuore e con la forza della disperazione; Francesco Borchi, figlio ingenuo e infantile, prima vittima poi carnefice; e Fabio Mascagni, che da operaio ha il compito di interpretare il prologo e l’epilogo fatto di fuochi d’artificio siderurgici ma è anche presenza furtiva in tutto lo spettacolo.

I personaggi si perdono in una scenografia da desolato paesaggio urbano di periferia, o anche di guerra, che suggella uno spettacolo che è una ventata di novità per la platea pratese: un teatro di matrice mitteleuropea e una premessa (quella della Compagnia Stabile) che promette bene per il futuro. La regia, piena di trovate e illuminazioni, si riflette nelle vivide interpretazioni e nella fantasia nell’utilizzo del corpo e della voce. Un ottimo lavoro di squadra che trova nella travolgente colonna sonora originale epico-balcanica, composta da Arturo Annechino, quel qualcosa in più che trasforma un buono spettacolo in uno spettacolo da ricordare.

Giochi di famiglia (photo: metastasio.net)

Contro (di Eleonora Tedeschi):
Ci sono volte in cui il compito del ‘critico teatrale’ è più difficile di altre. Questa è una di quelle. Ci ritroviamo in tre alla fine dello spettacolo, tre “appassionati” di teatro, e ognuno con una reazione diversa. Perché in fondo c’è sempre quel retrogusto soggettivo che non può non incidere nel valutare una performance.

“Giochi di Famiglia” è il primo atto della “Trilogia di Belgrado”, la prima produzione della Compagnia Stabile del Metastasio, in scena ancora fino al 3 aprile. Il testo è quello della giovane scrittrice e giornalista serba Biljana Srbljanovic, a cui il regista Paolo Magelli è legato da anni di collaborazione e amicizia.

Partiamo dalle cose che mettono d’accordo tutti: gli attori sono s-t-r-a-o-r-d-i-n-a-r-i. Non si risparmiano su nulla, in una performance che è faticosa anche, e non solo,  fisicamente, che termina con ginocchia sbucciate, pelle rossa per la violenza con cui è stata colpita, fiatone. E poi la scenografia, altro successo, composta da pezzi di asfalto rotto, sabbia, giochi da bambini, un girello arrugginito e un trenino su rotaie, pozze d’acqua (e di sangue) e la baracca in cui vive la famigliola del titolo.

L’azione si svolge nella periferia degradata di una città senza nome. Protagonisti quattro bambini che giocano a fare gli adulti. O meglio, di adulti (gli attori) che interpretano bambini che giocano a fare gli adulti, e in questo gioco esprimono tutta la brutalità e la cattiveria del mondo. Immersi in una realtà caotica e intrisa di orrori, anche i giochi non potrebbero essere altro che brutali. Un gioco serio, tra crudeltà e comicità, in cui le risate si mescolano alla disperazione.

Le situazioni che i bambini rappresentano nei loro giochi sono infatti quelle “normali” della famiglia in cui vivono: una donna picchiata dal marito, un figlio preso a cinghiate dal padre quando non vuole mangiare… La violenza è proprio la chiave di lettura che questi bambini utilizzano per vivere il mondo che li circonda. Ed è così, attraverso il gioco, che gli adulti vengono puniti. Il gioco consiste infatti nell’uccidere i genitori, utilizzando metodi sempre diversi. Che sia per strangolamento, con un colpo di pistola, attraverso il fuoco o per il dispiacere non importa, ciò che conta è che, iperattivo e nevrotico, il bambino punirà sempre i genitori (ossia i bambini che, nel gioco, li impersonano) per avergli strappato via i sogni, l’identità, l’esistenza. Il gioco è occasione di violenza e sfogo della propria rabbia; attraverso lo stupro e i colpi inferti si esprime l’odio, la solitudine e la miseria di una vita che nessuno avrebbe il diritto di provare.

La visione è tutt’altro che leggera. Orrore è la parola che più si adatta nel descrivere un lavoro senz’altro provocatorio, tanto che a volte si fatica a continuare a guardarlo. Un nodo strozza la gola. Il magone prende allo stomaco. Uno spettacolo crudo, certo, anche troppo.

GIOCHI DI FAMIGLIA – Trilogia di Belgrado parte I
di Biljana Srbljanovic
drammaturgia: Željka Udovičič
regia: Paolo Magelli
scene: Lorenzo Banci
progetto luci: Roberto Innocenti
costumi: Leo Kulas
musiche: Arturo Annecchino
con la Compagnia Stabile del Teatro Metastasio: Valentina Banci, Mauro Malinverno, Francesco Borchi, Elisa Cecilia Langone, Fabio Mascagni
durata: 1h 40′
applausi del pubblico: 2′ 30”

Visto a Prato, Teatro Fabbricone, il 24 marzo 2011

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