Handspring Puppet Company & Royal Ballet of Flanders: il ritorno di Ulisse tra animazione e danza

Il ritorno d'Ulisse in patria
Il ritorno d'Ulisse in patria
Il ritorno d’Ulisse in patria (photo: Johan Jacobs)

“Homecoming Scotland”, recita uno dei temi dell’Edinburgh Festival 2009. Noi che da poco siamo rientrati dalla capitale scozzese, questa frase ce la sussurriamo come un mantra. Dopo soltanto una settimana di full immersion nel teatro dell’anno che verrà, ci sentiamo fuori posto qui in Italia, in attesa di tornare a casa, noi che contiamo, uno dopo l’altro, i giorni che ci separano dal ritorno a Edimburgo. Malinconici. Come stessimo compiendo un lungo viaggio circolare. Come dei piccoli Ulisse. A casa ci aspetta quel teatro che si rinnova ogni anno, tessendo una lunga tela da svolgere nuovamente al calare di ogni sole. Come Penelope. Romantici, è vero, ma in linea con l’umore che pervade “The Return of Ulysses”, la nuova creazione del Royal Ballet of Flanders, e “Il ritorno d’Ulisse in patria” della Handspring Puppet Company.

Il direttore artistico di Edinburgh Jonathan Mills aveva ordinato, gli artisti hanno eseguito. Ogni frammento di questo festival 2009 si è unito all’altro a disegnare una linea comune. In questo caso quella del ritorno. Così nei programmi di sala come negli occhi degli spettatori, il balletto moderno fa coppia con l’opera di Claudio Monteverdi musicata dall’ensemble Ricercar Consort e animata dalla stupefacente compagnia di William Kentridge. Gemellaggio, è il termine adatto. Offrire la stessa storia affrontata da due estetiche diverse, ma allo stesso livello di impatto visivo e creativo. Motivo per cui ci piace parlare di questi due spettacoli come due atti della stessa eccentrica opera.

Da un lato c’è l’accurato lavoro filologico operato dall’ensemble di musica barocca Ricercar Consort. Philippe Pierlot, che in scena suona la viola da gamba, dirige la piccola orchestra di strumenti a corda e arco senza ausilio di amplificazione, sfruttando solo la sorprendente acustica del vecchio King’s Theatre. Il cantato, fatto di linee melodiche per soprano, tenore e baritono che si inseguono in un libretto da molti giudicato mediocre, è affidato a cantanti sopraffini. È Kentridge a dirigere i lirici, attenti a mescolare con sapienza il vivere ironico della musica barocca con qualche suggestione di strazio romantico. E un sopraffino gusto nel dosare l’epica, che ci fa sentire, in lontananza, l’eco solenne dei versi di Omero intorno alla sanguinosa guerra di Troia.

Se ci affacciamo sul palco dell’Edinburgh Playhouse, è invece un corpo di ballo compatto e rigoroso a interpretare il balletto immaginato da Christian Spuck. Immenso è il lavoro coreografico, costellato di momenti in cui dagli intermezzi di massa che ammiccano sottilmente a balli di gruppo “volgarmente” pop, si passa, con fluidità stupefacente, a passi a quattro, poi a due, fino ad assoli di grazia rara. A danzare Penelope è Eva Dwaele, talentuosa quanto affascinante, leggera quanto sexy, dotata di elasticità fisica non meno che di espressività e mimica. Davvero un gioiello di interpretazione, il suo, che fa di Penelope la protagonista assoluta.
Tanto è classico l’impianto barocco di Monteverdi, quanto è scatenato il mix che Spuck realizza tra brani “ortodossi” di Henry Purcell, barocco pure lui, eseguiti dalla Scottish Chamber Orchestra (rintanata nell’apposita buca) e brani di musica leggera mandati invece in playback tramite un vecchio registratore a bobine posizionato in scena come unico oggetto contestualizzante. Come se tutti i personaggi, da Penelope ai pretendenti, da Ulisse a Telemaco, tentassero continuamente di soffocare la spinta del pensiero moralista e conformista (i brani di Purcell) a favore dello sprigionarsi di un istinto momentaneo (dalla radio escono Charles Trenet, Doris Day e Perry Como). Il tutto senza nulla sottrarre a un impianto tutto sommato classico, da festival internazionale, insomma.

Torniamo invece agli “stall boxes” del King’s Theatre, dove la vera attrazione, musica a parte, sono di certo gli splendidi “rod puppets” intagliati da Adrian Kohler (anche animatore) e diretti nella ‘recitazione’ dal buon vecchio William Kentridge, una delle menti sceniche più brillanti del teatro di figura e dell’arte scenica in generale. I quattro cantanti che interpretano Telemaco, Ulisse, i pretendenti e Penelope seguono nello spazio i pupazzi, animati alti sopra la testa dalla Handspring Company, scambiando con loro uno sguardo reciproco, cogliendo ispirazione dai movimenti e ad essi consegnando voce e note. Il tutto in un’ambientazione per la maggior parte affidata all’immaginazione dello spettatore, almeno di quelli fortunati che, conoscendo l’italiano, non hanno bisogno di perdersi nei sopratitoli. Immaginazione aiutata da un ingegnoso sistema di videoproiezioni, su cui immagini animate si alternano a brani filmati che fanno da sfondo alle azioni. Esilarante la scena dei tre Proci che si contendono i favori di Penelope tra doni inutili e l’impossibile prova dell’arco.

Se Christian Spuck sgombra il palco per dare spazio ai danzatori e per ambiente sceglie quello astratto dell’anima, così ben catalizzato e messo in movimento dalla prima ballerina, Kentridge arriva a gamba tesa sostituendo alla greca Itaca una sala di rianimazione di un ospedale di Johannesburg (la Handspring è sudafricana), dove Ulisse sogna il proprio ritorno a casa.
Due estetiche, allora, che sembrano avvicinarsi nella comune rappresentazione del ritorno come momento di riflessione profonda. Profonda come uno sguardo della Penelope di Flanders, come il sonno/morte dell’Ulisse di Kentridge. Ritorno come fuga dalla realtà? Perché no. Noi torniamo a contare i giorni.

The Return of Ulysses
di Jens Schroth
produzione: Royal Ballet of Flanders diretta da Kathryn Bennets
coreografia: Christian Spuck
interpreti: Eva Dewaele, Alain Honorez, Geneviève Van Quaquebeke, Wim Vanlessen e il corpo di ballo del Royal Ballet of Flanders
luci: Peter van Praet
scene e costumi: Emma Ryott
musiche: Henry Purcell (eseguito dalla Scottish Chamber Orchestra condotta da Benjamin Pope), Charles Trenet, Rina Ketty, The Exciters, Bobby Vinton, Doris Day, Perry Como, Mel Torme.
durata: 1 h 15’
applausi del pubblico: 4’ 30’’

Visto a Edinburgh, The Edinburgh Playhouse, il 21 agosto 2009

Il ritorno d’Ulisse in Patria
di Claudio Monteverdi (libretto di Giacomo Badoaro)
produzione: Handspring Puppet Company e Ricercar Consort per KunstenFestival des Arts and La Monnaie De Munt, Brussels
interpreti: Busi Zokufa, Adrian Kohler, Basil Jones, Jason Potgieter, Enrico Wey (Handspring Puppet Company) Julian Podger, Romina Basso, Lluís Vilamajó, Stephan MacLeod, Guillemette Laurens, Valerio Contaldo, Adriana Fernandez (cantanti)
regia, animazione e scene: William Kentridge
musiche: Ricercar Consort diretto da Philippe Pierlot
puppets e costumi: Adrian Kohler
luci: Wesley France
durata: 1 h 40′
applausi del pubblico: 2′ 40”

Visto a Edinburgh, King’s Theatre, il 25 agosto 2009

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