La donna è meravigliosa. La donna è l’universo. Forse questa è una concezione tantrica. La donna è la parte altrui dell’uomo, ma gli è superiore perché essa nasce adulta, antica…
(Federico Fellini)
“Giulietta Vox” è stato il terzo appuntamento di una ricca monografia dedicata dal Teatro Valle di Roma a Valter Malosti e al suo Teatro di Dioniso, l’occasione per approfondire la figura di un artista che rappresentano una delle esperienze più interessanti ed eclettiche del nostro panorama teatrale.
Un viaggio all’interno dei suoi lavori, all’interno di una personale ricerca che si muove fra tradizione e sperimentazione, alla scoperta di un artista versatile e complesso, di un regista-attore-autore-sperimentatore che dà voce e corpo ad autori sia contemporanei che classici, rivisitati e filtrati attraverso una sua rilettura personale contaminata dalle arti visive e dalla musica, da un costante dialogo con la contemporaneità.
Il teatro di Malosti è un teatro sensibile, in cui il fulcro del “fare teatro” è rappresentato dall’emozione e dal corpo dell’attore. Il suo confronto con i testi classici (sempre ritradotti o riscritti) è di forte impatto, caratterizzato da ritmi intensi e innovativi, innestati all’interno di partiture contemporanee.
“Giulietta Vox”, reading che l’autore vicentino Vitaliano Trevisan ha adattato a partire dal racconto “Giulietta” di Federico Fellini, è un monologo intimo, struggente e fortemente evocativo, dotato di una forza dirompente, che Malosti affida ad una intensa Michela Cescon e dirige con il consueto rigore. Malosti definisce il lavoro «una struggente favola psicanalitica, una favola contemporanea dai toni mozartiani sull’identità frammentata, sull’anima, raccontata con un tono vagamente infantile e inquietante, una moderna Alice attraverso lo specchio, specchio con il quale si aprono e si chiudono lo spettacolo e il racconto felliniano».
Il debutto di sette anni fa valse al regista piemontese il Premio Hystrio per la regia, il Premio della critica teatrale 2003-2004 e all’attrice l’Ubu 2004 alla migliore interpretazione femminile.
Malosti riesce a evidenziare i risvolti intimi, a scoprire il non detto, le ambiguità testuali, ponendo sempre al centro della scena il corpo dell’attore.
L’interpretazione di Michela Cescon è drammatica e ironica al tempo stesso, la sua Giulietta è un personaggio complesso e complicato. L’allestimento, elemento decisivo dello spettacolo, parte da una precisa idea drammaturgica che si traduce in un’invenzione scenografica, la creazione di un estroso personaggio-costume: Giulietta, come Winnie di “Giorni felici”, è una sorta di clown, o forse un angelo, inchiodato alla pista di un piccolo circo, sotto un telone da cui fuoriesce il busto, un’esile presenza femminile che emerge da un’enorme gonna, come fosse un’anima prigioniera. Al centro di questa piccola montagna beckettiana o chapiteau di circo rovesciato Giulietta somiglia a una farfalla catturata e lì dimenticata, circondata da tutti i suoi fantasmi, gli spiriti, evocati da una fittissima partitura di suono.
Con questo raffinato apparato metaforico Cescon si misura, si confronta, si batte, lavorando su una ferrea partitura interpretativa, fisica e vocale scandita dalle musiche di Nino Rota e dalle musiche originali di Giovanni D’Aquila, agile e veloce a moltiplicarsi in tante voci diverse, muovendosi facilmente dagli stupori infantili ai sinistri sussurri spettrali.
La presenza di Cescon è caratterizzata da un’innata ed eterea leggerezza, risultato di un duro e costante lavoro su corpo e voce. La sua è un’eccellente prova d’attrice, che ci regala uno spettacolo dolce e forte, di poetica misura e di ampio respiro, tratteggiando con bravura e rigore la storia di un’anima offesa che la verità del tradimento del marito cerca di strappare al rapporto surreale, sognato, infantile che ha con la realtà.
A dispetto della presenza di un’unica attrice in scena, il vero fulcro dello spettacolo è la pluralità, sapientemente sottolineata dalla regia di Malosti, affine all’installazione, portatrice di un carattere visionario che traduce ogni astrattezza in pura visione.
In scena, un piccolo frammento onirico, magico attraversato dallo stupore e dal candore di Giulietta, una creatura buffa e dotata di una forte e viva immaginazione, che più che vivere ricorda, sogna, fantastica, immagina. Malosti, Trevisan e Cescon hanno creato un mondo originale, surreale, dal sapore beckettiano.
Come uno struggente clown, la protagonista crea e raccontarsi un’infinità di vite complementari, strizzando l’occhio alla Giulietta Masina de “La Strada”; ma è anche creatura antica, etera, e nel cuore – come diceva Fellini – superiore all’uomo.
GIULIETTA VOX
da Federico Fellini
adattamento; Vitaliano Trevisan
regia: Valter Malosti
con: Michela Cescon
produzione: Teatro di Dionisio in collaborazione con Piccolo Regio di Torino
durata spettacolo: 1h 12′
applausi del pubblico: 2′ 43”
Visto a Roma, Teatro Valle, l’8 marzo 2011