Sogni e allucinazioni dal guardiano pinteriano secondo Lorenzo Loris

Il guardiano
Il guardiano
Da sinistra Gigio Alberti e Mario Sala (photo: Dorkin)

Nell’antichità erano sfondi naturali, poi tende per i comici di strada; per quelli di corte, fondali dipinti. Oggi, sono animate: sul palcoscenico le immagine proiettate si muovono insieme agli attori, sono interpreti come loro. Tanto che spesso ricalcano lo stesso protagonista presente in scena. Cloni virtuali, corpi senza peso, creature tanto verosimili quanto fantastiche. Davvero poetiche quelle proiettate sul palco del Teatro Out Off di Milano in occasione de “Il guardiano”, adattamento di Lorenzo Loris all’opera scritta nel 1959 da Harold Pinter.
In questo caso i contributi video rappresentano un valore aggiunto allo spettacolo dal vivo offerto da Gigio Alberti, Mario Sala e Alessandro Tedeschi, a tutto vantaggio della valorizzazione di un testo tragicomico, insieme leggibilissimo e complicato.

Tradotto da Alessandra Serra, usa ‘pinteresque’ per definire la tendenza dell’autore a combinare puntigliosamente le parole in giochi, ambiguità, figure retoriche e associazioni che rendono la sua scrittura riconoscibile, propria, quindi intoccabile. Loris però aggira l’ostacolo, si insinua dove può, con piccoli dettagli che non mascherano l’autore, anzi.
Giocando con il video, importando l’ambientazione dalla zona ovest di Londra alla periferia di Milano, il regista mette in scena uno spettacolo che comunque rispetta i tempi materiali, come pause, silenzi, salti di un secondo o quindici giorni, e l’urgenza principale del testo originale: mostrare personaggi sempre meno abituati e disposti ad ascoltarsi, impauriti l’uno dall’altro, quindi soli, addirittura violenti. Insomma, come chi si concede un piccolo tradimento “per apprezzare ancora di più il compagno”, Loris si concede un filo di sperimentazione per testare l’universalità di Pinter. Se ce ne fosse ancora bisogno.

Tra le note introduttive di “Harold Pinter. Teatro I” (nell’edizione Einaudi del 2003), Guido Davico Bonino riportava un primato italiano: sino al 1995, ben 68 titoli di Pinter furono scelti dai nostri registi. Dopo l’Inghilterra, il più alto numero di adattamenti di testi del drammaturgo inglese è andato in scena proprio nei nostri teatri.
Oggi in effetti, nel solo mese di novembre, il cartellone milanese propone sia “Il Guardiano” che “L’amante”, messo in scena da Le belle bandiere di Bucci/Sgrosso (dal 25 al 28 novembre al Tieffe Teatro). Questo dato basterebbe a dimostrare che i nodi da sciogliere per l’autore sono ancora stretti: violenza, oppressione, e una certa forma di inettitudine, mentale e pratica, da parte della società. Il tutto tradotto in “commedie in cui scopre il baratro che sta sotto le chiacchiere di tutti i giorni e spinge ad entrare nelle stanze chiuse dell’oppressione”.

Con questa motivazione vinse il Nobel per la letteratura nel 2005, anche se a rendere pubblica e spettacolare l’evoluzione mancata degli uomini è stato l’impegno costante del drammaturgo inglese sin dai suoi primi scritti, negli anni ‘60. Ecco perché ancora “Il guardiano”, oggi.

Uguale è l’arroganza, a oltranza, di chi giustifica i propri errori: Davies il vecchio barbone, nonostante puzzi come chi vive senza tetto, a parole predica igiene e ostenta un passato da pranzi e cene con piatti di ceramica. Non accetta regali, ma pretende favori da chi si dimostra disponibile con lui. E Aston lo fa, senza alcun interesse di ritorno, non economico, tantomeno affettivo. Aston per Pinter è un ragazzo sulla trentina che in passato ha subito un elettroshock, per Loris pure; in generale, è il diverso, il “venuto male” che si scarta. Uguale quindi è una società fatta di tante solitudini, per sfinimento, per mancanza di stimoli o per menefreghismo, egoismo o semplicemente esasperato egocentrismo; tanti costretti all’isolamento o “single, ma per scelta”.
La novità dell’adattamento scorre invece sullo schermo, proiezione alternata di strade reali e percorsi immaginati: fuori, nella società, e dentro ogni singola solitudine. A incorniciare l’ambientazione è la Milano dei Davies, dalla stazione centrale alle strade che portano in periferia, mentre a tracciare il labirinto interiore ai personaggi sono i loro stessi corpi e gli oggetti presi dalla scena/stanza: rispettivamente allucinazioni e sogni, si dimenano stretti e costretti in fasce-camicie di forza, o fluttuano liberi e leggeri, inconsistenti, o meglio infondati. Nessuno li può capire, niente cambierà.
A Milano fino al 12 dicembre.

IL GUARDIANO
di Harold Pinter
traduzione: Alessandra Serra
regia: Lorenzo Loris
con: Gigio Alberti, Mario Sala, Alessandro Tedeschi
durata spettacolo: 1h 50’
applausi del pubblico: 2’ 30’’

Visto a Milano, Teatro Out Off, il 17 novembre 2010

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