Mettersi alla prova con Graces, anche quando la residenza è online

I partecipanti alla residenza|
I partecipanti alla residenza|

“La Grazia risiede in ognuno di noi. Ma aggraziato non è necessariamente bello. Eppure, il solo nome evoca un immaginario collettivo costituito da una serie di movimenti, gesti e attitudini legati a un mondo ovattato, bianco e leggero. Scardinare, prendere e smuovere questo concetto per osservare quali altre forme possa assumere e quanto possa essere vissuto in prima persona, in modo ironico e divertente, è ciò che mi ha spinto ad interessarmi a questo lavoro e a partecipare alla call”.

E’ con queste parole che la giovane performer Valentina Bosio ha motivato la sua scelta di partecipare al progetto di residenza creativa “Danza Pubblica – Graces”, organizzata dalla compagnia calabrese Scenari Visibili, diretta da Dario Natale, intorno alle potenzialità immaginative del pluripremiato spettacolo di Silvia GribaudiGraces”: “Mettere in luce quelle zone d’ombra di noi che siamo soliti isolare ed escludere, perché colpevoli di essere in difetto, per scoprirne la ricchezza e lasciarsi sorprendere dall’inconsueto… Questa è per me una necessità molto forte, non solo come artista ma anche come donna” prosegue Valentina.

Anche noi abbiamo voluto assistere dal 13 al 17 aprile, seppur non partecipandovi direttamente, ai primi passi della residenza creativa, svoltasi in streaming, durante la quale la coreografa torinese, coadiuvata dai suoi collaboratori e interpreti dello spettacolo (Siro Guglielmi, Matteo Marchesi ed Andrea Rampazzo), in modo ‘performativamente’ ironico ha indagato il concetto di Grazia e le sue innumerevoli possibilità e suggestioni rispetto al corpo, così diverso l’uno dall’altro.

In questo modo abbiamo potuto osservare il primo evolversi del progetto, a stretto contatto con i 35 giovanissimi partecipanti, che si sono mossi in sintonia con i divertenti stimoli provenienti dalla Gribaudi e dai suoi collaboratori.
Nel proseguimento dell’iniziativa saranno posti anche spunti di ricerca e giochi all’aperto, attraverso cui ogni partecipante potrà costruire un proprio materiale coreografico e fisico ispirato allo spettacolo, che verrà studiato insieme ai performer e alla coreografa e proposti in un video conclusivo.

“Danza Pubblica – Graces” si pone in questo modo in stretto rapporto con una delle caratteristiche precipue della danza contemporanea, quella di poter coinvolgere in modo sì giocoso, ma anche profondo, un maggior numero di persone, facendo uscire la stessa danza dal guscio protettivo e d’élite dentro cui per molti anni si era nascosta, e che lo spettacolo della Gribaudi ha cercato di scardinare attraverso una coreografia “ludica” che potesse liberare, allo stesso tempo, il corpo dei performer in scena e quello partecipante del pubblico.

Questo modo di porsi ci è parso evidente in tutti gli stimoli offerti ai ragazzi durante i primi giorni di residenza. Attraverso accompagnamenti musicali sempre diversi, sono stati proposti numerosi incitamenti: avere fiducia nel proprio corpo qualsiasi esso sia, il piacere del movimento, sentirsi diversi a seconda dell’emozione suggerita, con il conseguente adattamento dei gesti, il consapevole utilizzo di ogni parte del proprio corpo, sino alla possibile creazione di una personale coreografia. Tutto ciò regalato in modo brillante e mai banale. Si è inoltre collocato l’accento sulle possibilità performative che ognuno possiede, per mezzo di improvvisazioni teatrali che anche il mezzo digitale può offrire.
Molto interessante è stato osservare i partecipanti nel loro diversissimo modo di interpretare le sollecitazioni della Gribaudi. Ciascuno degli spazi, offerti ai nostri occhi dalla piattaforma Zoom, è stato abitato da ognuno dei ragazzi e delle ragazze coinvolti in modo personale, con l’esigenza assoluta di mettere alla prova il proprio corpo, confrontandolo con quello degli altri, ed esplorandone tutte le potenzialità, spesso nascoste dall’abitudine.

Abbiamo parlato delle 35 adesioni, quasi tutte da parte di giovani, soprattutto donne che, con esigenze diverse, vogliono avvicinarsi alla professione. Di loro abbiamo colto, oltre a quella di Valentina, altre motivazioni, utili a comprendere perché voler affrontare un progetto così inclusivo e “partecipante”. Chiara Pintus, per esempio, ha espresso così la sua adesione: “La residenza potrà essere una possibilità magica per silenziare la giudice che ho dentro me: con leggerezza, trovare nuove forme di libertà e di confidenza, non solo con il mio corpo e la mia femminilità, ma soprattutto confrontandomi con altri corpi, con altre identità, con altre storie diverse dalle mie, che si esprimono nel loro modo unico e che possono stupirmi e insegnarmi”.

“Confesso che non ho mai visto ‘Graces’ – ammette Arianna Favaretto Cortese – ma ho partecipato a questa residenza perché sono in una fase di trasformazione e di scoperta del mio corpo. Da gennaio tengo un corso di teatro per stranieri, che mi regalano ad ogni lezione movimenti ed approcci provenienti da tutto il mondo: mi ricordano che il corpo ha infinite possibilità, e che fuori dalla “comfort zone” è più difficile stare ma è più bello vivere. Penso al movimento come ad un atto di liberazione e connessione. Da piccola mi hanno insegnato ad essere bella sulla scena, sto imparando negli ultimi anni ad essere vera…”.

Anche Angela Piccinni parla delle sue particolari esigenze: “Volevo fare qualcosa che era completamente in disaccordo con la mia disabilità… la danza. Sono sorda, e la danza ad oggi è il mio punto fermo nella vita, un mondo fatto di melodie e suoni, io l’ho trasformato in vibrazioni e battiti. Per molti il mio può essere un traguardo, mentre dal mio punto di vista sono solo all’inizio, e non ho intenzione di fermarmi”.

Già da questi primi passi, “Danza Pubblica – Graces” si è dimostrata un’esperienza assolutamente interessante per tutti quelli che vi hanno aderito, e al contempo un’occasione piena di sproni propositivi per indagare le nuove possibilità del movimento.

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