Assistere all’“Idomeneo” di Wolfgang Amadeus Mozart è sempre una grande gioia, tanto amiamo questa composizione, peraltro raramente eseguita. Per cui abbiamo oltremodo gradito la sua recente riproposizione al Teatro alla Scala di Milano in una nuova produzione.
“Idomeneo, re di Creta” è il primo capolavoro serio di Mozart, che compose quando aveva venticinque anni; il libretto, denominato “Dramma per musica in tre atti” fu scritto dall’abate Giambattista Varesco ed è tratto dall’omonimo libretto di Antoine Danchet per la “Tragédie-lyrique Idoménée” (Parigi 1712) di André Campra.
L’opera fu commissionata a Mozart dal principe elettore Carlo Teodoro di Baviera nel 1780, per farla rappresentare in forma privata nella Residenza di Monaco di Baviera (Teatro Cuvilliés), il teatro di corte, nella stagione di Carnevale dell’anno successivo.
La composizione fu alquanto complessa e comportò numerose modifiche a causa della prolissità del libretto, come riferito dallo stesso Mozart.
La prima rappresentazione ebbe luogo il 29 gennaio 1781 sotto la direzione del compositore, ed ebbe un successo pieno.
La vera riscoperta di quest’opera avvenne al Festival di Glyndebourne nel 1983 diretta da Bernard Haitink con la London Philharmonic Orchestra. Mentre al Teatro alla Scala fu scelta per l’inaugurazione della stagione 2005-2006, diretta da Daniel Harding.
La vicenda narrata ha come protagonista Idomeneo che, tornando a Creta (dove regna) dalla guerra di Troia, in preda ad una tempesta fa voto a Nettuno che, se salvato, sacrificherà il primo uomo che incontrerà appena giunto a terra.
Purtroppo la sorte gli fa incontrare per primo il figlio Idamante (ruolo in travesti eseguito da un soprano), amato da Elettra, che ha appena ucciso la madre Clitemnestra per vendicare il padre Agamennone.
Come in tutte le trame d’opera che si rispettino, Idamante ama invece Ilia, figlia di Priamo, re di Troia, inviata da Idomeneo a Creta come prigioniera di guerra.
A causa della lunga assenza dalla patria, il re – che era creduto morto nella tempesta – non riconosce il figlio, se non in seguito, e inorridisce quando scopre che il giovane incontrato è il suo erede; lo invita a lasciare la patria insieme ad una felicissima Elettra, che ha così raggiunto il suo scopo.
Ma Nettuno, non avendo il re mantenuto la parola data, invia un mostro per seminare orrore a Creta.
Ciò nonostante, ancora una volta, il re ordina al figlio di lasciare l’isola per sottrarsi alla morte (qui il quartetto “Andrò ramingo e solo” è uno dei vertici assoluti di tutta la musica operistica).
Il Gran Sacerdote sollecita il re a compiere il voto e chiede il nome della vittima: il re pronuncia il nome del figlio, ma ecco che viene annunciato che Idamante ha ucciso il mostro. Il principe nonostante tutto si dichiara pronto a morire; ma nel momento in cui Idomeneo sta per sacrificarlo, Ilia si precipita tra le sue braccia e si offre come vittima al posto dell’uomo che ama.
All’improvviso si sente la voce dell’Oracolo di Nettuno: Idomeneo deve rinunciare al trono in favore di Idamante, che sposerà Ilia e poi regnerà in luogo del padre. Elettra, furente, impreca (“D’Oreste, d’Aiace”, un’aria di furore difficilissima da eseguire e di meravigliosa fattura) e poi si uccide.
L’opera termina con Idamante che viene incoronato, tra cori e danze (“Scenda amor, scenda Imeneo”).
Pur avendo già composto opere serie (Mitridate, re di Ponto e Lucio Silla), con “Idomeneo” e il successivo ultimo capolavoro, il sublime “Clemenza di Tito”, Mozart cambia l’impianto e le suggestioni, con l’inserimento di cori che assumono talvolta un ruolo importante, come avviene per esempio durante la scena dei naufraghi nel primo atto, o più avanti con il popolo, impaurito per l’arrivo del mostro.
Momento culmine dell’utilizzo del coro è però quando trasmette al suo re il dolore per le stragi effettuate dalla vendetta di Nettuno (“Oh voto tremendo”), momento che ci ricorda da vicino il verdiamo “Macbeth”.
Nell’opera vi sono anche danze e momenti orchestrali, assai poco utilizzati nelle opere serie precedenti. Ma, soprattutto, in “Idomeneo” Mozart immette, memore anche di Gluck, una forza emotiva ricca di riverberi preromantici, dove i sentimenti entrano mirabilmente nel sentire dell’ascoltatore, e la natura si fa essa stessa personaggio.
La regia di Matthias Hartmann, con scene di Volker Hintermeier e costumi di Malte Lünnen (per la verità alquanto sciatti), propone una scena unica con, in primo piano, lo scheletro della carena arrugginita di una nave che, muovendosi su se stessa, mostra una gigantesca testa metallica a forma di toro (chiara allusione al Minotauro); in proscenio, poi, una grande ancora conficcata nel terreno e grandi conchiglie sottolineano la presenza ossessiva del mare nell’opera.
Fondamentali appaiono le luci di Mathias Marker per delineare le atmosfere e trasfigurare i vari momenti soprannaturali che l’opera contiene.
I caratteri dei personaggi nel complesso sono ben definiti, con un Idomeneo smarrito davanti a un destino avverso, con un figlio che diventerà re al suo posto, ma che alla fine, prima che il sipario si chiuda per sempre, accoglie vicino a sé. Inoltre, durante il famoso quartetto (“Andrò solingo e misero”) tutti i personaggi si stringono fra loro, impotenti davanti al destino, impersonificato da Nettuno. Ben caratterizzata anche Elettra, eroina innamorata e furente per un amore impossibile.
Veniamo ai cantanti, dove purtroppo, se Bernard Richter, il tenore nel ruolo del titolo, ha una voce che regge molto bene nei recitativi, naufraga, è il caso qui di dirlo, davanti alla sua aria principe “Fuor del Mar”.
Una menzione tra tutti merita il giovane soprano italiano Federica Lombardi come Elettra, a cui Mozart affida due arie di furore difficilissime: “Tutte nel cor mi sento” e la già citata “D’Oreste, d’Aiace”, con la famosa risata finale di follia autodistruttiva, e un’altra di grande tenerezza, “Idol mio, se ritroso”, che interpreta con rara mutevole efficacia.
Corretto ci è sembrato il resto del cast principale, Michèle Losier nella parte di Idamante, e Julia Kleiter in quella di Ilia.
Le coreografie di Reginaldo Oliveira ben caratterizzano le note tragiche che si manifestano nell’ouverture, meno si intonano le danze finali, per noi fuori contesto.
Bella ed efficace l’invenzione delle figure astratte color argento che accompagnano per tutta l’opera il destino tragico di Idomeneo, rendendolo visibile nella sua ineluttabile presenza.
Diego Fasolis, che ha sostituito il previsto Christoph Von Dohnányi, direttore che ben conosciamo avendolo apprezzato in altre occasioni, si districa bene in una partitura musicale di grande raffinatezza come questa, dando forte smalto all’orchestra, soprattutto nei momenti topici, in cui il destino bussa alla porta, cercando di sottolineare tutte le sfumature degli avvenimenti.
Idomeneo
Wolfgang Amadeus Mozart
Direttore Diego Fasolis
Regia Matthias Hartmann
Scene Volker Hintermeier
Costumi Malte Lübben
Luci Mathias Märker
Drammaturgo Michael Küster
Coreografo Reginaldo Oliveira
Cast:
Idomeneo Bernard Richter
Idamante Michèle Losier
Arbace Giorgio Misseri
Ilia Julia Kleiter
Elettra Federica Lombardi
Gran Sacerdote Krešimir Špicer
Voce di Nettuno Emanuele Cordaro
Due Cretesi Silvia Spruzzola, Olivia Antoshkina
Due Troiani Massimiliano Di Fino, Marco Granata
Coro, Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova Produzione Teatro alla Scala
Durata spettacolo: 3 h 09′ (incluso intervallo)
Visto a Milano, Teatro alla Scala, il 6 giugno 2019