“Quando ero più giovane me lo dicevano tutti i giorni con un dito ammonitore
‘Tu vivi sul filo del rasoio
Sei una candela che brucia da sotto e da sopra (…)’
Io brucio sempre
Persino quando voi pensate che io non faccia niente
Brucio più violentemente di quanto concesso e previsto
Brucio e non solo per me
Ma anche per dare
Fuoco e luce agli altri
Proprio come dagli altri ho ricevuto
Fuoco e luce
Ho la febbre
Sono una torcia vivente
Da una vita intera
Al ritmo sfrenato del mio canto
A volte un cantante sentimentale
A volte un vecchio ladro”.
Bellezza. Il vodoo che guarisce o avvelena il corpo.
Nel caso di “Giornale notturno” si tratta del corpo di Lino Musella, attore unico ed eccellente della nuova creazione di Jan Fabre, la prima realizzata in lingua italiana. Un monologo autocombustibile, che ci guida tra le pagine del diario omonimo (uscito in Italia, in due volumi, per Cronopio) e le mischia a estratti di altre opere dell’artista, “La reincarnazione di Dio”, “Io sono un errore”, “Corpo, servo delle mie brame”, “La storia delle lacrime”, “Drugs kept me alive”.
Autobiografia del pensiero dell’artista, in un cut up temporale e tematico, troviamo la ricerca e la morte dell’opera, la famiglia e la tragedia greca, l’acqua e il fuoco, la bellezza appunto, ma sempre una bellezza scomoda, errante.
In una notte senza vento, al centro del palco, seduto a una scrivania rivolta verso il pubblico sta l’attore, una lampadina sospesa ad illuminare i fogli sparsi e un pacchetto di sigarette belga disegnato da Magritte. Intorno solo polvere bianca, calcarea, ammucchiata in quattro punti per fare da piedistallo ad altrettante stein, pietre. Piccole sculture che ricordano cervelli umani. Perché, se il ragionamento e il pensiero sono un’eredità dell’anima, quod erit corpus in me est.
Tutto succede dentro e a fianco, e tutto è però irrimediabilmente centrale. Il fuoco che arde, la sigaretta che brucia, l’odore del fiammifero che arriva in platea, Anversa vista dallo Scheldt, e poi il video di Fabre nel 1988, un omaggio al fiume della sua città natale, un consiglio a concedersi una “piacevole pazzia” e, allo stesso tempo, il gufo che a fine performance è sopraffatto dall’acqua. Infine, l’inevitabile sinestesia tra la figura stilizzata del gufo con i suoi ciuffi di piume sulla testa e i capelli di Musella, impomatati a formare le due corna fabriane.
L’anarchia dell’immaginazione, l’anarchia dell’arte, l’anarchia dell’amore. Le tre regole a cui Fabre si attiene, i parametri in cui brucia questo dramma satiresco e attraverso il quale questo trova in scena una riconciliazione e un corpo, ribaltando in ironia e in siparietto dissacrante e graffiante i suoi stessi leitmotiv, ribaditi nel tessuto musicale dello spettacolo – in cui trovano spazio “Amandoti” dei C.C.C.P., “My Way” di Sinatra e “Nel blu dipinto di blu” di Modugno, affiancate da composizioni originali di Stef Kamil Carlens – e dal Fabre marionetta, in scena con in suo immancabile trench.
Il reading si trasforma in performance e il detto in maschera che, invece di rivelare, cela. Perché no, lo spettacolo non aggiunge nulla alla poetica di Jan Fabre, non risponde a nessuna accusa, ma fa dell’artista il personaggio e cerca nel pubblico il proprio coro.
In scena domani ad Arezzo, al Teatro Petrarca, e il 4 aprile al Teatro Sperimentale di Pesaro.
The Night Writer. Giornale Notturno
Testo, scene e regia: Jan Fabre
Traduzione: Franco Paris
Musica: Stef Kamil Carlens
Con: Lino Musella
Drammaturgia: Miet Martens, Sigrid Bousset
Direzione tecnica: Geert Van der Auwera, Javier Delle Monache
Fonico: Marcello Abucci
Direzione di produzione: Gaia Silvestrini
Produzione: Troubleyn / Jan Fabre e Aldo Grompone
In coproduzione con: FOG Triennale Milano Performing Arts, LuganoInScena LAC (Lugano Arte e Cultura), Teatro Metastasio di Prato, Teatro Piemonte Europa, Marche Teatro, Teatro Stabile del Veneto-Teatro Nazionale
Produzione esecutiva e distribuzione: Aldo Miguel Grompone
Durata: 1h 20′
Applausi del pubblico: 4′
Visto a Milano, Teatro dell’Arte – Triennale, il 15 marzo 2019
Prima assoluta