Parliamo nuovamente dei Balcani dopo l’incontro con Jeton Neziraj. Questa volta attraverso «Ritorni, ho visto la pace allo specchio», il racconto autobiografico di un viaggio che, a vent’anni dalla fine della guerra, parte da Padova, attraversa Lubiana, Vukovar, Tuzla, Srebrenica per arrivare a Sarajevo.
“Ritorni” è uno spettacolo di narrazione ideato e interpretato da Filippo Tognazzo, attore e autore padovano e direttore artistico della compagnia Zelda; ma è anche il passaggio dalla “forma mondo” alla “forma teatro” degli esiti del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2014, promosso e organizzato dalla Fondazione Benetton Studi Ricerche di Treviso.
Ogni anno, dal 1990, il premio individua un luogo che ha il merito di salvaguardare e valorizzare il patrimonio naturale e umano di una comunità.
La venticinquesima edizione ha scelto di premiare Osmače e Brežani, due villaggi all’interno del comune di Srebrenica, nella Bosnia orientale, ai confini con la Serbia.
Nel 1995 a Srebrenica sono stati torturati e assassinati, sotto gli occhi di tutti, più di ottomila cittadini bosniaci musulmani.
In questo paesaggio, in cui la bellezza della natura convive con i solchi lasciati dalla guerra, disabitato per quasi dieci anni, un piccolo nucleo di famiglie di agricoltori e allevatori ha fatto ritorno per ricostruire una comunità rimasta solo nella memoria di pochi. E rendere la terra nuovamente florida di grano, patate, lamponi, piccoli frutti, ma anche di perdono, condivisione, pace, futuro.
Ne è nato un prezioso dossier curato da Domenico Luciani e Patrizia Boschiero, con la consulenza scientifica di Andrea Rizza Goldstein, che oltre ad una accurata analisi socioeconomica del territorio, e alle necessarie notizie storiche, raccoglie un vero tesoro in testimonianze, memorie e immagini.
Da qui ne è nata un’altra esigenza: far conoscere, oltre il confine degli addetti ai lavori, le vicende umane incontrate, e il valore della loro resistenza. Ecco quindi il teatro.
“Ritorni” è dunque il racconto di un viaggio. E, come scrive, Magris, «Il viaggiare è una scuola di umiltà».
E’ quindi con buona sincerità che Tognazzo affronta il suo primo viaggio verso Sarajevo, partendo da sé stesso. Ammettendo subito che lui, da adolescente, quella guerra lì se l’è vista scivolare accanto, distrattamente, forse perchè preso dagli studi, dagli amori, i sogni, o forse no.
Toccando, tappa dopo tappa, «i limiti della propria comprensione», riporta su di sé, «la precarietà degli schemi e degli strumenti – di cui parlava Magris – con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un’altra», con quel modo però scanzonato che permette di non scivolare nella retorica e nell’atto di rimprovero o di accusa.
Con linearità e coerenza, e un po’ alla maniera del buon vecchio Paolini, con tanto di lavagna dove segnare bianco su nero il percorso tra spazio e tempo, l’attore-autore trasforma le preziose testimonianze di Darko, giovane rom scampato solo per miracolo alla pulizia etnica, di Mansur e Dalibor tornati per coltivare il grano saraceno, in personaggi possibili, genuinamente disegnati con la voce e da piccoli gesti e dettagli.
E’ un carnet di identità, convivenze, domande. In quanti giorni si diventa uomini? Perchè è così difficile parlare di pace? Cos’hanno da dire oggi queste storie? Di quanti passi è fatta una rivoluzione?
Ogni ritorno qui è un nuovo viaggio: l’attraversamento di confini, di legami un tempo visibili, di dubbi su sé stessi e gli altri è un afferrare la precarietà del mondo e la fragilità della persona.
Quello di Tognazzo non è un racconto di guerra. É un racconto di entusiasmi, di rabbie, perdono, determinazioni, di pazienza, a tratti molto comico, fa ridere e sorridere. C’è pure un pizzico di dolce poesia nell’arrivo in quella Miss Sarajevo sopravvissuta all’inverno dell’assedio, con il calore della sua vitalità e con quella voglia matta di normalità.
«Ritorni» quindi è “semplice”, come solo il teatro di narrazione a volte riesce ad essere, fatto di pochi elementi e di un flusso ammaliante di immagini regalate dall’estensione delle parole. Ma quel «ho visto la pace nello specchio» è anche il manifesto di una scelta determinata e determinante che prima di tutto parte da sé stessi.
In quel piccolo e modesto crogiuolo, che raccoglie e rivisita la memoria personale e collettiva, può capitare di sentirsi solo degli spettatori, ma anche di ritrovare qualcosa di sé tra l’intimità di quelle esistenze.
Questo fine settimana lo spettacolo arriverà nel territorio veneziano: stasera, 13 novembre, sarà ospite della Sala San Leonardo di Venezia (ingresso libero), mentre il 14 sarà a Chioggia al Cinemateatro Don Bosco.
Ritorni, ho visto la pace allo specchio
di e con Filippo Tognazzo
una produzione di Zelda
in collaborazione con Fondazione Benetton Studi e Ricerche
dedicato ai villaggi di Osmače e Brežani, Srebrenica
scelti dal Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino 2014, con la consulenza scentifica di Andrea Rizza Goldstein, coordinatore per la Fondazione Alexander Langer Stiftung del progetto Adopt Srebrenica
con il patrocinio di Amnesty Internationl Italia e Consiglio d’Europa- Ufficio di Venezia
durata: 1h
Visto a Treviso, Fondazione Benetton, il 3 ottobre 2015