Il delitto Karamazov di Teatro Out Off. Un Dostoevskij thriller per Malcovati e Loris

Il delitto Karamazov (ph: Stefano Sgarella)
Il delitto Karamazov (ph: Stefano Sgarella)

Nella bella interpretazione di Mario Sala e Antonio Gargiulo, in scena con Matteo Vitanza e Giuseppe Gambazza, figli abbandonati e il seme del parricidio

A partire dalla mitologia greca e da Sofocle, uccidere il padre è una metafora del processo di crescita e di definizione della personalità. Anche in Freud il parricidio è simbolicamente una tappa evolutiva della costruzione dell’essere.

Di padri disfunzionali è piena la letteratura: da Kafka a Saba, da Turgenev a Dostoevskij. A volte il conflitto tra padri e figli diventa traslato dello scontro tra generazioni, e segna anche una rottura tra epoche differenti.

Una famiglia orfana di padre è una famiglia orfana di valori. Nei “Fratelli Karamazov” di Dostoevskij il parricidio di Fëdor – uomo lascivo ed egoista, marito violento e fedifrago, pater familias abietto, incapace di accudire figli seminati tra mogli ufficiali e amplessi occasionali – non si limita al piano simbolico, ma diventa crimine a tutti gli effetti.

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina che aveva portato a un discusso ostracismo verso la cultura russa, ritroviamo all’Out Off di Milano, in coproduzione con il Centro Teatrale Bresciano, un capolavoro della letteratura in cirillico. “Il delitto Karamazov” messo in scena da Lorenzo Loris su drammaturgia di Fausto Malcovati.

Non è uno spin-off, e neppure una riduzione. È piuttosto una linea tematica. Lo spettacolo è un thriller che si focalizza sulla seconda parte del romanzo. L’assassinio è già avvenuto. Una luce circoscritta illumina il giudice (lo stesso Malcovati) che siede in platea con un microfono in mano. Egli interroga i figli minori di Fëdor, l’inquieto Ivan (Antonio Gargiulo) e il candido Alëša (Matteo Vitanza). Sul banco dei testimoni ci sono invece i due servi di famiglia, Grigorij (Giuseppe Gambazza) e Smerdjakov (Mario Sala), anche quest’ultimo figlio (illegittimo) di Fëdor Karamazov.

Gli indizi sembrano portare alla colpevolezza di Dmitrij, il figlio maggiore che non vediamo mai in scena ed è evocato con tecnica a sbalzo. Egli odiava manifestamente il padre. Solo Alëša è convinto della sua innocenza. Anche Ivan aveva dichiarato di desiderare la morte del padre, ma il giudice gli riconosce un alibi: al momento del delitto, si trovava fuori città.

“Il delitto Karamazov” è un riuscito puzzle in cui ogni elemento scenico s’incastra con gli altri. La rinnovata traduzione per Einaudi di Claudia Zonghetti è il punto di partenza per la meditata drammaturgia di Malcovati, acuto conoscitore della letteratura russa.

Il risultato è un testo agile, vivace, capace di esprimere con tratti naturalistici le pieghe e il carattere dei singoli personaggi. Nessuna esasperazione macchiettistica. Ogni personaggio ha la sua voce e un lessico capace di condensare personalissimi suoni e idee. Apprezziamo la polifonia di Dostoevskij, che qualcuno ha definito “eteroglossia”. Il resto lo fa un Lorenzo Loris in spolvero, capace di plasmare la recitazione sui singoli personaggi secondo un loro specifico modulo linguistico: Ivan irruente e concitato, pervaso da una corrosiva inquietudine esistenziale; Alëša entusiasta e idealista; Smerdjakov “vorrei ma non posso”: stropicciato, ambivalente, viscido, che invano si sforza di fronteggiare Ivan sul piano dell’eloquio e dell’argomentazione.

Il ricamo di Loris riguarda anche la scenografia (costruita con Stefano Sgarella) di panchine, scivoli e piedistalli. Essa nasconde in profondità un secondo e un terzo livello, inerpicandosi – attraverso la metafora dell’architettura – a rovistare gli anfratti della coscienza dei personaggi. Un’intimità claustrofobica e labirintica fa dell’intero spazio teatrale un budello di diverticoli. Affiora un senso di scissione e frammentazione. I personaggi dimenticano la quarta parete, frangono la platea con l’icasticità del corpo e degli sguardi.

I costumi di Nicoletta Ceccolini indicano, attraverso la cura ora raffinata ora rudimentale dei dettagli, il ruolo dei protagonisti nella scala sociale di una Russia non ancora emancipata dalla servitù della gleba. Il resto lo fanno i video onirici di Saba Kasmaei che disegna anche le luci, sostenendo inquietudini, paure, rimorsi. Un buffo rimbalzo d’ombre e una stridula voce fuori campo evocano un sesto personaggio, il diavoletto affetto da sciatalgia che sbugiarda l’autodifesa di Ivan.

Esilio metafisico. Un senso di distacco dalla vita che sconfina nell’autodistruzione. Si passa continuamente dalla narrazione al dialogo, dall’interrogatorio alla dissertazione. Flashback, confronti ravvicinati, apostrofi vivacizzano la messinscena, creando nicchie luminose nel grigiore della scena per le fasi di maggiore tensione narrativa. Testo filosofico e teologico, che accenna a questioni esistenziali: il tema di Dio e della colpa, le ragioni del Bene e del Male, il senso della famiglia e del sangue, la responsabilità personale nell’agire e nel pensare, l’errore giudiziario. Allo spettatore è fornita una lente per scrutare la propria coscienza.

Un lavoro ben recitato che contempla l’imperfezione. Tra i personaggi nessuno è del tutto innocente, nessuno del tutto colpevole. Il non detto emerge anche nelle smorfie e nelle posture degli attori, quando a turno osservano la scena in silenzio. Le note dagli allievi della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado sono la ciliegina sulla torta di uno degli spettacoli migliori degli ultimi anni all’Out Off.

IL DELITTO KARAMAZOV
di Fëdor Dostoevskij
drammaturgia Fausto Malcovati
con Mario Sala, Fausto Malcovati, Antonio Gargiulo, Matteo Vitanza, Giuseppe Gambazza
regia Lorenzo Loris
costumi Nicoletta Ceccolini
musiche realizzate dagli allievi della Civica Scuola di Musica Claudio Abbado del corso di composizione (IRMus)
scene Stefano Sgarella e Lorenzo Loris
luci e video Saba Kasmaei
coproduzione Teatro Out Off e CTB – Centro Teatrale Bresciano

durata: 1h 20’
applausi del pubblico:3’

Visto a Milano, Teatro Out Off, il 10 febbraio 2023

 

 

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