Sono trascorse da poco le nove quando varchiamo i cancelli dell’ex ospedale psichiatrico di Racconigi: un’imponente struttura costruita tra la fine del XVIII e la metà del XIX secolo immersa nell’ombra e nella quiete di uno splendido parco.
Si attende il buio, e l’amenità del luogo non può non suscitare riflessioni sulla sua vita precedente. Tra un’esposizione fotografica raffigurante volti e momenti storici della vita manicomiale e una mostra dedicata alla montagnaterapia (orgogliosamente allestita e gestita con il contributo di ex pazienti), ci si concede un caffè al baruccio del ‘foyer a cielo aperto’, per essere infine accompagnati nel retrobottega di un altro locale, un bar del messinese, immaginiamo, tra le cui pareti trascorrono la propria quotidianità Nino, il barista, e l’amico Petru, rispettivamente interpretati da Francesco Sframeli e Spiro Scimone.
Nino ama una ragazza alla quale non osa rivelarsi. Inconsapevolmente rassegnato alla totale dipendenza da una madre asfissiante, sogna, un giorno, di poter lavorare in un bar dove si servano aperitivi, per poter così indossare quelle graziosissime giacchette cucitele su misura dalla madre.Petru è l’amico perennemente in attesa di occupazione. Con una moglie da mantenere e la miseria di chi si è già impegnato tutto, escogita un riscatto e rincorre la fortuna esercitandosi alle carte.A movimentare la stasi di entrambi, la fantomatica presenza di un uomo, emblema di sopraffazione e causa di destino avverso.
Bar è una pièce fortemente pervasa da citazioni beckettiane: nella regia di Valerio Binasco e nelle scene di Titina Maselli, ad esempio, protagonisti, insieme a Carlo Cecchi, di uno tra i più riusciti allestimenti italiani di Finale di Partita. O negli oggetti di scena: il rampino con cui Nino alza ed abbassa la saracinesca e la scala su cui salgono per osservare, attraverso una finestrella, lo scorrere della vita tra le mura del bar. Se poi si passa ad analizzare altri elementi di quest’atto unico di Scimone e Sframeli si distinguono allora in maniera netta ed evidente alcune delle peculiarità più autorevoli della drammaturgia del maestro di Foxrock: il ritmo, le pause, gli scambi incalzanti di battute (a tratti irresistibilmente comici), la melodia del parlato (un messinese italianizzato, rotondo e ben scandito), la presa di distanza di due romantici perdenti che si celano agli occhi del mondo nell’attesa di un’improbabile rivalsa.
Meritati applausi a Scimone e Sframeli, entrati lo scorso anno nel repertorio della Comédie Française con La Festa (dopo Goldoni, Pirandello, De Filippo, Fo e Pasolini), e complimenti al Progetto Cantoregi, artefice, anche nella risposta da parte del pubblico, di una riuscitissima rassegna di teatro contemporaneo.
BAR
di Spiro Scimone
interpreti: Francesco Sframeli e Spiro Scimone
regia: Valerio Binasco
scenografia e costumi: Titina Maselli
produzione: Compagnia Scimone Sframeli
durata: 47′
applausi del pubblico: 1′ 50”
Visto a Racconigi (CN), Parco Ex Ospedale Psichiatrico, 24 giugno 2008
La fabbrica delle idee 2008 – Racconigi festival