Non accade spesso di piangere a teatro, ma “Going Through” è una perla rara. Al Bush Theatre di Londra gli applausi alla press night sono semi-silenziosi – perché il pubblico è composto al 50% da non udenti, che per applaudire alzano le mani aperte verso il cielo e le fanno vibrare in aria – e durano pochissimo. Ma la brevità non deve sorprendere: si sa che le convenzioni inglesi sono ben lontane da quelle italiane quanto ad afflato, e una chiamata sola è piuttosto normale.
Questo spettacolo, che mi ha commosso con la sua storia di migrazione, amore materno e femminismo, è una perla rara per tanti motivi: prima di tutto perché è un testo in traduzione (meno del 4% delle produzioni in UK lo sono ogni anno), poi perché è multilingue (cosa ancora più inusuale), e infine perché è un esempio di quello che Jenny Sealey, direttrice artistica di Graeae Theatre Company, chiama da anni ‘estetica dell’accessibilità’.
Si tratta di un teatro che non esclude nessuno, né sul palco né in platea, promuovendo le diversità tra i membri del cast e accogliendo modalità spettatoriali di ogni tipo: pubblico non udente, non vedente, nello spettro autistico e diversamente abile.
Il testo della drammaturga Estelle Savasta, originariamente scritto in francese e linguaggio dei segni francese, qui tradotto da Kirsten Hazel Smith, è diretto con grande cura dal pluripremiato regista italo-palestinese Omar Elerian. La presenza dell’inglese è arricchita dal linguaggio dei segni inglese (BSL), dall’uso creativo dei sottotitoli e del cosiddetto ‘visual vernacular’, un linguaggio dei segni intuitivo che può essere capito dagli spettatori vedenti, anche senza conoscere il BSL vero e proprio.
Youmna (interpretata da Nadia Nadaraja, nota attrice sordomuta) è una donna sorda, e Nour (la giovane Charmaine Wombwell), una ragazzina udente. Le due vivono insieme in un paese indefinito, in cui le donne sono marginalizzate e le bambine non possono andare a scuola. Youmna si prende cura di Nour pur non essendo sua mamma, ma un giorno la manda via in cerca di un futuro migliore, affidandola ad uno sconosciuto e mettendole in tasca una scatola che potrà aprire solo il giorno in cui diventerà donna (“Per noi è il giorno in cui passiamo dalla casa paterna a quella del marito / Per te sarà diverso”, dice Youmna a Nour).
Passando di mano in mano da un trafficante all’altro, Nour riesce ad approdare in un paese in cui, dopo tanti sacrifici, vede realizzare il suo sogno di aiutare altre donne a partorire, ottenendo un permesso di soggiorno e una qualifica da ostetrica.
Il giorno in cui fa nascere la prima bambina, Nour dà alla luce anche sé stessa, diventando donna.
Ma la scatoletta di Youmna contiene una lettera con un segreto molto doloroso.
La scenografa irachena-britannica Rajha Shakiry disegna una macchina scenica semplice e versatile che accomoda con agilità le proiezioni e i sottotitoli, e interagisce con le suggestive atmosfere sonore di Elena Peña. I video di Nina Dunn suggeriscono paesaggi indeterminati.
Il viaggio di questo spettacolo verso Londra cominciò nel 2016, quando Elerian, Associate Director al Bush, lo selezionò per una breve lettura al Soho Theatre, sponsorizzata dal Centro Culturale Francese nel Regno Unito all’interno del programma Cross Channel Theatre, un gruppo di lettura che promuove la drammaturgia contemporanea francese in Gran Bretagna. Scelta tra i pochi invitati, ricordo la vivida sensazione di aver assistito a qualcosa di speciale anche se in forma ridotta.
Questa produzione (in scena fino al 27 aprile) segna una nuova strada, sia per il Bush che per il teatro inglese, sulla via dell’accessibilità come estetica integrata: si celebrano i valori dell’eguaglianza, della diversità e dell’inclusione tramite il teatro che, pur vantandosi delle sue ‘origini’ mitologiche-democratiche nell’antica Grecia, spesso esclude più di quanto accoglie.
Si tratta allora di una boccata d’aria fresca nel panorama delle tensioni politiche e sociali nel Regno Unito degli ultimi tempi; un modello anche per l’Italia e l’Europa. E al diavolo Brexit!
Going Through
Con Nadia Nadarajah e Charmaine Wombwell
Testo di Estelle Savasta
Tradotto da Kirsten Hazel Smith
Regia di Omar Elerian
Assistente alla Regia Louise Stern
Scene e costumi di Rajha Shakiry
Video di Nina Dunn
Suono di Elena Peña
Produzione di Bush Theatre e Institut français du Royaume Uni
durata: 1h 15’
applausi del pubblico: 1’
Visto a Londra, Bush Theatre, il 3 aprile 2019