Formatosi a Ravenna nel luglio 2003 come spazio di confronto e valorizzazione di competenze, interessi ed attività di un giovane gruppo di performer, l’esperimento artistico si è consolidato con la partecipazione alla finale del Premio Scenario di quello stesso anno, determinando il sodalizio fra gli elementi fondatori del gruppo: Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci e Roberto Rettura.
Avevamo conosciuto i ragazzi nel 2008 a Venezia, per poi rincontrarli per un breve scambio di punti di vista a margine del Festival di Dro 2009. L’occasione delle repliche al Pim Spazioscenico di Milano dello spettacolo “Sulla conoscenza irrazionale dell’oggetto”, penultimo lavoro di Nanou, ci ha spinti a confrontarci di nuovo con loro in maniera più estesa.
“Sulla conoscenza irrazionale dell’oggetto”, realizzato nell’ambito di Moving_Movimento ‘07, è un progetto di Fabbrica Europa/Santarcangelo dei Teatri/Giardino Chiuso-Teatro dei Leggieri, San Gimignano, Officina Giovani-ex Macelli, Comune di Prato; co-prodotto da quattro Cantieri per Fabbrica Europa, L’Arboreto-Teatro Dimora di Mondaino, Velvet Factory, Giardini Pensili e Centrale Fies.
E proprio nei cantieri di Prato nasce questo lavoro sulle paure e sulle angosce.
La poetica di Nanou ha sempre indagato il rapporto con gli spazi, con le architetture, volontarie e involontarie, del vivere contemporaneo.
Dalla produzione 2004/2005, “Namoro”, co-prodotto dal City Arts di Dublino e vincitore del premio speciale GD’A – Giovani Danz’Autori ‘04/’05, fino ad arrivare al progetto “Motel” e alle sue ‘stanze’ (spazi delimitati da luci sagomate in cui le azioni dei performer trovano ambiente), il ragionamento che viene offerto agli spettatori è sul ricreare luoghi ed emozioni che si originano in determinati spazi.
Sotto la luce di una pila o di un neon o di una luce blu, i corpi si muovono verso spasimi bloccati, verso esplosioni che non arrivano, in totale assenza di ogni struttura narrativa, in un impero oscuro dei sensi che il razionale tende a soffocare.
Tragitti di corpi automatici che vivono vicinanze e lontananze, prima ancora che dall’altro, dal sé, in un ricamo di disarmonie, cuore di un’indagine artistica che si muove nella penombra dell’incoscienza, in quell’irrazionale che potrebbe essere di interludio fra due atti di Sarah Kane.
Dopo cinque anni di esperienza si è certamente agli inizi, e sviluppare percorsi originali nel limitare fra teatrale e performativo sta diventando per tutti dannatamente complesso. Il rischio di chiudersi in angoli stretti di autoreferenza semantica è, per gli artisti che si muovono su questa direttrice, molto forte. Abbiamo quindi chiesto al Gruppo Nanou come vive il personale rapporto con il linguaggio, cosa significa lo spazio teatrale e quanto il corpo in movimento, la danza, l’incontro fra le arti può essere di ispirazione per indagare l’inconscio, sia dell’artista che dello spettatore.