Una porta che si apre significa l’esterno che entra, significa l’interno che cambia. “Quando ho aperto la porta – recita uno dei personaggi de “I vicini” – mi sono accorta di quanto fossi cambiata”.
L’elemento quotidiano, potenziato nelle ombre, diventa il paradigma di una condizione: il confine mobile tra noi e loro, tra dentro e fuori, vero e falso; cardini su cui gira e monta questa pièce Fausto Paravidino, che è autore, regista ed interprete di un testo commissionato dal Théatre National de Bretagne e poi prodotto dallo Stabile di Bolzano, ora in scena al Teatro Stabile di Torino (ancora stasera e domani).
L’ambientazione è il soggiorno di Greta (Iris Fusetti) e del suo compagno (Paravidino), uomo che vive in pigiama e scruta dallo spioncino i nuovi vicini, con timore. In questo soggiorno, inesorabile, entrerà l’esterno ed entrerà sottoforma di due elementi: i vicini e un fantasma, a dar un volto alle nostre paure, reali o immaginarie.
Il fantasma (Barbara Moselli) è quello dell’anziana che abitava l’appartamento contiguo in precedenza; i vicini sono invece la nuova coppia (Davide Lorino e Sara Putignano) con cui verrà instaurato un rapporto dapprima disteso, che poi si farà fosco e agitato fino all’epilogo violento.
Tra le due coppie un continuo di riflessi e contrasti: le donne, Greta e Chiara, sono le sole a percepire il fantasma; i due uomini sono entrambi senza nome; i vicini paiono aitanti, gli altri mingherlini.
Ogni stilema del lavoro persegue l’ambivalenza, cosicché ciò che si vede pare contenere sempre un quesito: che tipo di relazione è questa? Chi sono ‘loro’? Chi siamo ‘noi’? E siamo di fronte ad un intrigo erotico, a un’amicizia o forse a una doppia crisi di coppia?
Diversi sono i riferimenti che emergono: da Raymond Carver ad Hopper (le scene pulite e dai contorni netti di Laura Benzi), ma anche Pinter, tracce che s’intersecano a una mescola di registri, alternando esilaranti nevrotismi alla Woody Allen con atmosfere alla Polanski.
E poi il fantasma, enigma del reale, magari scespiriano, ma soltanto perché siamo in regimi amletici, certo rivisti.
Seppur infestante, questo fantasma è gentile, una vecchina candida che viene a porsi sia come snodo narrativo che come segnale. E’ lei ad aggiungere una chiave di lettura alla vicenda: la sua storia dimostra la complessità dei rapporti, di come l’esterno immancabilmente si introduca e modifichi i caratteri, gli equilibri, non risparmiando nemmeno ciò che abbiamo di più intimo (il nostro compagno, la nostra casa…).
Chiudersi è inutile, la distanza aumenta finché la porta – la porta! – si aprirà, e bisognerà rendersi conto di quanto è avvenuto senza che ce ne accorgessimo, nell’oscurità, al chiuso. Sarà in quel momento che ci sentiremo più deboli di quanto credevamo, e non sapremo più con quali occhi guardare ciò che pensavamo di conoscere, ciò che ci stava accanto.
E’ un lavoro stratificato “I vicini”, complesso, che tuttavia fila e coinvolge. Paravidino si ritaglia alla perfezione il personaggio del compagno di Greta, chiuso in sé stesso, oscillando tra il comico e il patetico e riprendendo certi tic nel discorso e nel gesto.
Davide Lorino, nei panni del vicino autoritario, si mostra un antagonista calibrato, a partire dalla presenza scenica tesa e minacciosa. Iris Fusetti vira su corde più cupe, è la donna hopperiana senza controcampo, al limite vede l’altra, la vicina, Sara Putignano, apparizione in camicia da notte, maliarda, sciroccata quel tanto che basta.
Barbara Moselli è infine un fantasma composto, vecchina classica, trapassata; a lei il monologo che accompagna le ultime battute dei protagonisti: verso una ricomposizione, un nuovo inizio? Lui sanguina dalla testa, lei guarda nel vuoto, la guerra è finita. O forse è solo in pausa.
I vicini
di Fausto Paravidino
con (in ordine alfabetico): Iris Fusetti, Davide Lorino, Barbara Moselli, Fausto Paravidino, Sara Putignano
regia: Fausto Paravidino
scene: Laura Benzi
costumi: Sandra Cardini
luci: Lorenzo Carlucci
produzioni: Nidodiragno/coop coop cmc
prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano
Testo commissionato dal Théatre National de Bretagne
durata: 1h 30′
applausi del pubblico: 5’
Visto a Torino, Teatro Gobetti, il 29 marzo 2016
Autore talentuoso, capace di scrivere dialoghi serrati senza rendere gravoso l’impianto narrativo.