Oggi il teatro festeggia oppure no?
In base all’accordo tra la Direzione Generale dello Spettacolo dal Vivo del MiBACT e l’Agis, in collaborazione con la Siae, ci sarebbe sì da festeggiare, oggi, 22 ottobre.
L’accordo è stato infatti siglato per promuovere ed incentivare la fruizione del teatro con eventi nell’arco di tutta la giornata, coinvolgendo l’intero settore dello spettacolo dal vivo.
Ecco allora i Teatri Aperti: spazi di prosa, lirica, musica e danza invitano il pubblico “ad entrare”, magari là dove alcuni non hanno mai messo piede, offrendo gratuitamente spettacoli, concerti, balletti, letture e visite guidate.
Per il pubblico una bella iniziativa, un modo per avvicinare più persone ad un luogo – il teatro – che intimorisce ancora, che ai “non habitué” sembra parlare un’altra lingua, distante, a volte anche a causa del prezzo del biglietto. Salvo poi spendere gli stessi soldi per una serata in pizzeria.
Ma, si sa, il cibo ha un appeal diverso…
Differente è anche il punto di vista sull’iniziativa promossa dal Governo da parte del movimento Facciamolaconta, che riunisce più di mille attori e attrici professionisti, e che ha apertamente criticato l’iniziativa allo slogan di “Giornata del teatro: nulla da festeggiare!”.
La critica alla Giornata del Teatro con l’ingresso gratuito vede imputato il Ministro Dario Franceschini, che non avrebbe previsto un investimento straordinario per la copertura del costo del lavoro della giornata, dando per scontata la remissione totale per artisti, tecnici e produzioni. “Un irresponsabile gesto – l’ha apostrofato Facciamolaconta – che ancora una volta non riconosce alle prestazioni artistiche la dignità di un lavoro e ignora lo stato di crisi occupazionale in cui versa il teatro italiano”.
Ma quanti teatri aderiscono oggi all’iniziativa? Sempre secondo Facciamolaconta “sono solo 100, su più di 2000, come scritto sul sito del MiBact, le sale teatrali in Italia che aderiscono alla Giornata del Teatro, proponendo al pubblico, nella quasi totalità dei casi, non spettacoli gratuiti ma visite guidate in orario mattutino o pomeridiano, per piccoli gruppi di partecipanti, nelle strutture teatrali, raccontate come musei e non come luoghi di cultura viva. Un grande flop”.
E se anche le visite guidate, quando ben fatte e non ‘mummificate’, possono diventare occasione di curiosità, scoperta e avvicinamento al teatro, è pur da evidenziare come questa scelta sia dettata dal costo certamente inferiore rispetto alla messa in scena di uno spettacolo. Perché, e qua sta uno dei nodi, le strutture che aderiscono all’iniziativa (qui trovate l’elenco) se ne fanno carico anche economicamente.
In qualche modo portavoce delle strutture con budget ridotti è il Teatro Libero di Milano, che ha scelto una propria modalità per ‘festeggiare’ comunque la giornata di oggi: “Non possiamo non rilevare l’unilateralità dell’iniziativa, che se fa perno sull’“opportunità di riscoprire il piacere dello spettacolo dal vivo”, lo grava però in toto alla “generosità e alla sensibilità dei teatri italiani”, a cui l’iniziativa viene di fatto imposta in modo unilaterale. Stando così le cose, ed essendo nostra convinzione che un’azione di sensibilizzazione allo spettacolo dal vivo vada condotta, sì, ma che non possa esaurirsi nella vacatio di un semel in anno, scegliamo di declinarla a modo nostro. Chiediamo, a chi verrà al Teatro Libero oggi, comunque di corrispondere il prezzo del biglietto, ma c’impegniamo a rimborsarlo, offrendo modo di scegliere fra gli spettacoli dell’intera stagione. Perché il teatro, come la vita, si fa tutti i giorni”.
La proposta di offrire oggi spettacoli gratuiti ricade in qualche modo su chi “se lo può permettere”, ossia strutture più grandi e “ricche”. Citiamo come esempi, non esaustivi, di spettacoli in scena oggi il circo contemporaneo di El Grito a Jesi, al Teatro Pergolesi e al Moriconi; a Urbino l’”Arlecchino servitore di due padroni” di Cantina Rablé; mentre lo Stabile di Torino propone una doppia replica mattutina di uno spettacolo per famiglie, e pomeridiane degli spettacoli in cartellone in questi giorni: “Il giardino dei ciliegi” di Cechov diretto diretto da Valter Malosti e “La signorina Felicità ovvero la Felicità. Omaggio a Guido Gozzano”, diretto da Betti Merlin con Lorena Senestro, oltre alle prove aperte di “Come vi piace” di Shakespeare nell’allestimento di Leo Muscato, prima che parta per la tournée in Cina.
Più “tirchio” Teatro di Roma che, insieme a due visite-spettacolo ai teatri India e Argentina, offre le prove aperte a 80 spettatori per i “Ragazzi di vita” pasoliniani proposti da Massimo Popolizio, nuova produzione che debutterà il 26 ottobre.
A Milano la Scala apre al pubblico la prova antegenerale della nuova produzione de “Le nozze di Figaro” diretta da Franz Welser-Möst per la regia di Frederic Wake-Walker. Mentre la Triennale propone gratis la replica del controverso “GO GO GO” di Sokurov.
C’è da augurarsi, nello spirito della giornata, che questi sforzi siano comunque “ripagati” – e il termine non potrebbe risultare più ironico – da sale affollate.
Abbiamo scambiato qualche battuta su questi temi con Carlotta Viscovo, che rappresenta la voce dei lavoratori dello spettacolo dal vivo, in quanto giovane attrice da anni divisa – anche professionalmente – tra Roma, Milano e Torino, e da poco nominata coordinatrice nazionale della sezione attori di Slc-Cgil.
Carlotta, cosa ne pensi di questa iniziativa?
Penso sia positivo incentivare il pubblico a venire a teatro, ma il nostro Ministro non può indire un evento del genere senza stanziare alcun fondo. Non è la prima volta che Franceschini si fa bello nel proporre iniziative chiedendo agli artisti di lavorare gratuitamente. Dà la prova di non conoscere assolutamente il mondo dello Spettacolo dal Vivo: i costi che ci sono dietro a “un’andata in scena” e le condizioni in cui versano soprattutto gli artisti che ci lavorano.
Cosa dovrebbe fare il Mibact?
Per rendere davvero onore al teatro italiano, perché si possa “festeggiare”, il nostro Ministro dovrebbe al più presto occuparsi di una legge per lo Spettacolo dal Vivo che tuteli non solo le imprese, ma i lavoratori di tutte le categorie, in primis gli artisti.
Un attore di una compagnia indipendente può vivere, oggi, solo di questo mestiere?
Non si tratta solo di chi lavora in una compagnia indipendente. L’intera categoria degli attori stenta a vivere del proprio lavoro! Secondo una bella indagine condotta dalla CGIL, basata su dati reali, nel 2014 su più di 50.000 attori che in quell’anno hanno versato contributi pensionistici, la media di giornate lavorative in ambito teatrale è di 44,5. Si fa in fretta a desumere che, così, non ci si campa!
Come hai reagito alla tua nomina?
Sono stata lusingata che me lo abbiano chiesto, e lo vivo come una grossa responsabilità. Sono attiva all’interno del sindacato da qualche anno e il fatto che abbiano voluto me, donna-under40-attrice di prosa-non famosa, per rappresentare la categoria, denota il fatto che il sindacato voglia rinnovarsi. La segretaria nazionale di SLC, Emanuela Bizi, in carica da tre anni, è molto competente, agguerrita e in grande ascolto rispetto alle nostre esigenze; non avrei accettato senza essere sicura del suo sostegno!
Cosa pensi di poter fare di tangibile?
Vorrei che gli attori superassero l’individualismo a cui sono abituati e si riconoscessero come lavoratori appartenenti ad una categoria che, se compatta, può pretendere di recuperare la dignità che le è stata tolta dalle istituzioni.
Prima esigenza su tutte: il riconoscimento giuridico della figura dell’attore, in seguito al quale chiedere un allargamento delle tutele e degli ammortizzatori sociali. Agli attori non è riconosciuta la malattia, è difficilissimo ottenere il sussidio di disoccupazione e la maternità, in molti sono obbligati ad aprire Partita Iva, nonostante lavorino da subordinati.
Io penso che il Sindacato, con le sue competenze giuridiche, politiche e legali, sia lo strumento più adatto per migliorare la nostra condizione. Ma se non alziamo le teste in tanti, purtroppo siamo destinati a soccombere. Ben vengano anche associazioni di categoria e movimenti come Facciamolaconta, di cui faccio fieramente parte, ma sono convinta che ci si debba unire.
Quali sono invece le azioni – a livello istituzionale – che possono avvicinare nuovo pubblico al teatro?
Difficile rispondere. Penso che le istituzioni, invece di occuparsi del nostro settore solo da un punto di vista numerico, dovrebbero occuparsi della qualità e aiutare spettacoli belli, ma visti da pochi, a non morire. Anche la critica lo dovrebbe fare! E’ proponendo una qualità alta, che gli spettatori saranno incentivati a spendere il loro tempo e i loro soldi per andare a teatro.
Se non avessi fatto l’attrice, che mestiere avresti provato a fare?
Nessun altro, davvero. Tanto che non mi sono mai posta questa domanda. Forse avrei lavorato con i bambini…