Il Gabbiano di Ostermeier, cinque tonnellate d’amore e provocazione

Il Gabbiano di Thomas Ostermeier (photo: Arno Declair)
Il Gabbiano di Thomas Ostermeier (photo: Arno Declair)

Unica tappa in Italia, alle Fonderie Limone di Moncalieri (TO) è arrivato la settimana scorsa “Il Gabbiano” di Anton Čechov diretto da Thomas Ostermeier, in una nuova versione coprodotta, fra gli altri, dal Teatro Stabile di Torino insieme al Vidy di Losanna e l’Odéon Théâtre de l’Europe di Parigi.
In scena un ensemble di attori e attrici protagonisti del riadattamento francofono dopo la prima creazione tedesca realizzata dallo stesso Ostermeier qualche anno fa.

L’opera, che dopo un iniziale fallimento trionfò al Teatro d’Arte di Mosca nel 1898 grazie a Stanislavskij e Nemirovich-Danchenko, riprende vita appropriandosi dello stato attuale delle cose, e rivelando le crepe di un mondo borghese affossato nei propri affari di famiglia, disgiunto dal mondo politico e sociale dell’epoca.

È Cechov, ancor prima delle rivisitazioni contemporanee, che riduce all’essenziale la sua opera: “Quattro atti, un paesaggio, molti discorsi sulla letteratura, un po’ di azione e cinque tonnellate d’amore”, sottolineando il registro dei dialoghi tra “il profondo e il banale, il sublime e il ridicolo”.

Ostermeier si fa interprete di quest’essenzialità evocata dallo scrittore russo affrontando l’opera simbolo di un tempo di grandi cambiamenti: il protagonista Kostja sogna la trasformazione sociale del mondo attraverso nuovi scenari. Nel corso di tutta l’opera il suo obiettivo sarà da una parte distruggere le convinzioni che sorreggono il mondo conservatore della generazione precedente – rappresentato dalla madre Arkadina – e dall’altra sedurre la giovinezza e il futuro rappresentato dall’amata Nina.
Il conflitto tra due visioni opposte incendia una rivoluzione del cuore fatta di illusioni, passioni e cadute che toccheranno l’intera famiglia e i personaggi presenti.

Ostermeier raggruppa due grandi temi cecoviani, l’arte e l’amore. Racconta il dramma borghese portando in luce non solo una storia, ma anche la vita e l’impegno sociale di Cechov, il racconto sotteso di un mondo che da lì a poco sarebbe cambiato dando voce alle rivoluzioni russe e alla disobbedienza civile degli invisibili della società.
Non solo nel “Gabbiano”, ma in tutta la sua opera, lo scrittore russo racconta infatti il declino di una classe che non sa vivere il proprio presente, confinandosi in grandi proprietà circondate da laghi e giardini bianchi, mentre fuori il mondo infiamma.

Prima del suo inizio, lo spettacolo proietta una citazione firmata dall’autore: “Tutta la mia opera è intrisa del viaggio a Sachalin. Chi è stato all’inferno vede il mondo e gli uomini con uno sguardo diverso”.
Sachalin era il carcere siberiano che Cechov aveva attraversato come medico volontario, scoprendo le atrocità e le condizioni di vita dei prigionieri. E se i personaggi del “Gabbiano” non sono stati all’inferno, né tantomeno in visita a Sachalin, è ancor più vero che non hanno occhi per vedere gli uomini ai margini della società, interpreti delle rivolte per la sopravvivenza.
I protagonisti cecoviani si perdono nei loro piccoli interessi, tra sentimenti d’amore e smanie di successo, rappresentanti di una classe annoiata che nega l’ascolto del contesto storico presente.

La capacità di Ostermeier sta nel riportare al centro il contrasto e la convinzione di un mondo borghese in crisi, il nostro, che vuole proteggersi nelle proprie case mentre la trasformazione del mondo è già (nuovamente) in atto da tempo.
Tra le provocazioni interne allo spettacolo le numerose citazioni “pop” da cinema, tv e fumetti, e i momenti in cui gli attori interrompono la narrazione del “Gabbiano” per raccontare al pubblico la propria vita quotidiana: cortocircuiti in cui si apre la strada anche a rielaborazioni sulla perdita di senso del teatro contemporaneo, un teatro inteso come estetica svuotata di contenuto e con poca aderenza al mondo reale.

Lo spettacolo (che giovedì arriverà a Budapest per poi tornare in Francia) si conferma un lavoro folle e generoso, costruito con un linguaggio immediato e contemporaneo, in cui il ritmo e la provocazione tengono alta l’attenzione del pubblico nonostante la durata. Un’esperienza definita dalla stampa estera “non teatrale”, dove attori e regista interpretano il presente andando oltre l’opera di Cechov.

IL GABBIANO
di Anton Čechov
traduzione Olivier Cadiot
adattamento Thomas Ostermeier
regia Thomas  Ostermeier
drammaturgia Peter Kleinert
con Bénédicte Cerutti, Valérie Dréville, Cédric Eeckhout, Jean-Pierre Gos, François Loriquet, Sébastien Pouderoux – de la Comédie-Française -, Mélodie Richard, Matthieu Sampeur
regia Thomas  Ostermeier
scene Jan Pappelbaum
costumi Nina Wetzel
luci Marie-Christine Soma
musiche Nils Ostendorf
pitture Katharina Ziemke
produzione Théâtre Vidy-Lausanne
in coproduzione con Odéon – Théâtre de l’Europe, Théâtre National de Strasbourg, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, La Filature – Scène nationale à Mulhouse, TAP – Théâtre Auditorium de Poitiers Théâtre de Caen
Spettacolo in lingua francese con soprattitoli in italiano

durata: 2h 30′
applausi del pubblico: 3′ 37”

Visto a Moncalieri (TO), Fonderie Teatrali Limone, il 15 aprile 2016
Prima nazionale

stars-4

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