Il debutto romano de “Il giocatore” di EgumTeatro è ospitato prima dal Teatro Tor Bella Monaca, per poi passare al Teatro Biblioteca Quarticciolo. E vale come ennesima conferma delle buone scelte di cartellone di questi due Teatri di Cintura, ancora per poco gestiti dal Teatro di Roma.
Lo spettacolo è un monologo che Annalisa Bianco e Virginio Liberti adattano e dirigono per Paolo Mazzarelli dall’omonimo romanzo di Dostoevskij, di cui è curiosa soprattutto la genesi.
Pare che il maestro russo si fosse indebitato fino al collo proprio a causa di una disastrosa perdita al gioco e, per ottenere soldi, avesse promesso ai suoi editori un romanzo a tempo di record.
La storia, ambientata nell’immaginaria cittadina tedesca Roulettenburg (ovvio riferimento al gioco d’azzardo) è quella di Aleksej Ivànovic, precettore in una famiglia di nobili decaduti cui fa capo un vecchio generale, che attende la morte della proverbiale “nonnina”, tenutaria di un monumentale patrimonio. La giovane figliastra del generale Polina costringe Aleksej, sul quale ha un sicuro ascendente, a darsi al gioco per risanare alcuni debiti. Lui diverrà dipendente dal vizio e lo stesso capiterà alla nonna, arrivata a sorpresa direttamente da Mosca più arzilla che mai, tutt’altro che morente e anzi desiderosa di fare vita mondana negli animati casinò locali.
L’ossessione della roulette, che nella Russia di Dostoevskij rappresentava un serio problema per la gente del popolo, che si rovinava con grande facilità tra i fumi della vodka per dimenticare una condizione sociale ormai insopportabile, rivive nel romanzo con sopraffina ironia. Del ritmo della prosa dostoevskiana EgumTeatro riesce a conservare la vitalità grazie innanzitutto a un sapiente lavoro di taglia e cuci, ma anche a certe scelte di regia che mettono sapientemente in discussione la forma monologo.
Piuttosto che stravolgere il testo, immaginare chissà quale allestimento o ripartire l’io narrante in una sfaccettatura disordinata, come spesso capita di vedere in certi arditi adattamenti firmati anche da nomi illustri, Bianco e Liberti si limitano ad enfatizzare il lato grottesco del protagonista, il suo narcisismo, la sua logorrea, la sua insaziabile sete di rivalsa su un contesto provinciale che gli sta stretto e del quale tuttavia finisce, suo malgrado, per seguire le logiche. La verbosità della prosa russa rivive in un’ora e un quarto di monologo completamente parlato, agito solo con l’ausilio di un tavolo verde, due sedie e qualche pianta da interno, senza pause visive ammiccanti se non quelle che servono alla storia per compiere ellissi di tempo o spazio. Il rischio di un’operazione così fredda, quasi calvinista, potrebbe essere il fiume di parole, la poca partecipazione del pubblico, la sfuggevolezza delle motivazioni.
È a questo punto che interviene la capacità dell’attore, un efficace Paolo Mazzarelli. La regia lo guida, in sottotesto, fra le trame di un ragionamento sul senso stesso del monologo come forma. La capacità dimostrata da Mazzarelli nel mantenere viva l’attenzione sta sì nella vitalità del corpo, ma anche in un sottile rapporto che riesce a intrattenere con il pubblico, che diventa davvero il suo interlocutore diretto. Non viene abbattuta la barriera tra palco e platea, anzi, resta una certa distanza, eppure l’istanza di questo racconto, del quale spiamo i dettagli grazie alle meticolose descrizioni offerte dal protagonista, sta proprio nella presenza costante dell’attore, nella sua sovraesposizione. Le sommarie caratterizzazioni (la voce della nonna) e i salti temporali sono piccoli ed efficaci ingranaggi che giocano con le aspettative dello spettatore, conquistando la stessa funzione delle puntate alla roulette.
IL GIOCATORE
dal romanzo di Fëdor M. Dostoevskij
regia e allestimento: Annalisa Bianco e Virginio Liberti
con Paolo Mazzarelli
luci: Cristiano Carla
produzione: EgumTeatro, laLut/Festival Voci di Fonte
durata spettacolo: 1h 15’
applausi del pubblico: 2’
Visto a Roma, Teatro Tor Bella Monaca, il 7 aprile 2011