Giornata Mondiale del Teatro. Il messaggio di Isabelle Huppert

Isabelle Huppert è Blanche DuBois nel "Tram" di Tennessee Williams diretto da Warlikowski
Isabelle Huppert è Blanche DuBois nel "Tram" di Tennessee Williams diretto da Warlikowski

Oggi, 27 marzo, si celebra la Giornata Mondiale del Teatro, istituita a Parigi nel 1962 dall’International Theatre Institute dell’Unesco.
Ogni anno, nei teatri e nelle realtà culturali che sostengono e aderiscono all’iniziativa, risuona un unico messaggio, affidato a una personalità della cultura mondiale, per testimoniare le riflessioni vive sul tema del teatro e della cultura della pace.
Quest’anno la scrittura del messaggio è stata affidata a Isabelle Huppert, vincitrice di numerosi riconoscimenti e candidata all’ultimo Premio Oscar come miglior attrice protagonista per “Elle” di Paul Verhoeven.


E’ da 55 anni che ogni primavera si svolge la Giornata Mondiale del Teatro. Una giornata, cioè 24 ore, che cominciano con il Teatro NO e Bunraku, passano per l’Opera di Pechino e il Kathakali, si soffermano tra la Grecia e la Scandinavia, vanno da Eschilo ad Ibsen, da Sofocle a Strindberg, poi passano tra l’Inghilterra e l’Italia, da Sarah Kane a Pirandello, e attraversano anche la Francia, dove siamo noi e dove Parigi è ancora la città che accoglie il maggior numero di compagnie teatrali straniere in tutto il mondo. Poi le nostre 24 ore ci portano dalla Francia alla Russia, da Racine e Molière a Cechov, e attraversano l’Atlantico per finire in un campus della California, dove forse dei giovani reinventano il teatro. Perché il teatro risorge sempre dalle proprie ceneri. Non c’è convenzione che non si debba instancabilmente abolire. E’ così che il teatro resta vivo. Il teatro ha una vita rigogliosa che sfida lo spazio e il tempo, le opere teatrali più contemporanee si nutrono dei secoli passati, i repertori più classici diventano moderni ogni volta che li si mette in scena di nuovo.

Nel 1964, in occasione di questa giornata del teatro, Laurence Olivier annunciava che, dopo più di un secolo di lotte, era stato finalmente creato in Inghilterra un teatro nazionale, che egli aveva subito voluto che fosse un teatro internazionale, quantomeno nel suo repertorio. Sapeva che Shakespeare apparteneva a tutti nel mondo.

Mi ha fatto piacere sapere che il primo messaggio di queste Giornate Mondiali del Teatro nel 1962 è stato affidato a Jean Cocteau,  designato – non è vero? –  in quanto autore di “un giro del mondo in 80 giorni “. Io ho fatto il giro del mondo in modo diverso, l’ho fatto in 80 spettacoli o in 80 film. Includo i film perché non faccio differenza tra recitare a teatro e recitare al cinema, cosa che sorprende ogni volta che la dico, ma è vero, è così. Nessuna differenza.

Parlando qui io non sono me stessa, non sono un’attrice, sono solo una delle tante persone grazie alle quali il teatro continua ad esistere. È un po’ il nostro dovere. E il nostro bisogno. Come dire: noi non facciamo esistere il teatro, ma è piuttosto grazie a lui che esistiamo. Il teatro è molto forte, resiste, sopravvive a tutto, alle guerre, alle censure, alla mancanza di denaro. Basta dire: “La scenografia è una scena nuda di un’epoca indefinita” e far entrare un attore. O un’attrice. Che cosa farà? Che cosa dirà? Parleranno?
Il pubblico aspetta, lo saprà, quel pubblico senza il quale non c’è teatro, non lo dobbiamo mai dimenticare. Una persona nel pubblico è un pubblico. Anche quando ci sono troppe sedie vuote! Tranne per Ionesco… Alla fine la Vecchia dice: “Sì, sì moriamo in gloria… Moriamo per entrare nella leggenda … Almeno avremo la nostra strada…”.

La Giornata Mondiale del Teatro esiste da 55 anni. In 55 anni sono l’ottava donna a cui viene chiesto di scrivere il messaggio, anche se non so se la parola “messaggio” sia appropriata. I miei predecessori (il maschile è d’obbligo!) parlano di teatro d’immaginazione, di libertà, di origine, hanno evocato il multiculturalismo, la bellezza, le domande senza risposte…
Nel 2013, solo quattro anni fa, Dario Fo diceva: “La sola soluzione alla crisi è  sperare che, contro di noi e soprattutto contro i giovani che vogliono apprendere l’arte del teatro, si organizzi una forte caccia alle streghe: una nuova diaspora di commedianti che senz’altro, da quella imposizione, sortirà vantaggi inimmaginabili per una nuova rappresentazione”.
‘Vantaggi inimmaginabili’ è una bella formula, degna di figurare in un programma politico, no? E poiché sono a Parigi poco tempo prima di un’elezione presidenziale, suggerisco a coloro che sembrano aver voglia di governarci, di fare attenzione ai vantaggi inimmaginabili apportati dal teatro. Ma nessuna caccia alle streghe!

Il teatro per me è l’altro, il dialogo, l’assenza di odio. L’amicizia tra i popoli, non so bene che cosa significhi, ma credo nella comunità, nell’amicizia tra gli spettatori e gli attori, nell’unione di tutti quelli che il teatro riunisce, quelli che scrivono, che traducono, quelli che lo illuminano, lo vestono, lo decorano, quelli che lo interpretano, quelli che lo fanno, quelli che ci vanno. Il teatro ci protegge, ci dà rifugio… Sono convinta che ci ama… tanto quanto noi l’amiamo… Mi ricordo di un vecchio direttore di scena, all’antica, che prima di sollevare il sipario, dietro le quinte, ogni sera diceva con voce ferma: “Spazio al teatro!”. Questa sarà la parola finale.

Isabelle Huppert

(Traduzione dal testo originale francese di Roberta Quarta del Centro Italiano dell’International Theatre Institute)

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