“E’ una pittura sonora dipinta da un idiota sordo” il nuovo spettacolo di Zaches Teatro, gruppo fiorentino dalle fascinazioni russe. Grotteschi, amari, poetici e bellissimi nel loro teatro di parola, gesto e suono. Con “Il fascino dell’idiozia” (progetto finalista al Premio Equilibrio 2009 all’Auditorium Parco della Musica di Roma) ci hanno regalato un’esperienza immersiva nelle atmosfere delle Pitture Nere di Goya, dipinte di getto sul muro della casa del pittore spagnolo mentre lui diventava sordo.
Ne abbiamo parlato con Luana Gramegna, Francesco Givone, Enrica Zampetti e Stefano Ciardi.
Che cosa significa diventare idioti? Come avete portato avanti il lavoro sulla menomazione?
Il progetto nasce appunto dalle suggestioni delle Pitture Nere di Goya: il buio, l’oscurità… Abbiamo sperimentato il lavoro sulla luce, ci siamo chiesti che cosa vuol dire abituarsi all’oscurità, che cosa implichi entrare in questo buio. Da lì abbiamo deciso di nascondere il tutto per darne solo delle parti. Le presenze in scena sono dei sagomatori, dei tagli di luce, degli squarci nel buio che fanno solo intravedere.
Lavorate con una grande capacità e naturalezza del gesto e del corpo. Come si coniuga il lavoro sulla menomazione e la percezione distorta con quello sui vostri corpi e la vostra gestualità?
Fino ad ora abbiamo lavorato su personaggi, con le maschere. Con “Il fascino dell’idiozia” volevamo sentirci più liberi. In scena non c’è il personaggio caratterizzato, ma presenze che – attraverso espressioni e gestualità – esprimono qualcosa di universale e non caratteristico di un certo personaggio. Abbiamo voluto rendere sensorialmente un inventario umano, dare tridimensionalità alle atmosfere di Goya.
Ci immaginiamo un uomo sordo, chiuso nella sua idiozia, che butta fuori la propria angoscia. E’ così?
Davanti al pubblico c’è un muro, lo stesso su cui Goya dipinse le celebri pitture. Abbiamo voluto ricreare questo muro, attraverso cui, gradualmente, si penetra nell’oscurità e si creano presenze. Al primo impatto non sono visibili ma poi entrano in scena con una certa violenza. Il nero per Goya è dominante, e quel poco di svelato che abbiamo è di una forza pazzesca. La genesi delle figure è violenta, e nasce dall’idea della creazione: perché tutto è dato di getto, di impeto. Abbiamo voluto offrire a tratti, per brandelli di corpo, e forse senza dare mai l’immagine totale, tant’è che la visione completa viene subito tolta. Chi guarda deve cercare e completare.
Qual è l’importanza del suono?
Sono suoni un po’ di rapina; li abbiamo registrati in vari luoghi di Madrid e poi elaborati in studio. Nello spettacolo il materiale sonoro registrato viene utilizzato insieme ai suoni live, captati da microfoni posizionati in scena e rielaborati in tempo reale.
Possiamo definirlo uno spettacolo di danza?
L’idea è stata quella di indirizzarlo sulla danza, mentre prima facevamo spettacoli di teatro di figura. Abbiamo così aperto un altro canale; è stata un’esigenza: il lavoro doveva cambiare.
Le influenze russe, l’inquietudine di Goya, il Faust: il vostro è un lavoro amaro dalle atmosfere cupe e grottesche. Siete depressi?
No, ma il grottesco ci circonda. Siamo amari, ironici, l’esistenza non è cosa facile; e senza ironia diventa impossibile. E’ compito dell’arte rivelare questo aspetto, altrimenti la vita sarebbe un po’ noiosa…
IL FASCINO DELL’IDIOZIA
regia, coreografia e drammaturgia del suono: Luana Gramegna
scene e maschere: Francesco Givone
drammaturgia: Zelda Marcus
performer: Luana Gramegna, Chiara Innocenti, Enrica Zampetti
video-music & live electronics: Stefano Ciardi
voce: Enrica Zampetti
produzione: Zaches Teatro
co-produzione: Kilowatt festival 2009 con il sostegno di Teatro Studio di Scandicci, C.R.T. Milano, Eruzioni Festival 2009, Teatro Comunale Giovanni Papini di Pieve S. Stefano
durata: 40′
applausi del pubblico: 3′
Visto a Milano, Pim Spazio Scenico, il 26 marzo 2010
L’ho visto l’anno scorso. Specialmente l’inizio era molto bello. E non a caso mi piaccion tanto le cose che costruisce Francesco 🙂
Onore e gloria (e in bocca al lupo!)
L’ho visto l’altro ieri a Volterra, grande lavoro. Complimenti!