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Grimmless. O della relazione tra un fenomeno teatrale e il suo pubblico

Grimmless
Grimmless
Grimmless (photo: Daniele + Virginia Antonelli)

Si chiama “Grimmless” l’ultimo lavoro di ricci/forte (che Klp aveva videodocumentato al suo debutto alla Limonaia). “Senza Grimm”: ossia uno spettacolo sulla morte delle favole in questo presente malandato. Favole moderne e antiche: da quelle tradizionali più conosciute alla favola del matrimonio e a quelle che diventano violenze adolescenziali.

Rischiavano di ripetersi, prima o poi, Stefano Ricci e Gianni Forte. E in questo spettacolo pare vivano di rendita, non scandagliando fino in fondo l’universo fiaba ma crogiolandosi nel loro linguaggio d’impatto.
Dove sono le favole in questo spettacolo che celebra la loro fine? Ecco allora che, accanto ad alcune trovate geniali, i temi si ripetono e gli attori non rendono al meglio della loro bravura. Il testo non ha la forza devastante di “Macadamia Nut brittle” o di “Pinter’s Anatomy”; si autocompiace perdendosi nei già sentiti rimandi a Facebook e ad altri miti fasulli del contemporaneo.
Nel loro teatro fatto di quadri, ne restano alcuni spettacolari, come il letto di mele di una Biancaneve moderna, il plastico del luogo del delitto da talk show serale, il gioco infantile che diventa rissa e prevaricazioni in una scena molto fisica, e il finale: quando gli attori diventano statuette degli Oscar prima di scomparire goffi nei loro eleganti abiti extralarge.

L’attesa era forse troppa, e resta quindi un po’ di delusione personale, anche se il pubblico recepisce bene: ride, sta attento e si libera nel finale.
E sul legame tra “fenomeno ricci/forte” e pubblico si possono fare alcune riflessioni.

Partiamo da un postulato: tutti vogliono vedere i loro spettacoli (solo cinque repliche al Teatro India di Roma, biglietti esauriti da settimane, molta gente rimasta fuori). Era prevedibile, dopo i passati successi di critica e pubblico, ma loro, ricci/forte, purtroppo o per fortuna fanno parte di un teatro che non riesce a essere commerciale. E forse dovrebbe, migrando magari verso altri teatri, altri circuiti. Perché qui ormai si parla di un caso nazionale, con un pubblico di fan che dimostra un entusiasmo da concerto rock.
Alla base di questa passione c’è sì la forza degli spettacoli, ma anche l’occhiolino strizzato verso la comunità GLBT, oltre ad un lavoro certosino di comunicazione e promozione fatto alle spalle dei frontmen in scena.

Un altro spunto di riflessione si indirizza invece su come questo successo ‘smisurato’ (e perché mai, poi, il teatro non potrebbe permettersi fan come la musica?) non sia digerito e dia fastidio agli ambienti ‘snob’ di certe compagnie, che da un paio di decenni vanno avanti a colpi di FUS e venti spettatori a replica: quegli artisti che magari piacciono solo a qualche critico e non si capisce come facciano a campare.
Alla luce di questo, è interessante riflettere su come portare tanto pubblico in questo nostro teatro di innovazione paradossalmente possa quasi essere considerato, da alcuni, un difetto.
Fatto sta che ricci/forte, puntualmente, a ogni replica fanno il tutto esaurito. Teatro alla moda? Forse, certamente il risultato finale è un grosso pregio. Perché vedere un signore attempato che si scatena negli applausi accanto a un adolescente trendy che fa altrettanto è l’essenza dello stare insieme a teatro, per buona pace di caste e massoneria teatrale.

Grimmless
di ricci/forte
regia: Stefano Ricci
movimenti: Marco Angelilli
con: Anna Gualdo, Valentina Beotti, Andrea Pizzalis, Giuseppe Sartori, Anna Terio
assistente regia: Elisa Menchicchi
produzione: ricci/forte in collaborazione con Teatro Pubblico Pugliese_benvenuti
durata: 1h 20′

Visto a Roma, Teatro India, il 31 marzo 2011

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