Il giardino: VerandaRabbit tra giallo e psicanalisi

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Il Giardino|Federica Bognetti
Federica Bognetti
Federica Bognetti

Un horror psicologico. Uno stile narrativo e visivo dalla forte componente surrealista, pieno di sequenze oniriche. E immagini bizzarre, esasperate da un sonoro suggestivo.

Inizia con uno spettacolo ben riuscito la terza stagione del Teatro Alta Luce. Siamo a Milano, dove il Naviglio Grande si perde nella penombra della periferia, e le luci sfumano in labirinti nascosti. 

“Il giardino – anatomia di una notizia”, della Compagnia VerandaRabbit, testo di Maria Teresa Berardelli (giàPremio Tondelli) analizza, tra atmosfere fumose, una vicenda di cronaca per svelare i meccanismi dell’informazione dei nostri anni.
Stupisce che questo spettacolo con Federica Bognetti eAndrea Tibaldi sia così affine alla Milano eclissata del sabato sera, dove ha sede il teatro. Ma Alta Luce giustifica il proprio nome grazie alla luminosa ampiezza di questo spazio, in una zona della città insolitamente solitaria.
“Il giardino” trae spunto da un’orribile vicenda di cronaca: la storia di una signora francese, Dominique Cottrez, che tra il 1998 e il 2007 uccise otto neonati e li seppellì nel giardino della sua villa. Il testo, messo in scena con la regia di Federica Bognetti, rivisita artisticamente quest’avvenimento. Lo considera da tre punti di vista differenti, evidenziando varie reazioni, umane e mediatiche, ciascuna nei suoi aspetti aberranti.

La scena riproduce un banale menage domestico, lampada, tavolino, teiera, e radio. E una poltrona, con la presenza di una bambola, che qui si riempie di venature sinistre.
Un solitario canto struggente (testo e musica di Alessandro Prioletti, anche assistente alla regia), un grottesco tip-tap, musiche surreali sono il prologo a una vicenda che si definisce minuto dopo minuto sempre più angosciante. 
La ricostruzione a più voci degenera in un climax di perversione che si compone un tassello dopo l’altro. La penombra apre uno squarcio impietoso dentro un ambiente familiare all’apparenza rassicurante. S’inseguono narrazioni come confessioni, racconti come sedute psicanalitiche. Affiorano verità che sono scheletri, tracce disperate in occhi scavati e pupille umide. Tra sogno e visione, deliquio e rimozione, si materializzano presenze funeste.
Le luci enigmatiche di Claudine Castay, sottili come fiammiferi, sondano il lato oscuro di una cellula della piccola borghesia. Esplorano i lati intimi e intricati della mente umana.

“Il giardino” è un dipinto surreale quasi completamente nero. Figure ambigue si muovono al centro della tela. Si avverte un leggero spostamento d’aria, piccoli movimenti. Un sonoro cupo si accompagna a fruscii insistiti e acuti striduli.
Il testo e la messinscena sono indulgenti verso le abiezioni dell’animo umano, cui si accostano secondo i procedimenti identificativi della catarsi nella tragedia greca. Stigmatizzano invece il sensazionalismo dei media. I giornalisti qui sono cannibali tesi a spettacolarizzare la notizia. Svendono il “mostro” in cambio di una visibilità patinata ed effimera. Indagano con sciacallaggio nel privato di parenti e testimoni. Annaspano nei retroscena torbidi.

Il Giardino
Il Giardino

Gli attori spaziano nei bassifondi dell’animo umano. Entrano nel degrado della psiche. Escono da se stessi. Oscillano tra immedesimazione e straniamento. Interpretano vari ruoli, confondendo e sorprendendo lo spettatore.
L’io spunta dall’oscurità. Subito vi ripiega. Se ne sta acquattato e abbandonato.

La regia, coreografica e misurata nei dettagli, valorizza il copione. Percepisce il movimento. Fonde, alla maniera di David Lynch, cui s’ispira, testo, musica e luci in una struttura scenica capace di armonizzare i diversi linguaggi. Rivela una capacità d’indagine interiore raffinata e sorprendente per una compagnia così giovane.

IL GIARDINO – ANATOMIA DI UNA NOTIZIA
testo: Maria Teresa Berardelli
adattamento, scrittura scenica e regia: Federica Bognetti
con: Federica Bognetti e Andrea Tibaldi
assistente alla regia e canzone: Alessandro Prioletti
luci: Claudine Castay
illustrazione: Alessio Tibaldi
produzione: Compagnia VerandaRabbit
si ringraziano: Place Minuit, Vittoria Papaleo, Simone Cislaghi

durata:1h 10’
applausi del pubblico: 2’

Visto a Milano, Teatro Alta Luce, il 25 ottobre 2014

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