don’t surf, ragazzino incappucciato con le mani inchiodate al banco di scuola.
A turno abitano la galleria cinque donne, cinque diverse Dorothy del Mago di Oz, ognuna con un suo personalissimo rapporto con la galleria e con il viaggio che dovrà intraprendere (che si tratti del ritorno in Kansas o del viaggio oltre l’arcobaleno verso la Città di Smeraldo). Cinque donne differenti ma accomunate dalle famigerate scarpette rosse e dai caratteri di Dorothy: la signora delle pulizie che decolla grazie alla musica proveniente dal suo i-pod, un’alto-borghese che si sconvolge alla vista di Charlie don’t surf, la prostituta che cerca disperatamente di tornare a casa battendo i tacchi fino a simulare una danza spastica e struggente, la custode del museo che approfitta dell’orario di chiusura per togliersi lo sfizio di cantare al microfono Over the rainbow, e l’adolescente che inizia il suo viaggio verso il diventare donna. Fino alla vera Dorothy, che sfonda le barriere del museo e si avvia verso il pubblico, a comunicarci che non siamo più in Kansas.
Lo spettatore che, come chi scrive, non ha assistito ai precedenti lavori su Il mago di Oz trova il connubio con le opere di Cattelan un po’ forzato, e l’ambientazione nel museo a servizio di un’intuizione non ben approfondita. Il riferimento è, in particolare, alla figura di Hitler: pur essendo indicata l’associazione del Mago di Oz al piccolo nazista di Cattelan – personaggio che da fuori sembra enorme ed imponente mentre da vicino è piccolo e inginocchiato (come nel film di Oliver Hirschbiegel, La caduta) -, in Kansas non si chiarisce se il piccolo Hitler interpreti il Mago di Oz: non pare l’artefice di nulla, se non dei cambi scena, volutamente a vista con l’unico spostamento del palco verso il fondo.
L’impressione è che, a tratti, qualcosa sia fin troppo spiegato, mentre altro rimanga ermetico. Mi turba, quindi, il voler capire senza precise chiavi di lettura. Ma non è certo per cercare di comprendere uno spettacolo che si fa la fila al Festival di Santarcangelo. Semmai è per cercare le nuove intuizioni, il teatro legato alle arti contemporanee, le macchine sceniche maestose e funzionali, come i quadri che ruotano vorticosamente a rendere un perfetto uragano, tanto da scatenare la reazione dell’impianto antincendio.
Ed è proprio il passaggio dal teatrale al metateatrale, giocato sapientemente e in perfetta linea con il sogno realista di Dorothy, ciò che affascina del lavoro della compagnia. Da vedere.
KANSAS
ideazione: Chiara Lagani e Luigi de Angelis
drammaturgia: Chiara Lagani
con: Marco Cavalcoli, Chiara Lagani, Davide Sacco
musiche: Mirto Baliani
costumi: Chiara Lagani e Sofia Vannini con Marta Benini e Francesca Messori
regia, scene e luci: Luigi de Angelis
produzione: Fanny & Alexander e Festival delle Colline Torinesi
in collaborazione con Santarcangelo Festival 2008 e Scuola Holden
durata: 1h 01′
applausi del pubblico: 1′ 33′
Visto a Santarcangelo (RN), Palestra ITC, l’11 luglio 2008
Santarcangelo dei Teatri