Il messaggio di Jon Fosse per la 62^ edizione della manifestazione promossa dall’International Theatre Institute
Fu istituita a Vienna nel 1961, su proposta dell’autore finlandese Arvi Kivimaa. Dal 1962, il 27 marzo di ogni anno si celebra la Giornata Mondiale del Teatro davanti a governi, politici e istituzioni che forse ancora non ne hanno riconosciuto il pieno valore. La Giornata del Teatro, ideata e promossa dall’International Theatre Institute dell’Unesco, è così giunta alla sua 62^ edizione.
Oggi, in varie parti del mondo – e in Italia – una serie di eventi la ricordano, anche attraverso un discorso che ogni anno viene preparato da un artista di livello internazionale. Per il 2024 il messaggio è stato affidato allo scrittore e drammaturgo norvegese Jon Fosse, Premio Nobel 23, che ha deciso di mandare un messaggio semplice quanto drammaticamente urgente.
“L’arte, la buona arte, riesce, in modo meraviglioso, a coniugare l’assolutamente unico con l’universale. Ci permette di comprendere ciò che è diverso – ciò che è estraneo, si potrebbe dire – in quanto universale. Così facendo, l’arte supera i confini tra le lingue, le regioni geografiche, i paesi, mettendo insieme non solo le qualità individuali di ciascuno, ma anche, in un altro senso, le caratteristiche individuali di ogni gruppo di persone, ad esempio di ogni nazione. L’arte non lo fa appiattendo le differenze e rendendo tutto uguale, ma, al contrario, mostrandoci ciò che è diverso da noi, ciò che è estraneo o straniero. Tutta la buona arte contiene proprio questo: qualcosa di estraneo, qualcosa che non possiamo comprendere completamente e che, allo stesso tempo, in un certo senso, comprendiamo. Contiene un mistero, per così dire. Qualcosa che ci affascina e che ci spinge oltre i nostri limiti, creando così quella trascendenza che ogni arte deve contenere in sé e alla quale deve condurci. Non conosco modo migliore per unire gli opposti […] Tutta la buona arte, in fondo, si basa sulla stessa cosa: prendere l’assolutamente unico, l’assolutamente specifico, per renderlo universale. Unire il particolare all’universale, esprimendolo artisticamente: non eliminando la sua specificità, ma enfatizzandola, lasciando risplendere ciò che è estraneo e non familiare”.
A Torino, quest’anno, la ricorrenza si intreccia con i festeggiamenti per i 50 anni del Centro Studi del Teatro Stabile. E così stasera, alle 20.45 al Teatro Gobetti, partirà la serata (ad ingresso libero, su prenotazione dal sito dello Stabile) attraverso “I 50 anni del centro studi. Voci, testimonianze, documenti” a cura di Giulio Graglia, una sorta di talk show fra passato e presente con interventi, fra gli altri, di Filippo Fonsatti (Direttore del Teatro Stabile di Torino), Anna Peyron (responsabile del Centro Studi), Pietro Crivellaro (responsabile del Centro Studi dal 1981 al 2017), Leonardo Lidi (attore e regista, vicedirettore Scuola per Attori dello Stabile torinese), Marco Lorenzi (regista e fondatore della compagnia Il Mulino di Amleto) e Thea Dellavalle (drammaturga e regista).
Ma oggi farà la sua comparsa sul web anche il Fondo Eugenio Allegri, recentemente donato dalla famiglia proprio al Centro Studi dello Stabile, e in corso di catalogazione. L’archivio digitale è nato dalla volontà di tenere viva la memoria di Eugenio Allegri attraverso foto, video, rassegne stampa e documenti. Il progetto, sostenuto dallo Stabile, è stato finanziato attraverso una campagna di crowdfunding, e consentirà di ripercorrere le tappe principali della carriera di Allegri. A partire da oggi sarà quindi possibile consultare una prima selezione di materiali a questo link.
Ma vogliamo segnalare anche un altro evento particolare, ancora a cavallo fra passato e presente.
Il Festival Scene di Paglia propone per stasera, alle ore 21 al Cinema Politeama di Piove di Sacco, la proiezione del film “Il teatro vive solo se brucia” del regista Marco Zuin, un documentario che racconta un tempo in cui il teatro non restava ad aspettare il pubblico, ma si metteva in viaggio per andare a cercarlo nei piccoli e grandi centri, facendo uscire le persone dalle case e radunandole nelle piazze.
L’epopea dei teatri viaggianti in Italia, dal primo dopoguerra fino all’avvento della televisione, viene raccontata dalla voce di chi quegli anni li ha vissuti: la famiglia Carrara, una delle ultime famiglie d’Arte ancora in attività, una dinastia teatrale che discende dalle antiche compagnie itineranti del Cinquecento.
La loro storia è quella di un teatro popolare oggi scomparso e di un’Italia radicalmente mutata. In un viaggio che parte dalla Sicilia e arriva in Veneto, i Carrara attraversarono tutto il Paese, portando il teatro in luoghi in cui altrimenti non sarebbe forse mai arrivato.
Oltre agli spettacoli in scena stasera sui vari palchi d’Italia, per la Giornata del Teatro ricordiamo domani, giovedì 28 marzo alle ore 19, sul canale youtube e sulla pagina facebook dell’International Theatre Institute Italia, un giorno di testimonianza e memorie in poesia per la tragedia del Katër i Radës.
Il progetto è ideato da Ermelinda Bircaj e Fabio Tolledi per ricordare la tragedia dell’imbarcazione albanese Katër i Radës, speronata dalla Marina Militare Italiana il 28 marzo 1997, con a bordo circa 120 persone di origine albanese, prevalentemente donne e bambini, diretti in Italia. Nel tentativo di contrastarne l’approdo sulla costa italiana, lo speronamento causò l’affondamento dell’imbarcazione, con la morte di 81 persone, 27 dispersi e solo 34 superstiti.
In un mondo in cui le tragedie si ripetono, guerre e stragi si moltiplicano, vogliamo concludere con le parole di Jon Fosse: “La guerra e l’arte sono opposti, proprio come lo sono la guerra e la pace. È semplicemente così. L’arte è pace”.