Dopo la lunga esperienza teatrale con Ricci/Forte, Sartori è ora lanciato in una carriera ‘solista’ che gli sta regalando nuove soddisfazioni
Giuseppe Sartori arriva al nostro appuntamento in bicicletta, destreggiandosi perfettamente nei vicoli di Ortigia, la piccolissima isola di Siracusa caratterizzata dalle scogliere scenografiche che ricordano un po’ la costa Serra de Sintra, a Nord di Cascais. Non è l’oceano Atlantico, ma il Mediterraneo con le sue storie di mare e con i silenzi pomeridiani tipici di una domenica pomeriggio siciliana, ricca di sole, di sapori e di profumi.
Al termine della penultima replica di “Edipo Re” di Robert Carsen, a Sartori è stato conferito il Premio Stampa Teatro, giunto alla sua diciannovesima edizione, organizzato da Assostampa Siracusa. La motivazione recita che: «Ha dato tutto sé stesso al personaggio mettendosi al servizio delle parole della tragedia e del suo autore». «Uno spettacolo che ha avuto il coraggio del silenzio – ha ricordato Antonio Calbi, attuale sovrintendente dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico – ma anche il coraggio dell’ascolto e della purezza del teatro.»
La carriera di Sartori inizia presso la Scuola del Piccolo Teatro di Milano, dove si diploma nel 2008. Un anno dopo comincia la lunga esperienza di teatro con Ricci/Forte e, infine, si perfeziona alla Ecole des Maitres in Francia. Indispensabili sono stati i numerosi viaggi e le esperienze internazionali che lo hanno arricchito a livello professionale e umano.
Di recente è stato protagonista, subito dopo la lunga parentesi al Teatro Greco di Siracusa, de “I segreti di Milano” al festival teatrale Anteprime e non solo, una mise en espace o, meglio, una “jam session d’amore tra musica e parole”, con i brani delle opere di Giovanni Testori. Sartori sarà poi impegnato a Napoli con il testo e la regia di Alessandro Paschitto, mentre nel 2023 ci sarà la ripresa di “Peng” al Teatro Vascello di Roma.
Abbiamo avuto il piacere di incontrarlo e intervistarlo perché è un attore che sa usare i linguaggi del passato e del presente alternando le caratteristiche di un animo ora dionisiaco, ora apollineo. E, ancora prima, trova nel corpo la forza e l’energia da usare per far pulsare di vita la parola.