Alla fine de “Il marito di Lolo”, in scena al Teatro Franco Parenti di Milano, su nove del ristretto numero di spettatori ammessi, tre avevano gli occhi lucidi e una si è lasciata andare ad un pianto a dirotto. Coinvolgimento emotivo ai massimi livelli, insomma, per un monologo in cui in effetti si respira la disperazione, il dolore e l’amore di un uomo semplice e forse un po’ folle.
Del resto Jaroslaw Iwaszkiewicz faceva dire ad una delle “Signorine di Wilko” che “ogni grande amore è umiliante e ridicolo”. Ecco allora che nessun dubbio possiamo avere sul sentimento che André Borlat prova per la pornostar Lolo Ferrari.
Nel monologo che Benedetta Frigerio ha tratto dal racconto dello svizzero Antoine Jaccoud “Il marito di Lolo”, tradotto da Colette Shammah e ispirato alla vita dell’attrice hard Lolo Ferrari, c’è un dolore così profondo come solo il vuoto per la perdita di un amore puro e incondizionato può dare.
Siamo nella palazzina in fase di ristrutturazione del centro balneare Caimi, da poco nuovo spazio del Franco Parenti. Una maschera ci accompagna al primo piano dello stabile, tra calcinacci, pareti sventrate, sedie e panche di fortuna. Questo scenario fragile, scarnificato e per pochi intimi, diventa simbolo del viaggio lungo il sentiero di un’anima semplice e straziata dalla sofferenza che attraverseremo per i prossimi 60 minuti.
Il suono di una sirena calamita la nostra attenzione: da un tonfo sordo e violento, provocato dallo spostamento di una carriola, sbuca fuori il protagonista.
André Borlat è un uomo di mezza età con addosso canotta, mutande e angoscia, mentre ad una parete sono appesi i suoi abiti. Sollecitato dalla curiosità di una donna seduta tra il pubblico (Benedetta Frigerio), André inizia così a raccontare la sua storia d’amore per Lolo.
A parlare è un ex panettiere che, a causa di un eczema, ha dovuto lasciare il lavoro e vive con una modesta pensione una vita segnata dalla solitudine. Nelle lunghe ore passate a casa in compagnia di riviste pornografiche rimane incantato da Lolo Ferrari, attrice hard con il secondo seno più grande al mondo. Non è tanto un’ossessione erotica la sua, quanto un vero e proprio desidero di instaurare una relazione, in un primo momento platonica.
André inizia così a scrivere dolcissime lettere d’amore alla donna, esponendole i suoi progetti di una vita insieme, il suo ideale d’amore e di coppia… Ma dalla redazione a cui vengono inviate le missive, ritornano ad André solo foto osé con dedica.
Grazie all’ostinazione di cui sono capaci gli innamorati e i disperati, André decide però che deve riuscire ad incontrarla. All’inaugurazione di un video club per adulti, dove Lolo sarà presente come guest star, riuscirà nel suo intento, riconoscendo nella solitudine dell’attrice quella della propria esistenza.
Inizia quindi un corteggiamento fatto di telefonate, visite in clinica, pazienti attese, fino al coronamento di una reale storia d’amore. Che però non finirà con un happy end, innescando un lato ben più tragico. È una narrazione intensa, toccante, di un sentimento genuino e di un’unione di due solitudini senza scampo.
Lo spettacolo non ha alcun interesse cronachistico, sebbene ispirato ad una storia vera, ma poggia su un testo intenso e soprattutto sulla bravura di Pietro Micci, solo in scena. Il suo corpo diventa componente drammaturgica, con i suoi tic, il grattarsi continuamente, il parlare muovendosi tra il pubblico costringendo lo spettatore ad un corpo a corpo sottolineato dalla ristrettezza del luogo, in uno stato di continua tensione, da cui è difficile distrarsi.
Della presenza a latere di Benedetta Frigerio, che riporta con le sue domande il protagonista al racconto, si potrebbe forse fare a meno, tanto è tesa ed incalzante la recitazione di Micci. Mentre la dimensione erotica a cui potrebbe far pensare la sinossi è in realtà utilizzata solo nei brevi contrappunti drammaturgici che, virando verso battute comico-grottesche, vanno un po’ a smorzare i toni di una vicenda inequivocabilmente amara.
Il marito di Lolo
Racconto ispirato alla vita della pornostar Lolo Ferrari
di Antoine Jaccoud
con Pietro Micci
regista assistente Benedetta Frigerio
traduzione Colette Shammah
allestimento scenico Barbara Petrecca
direzione artistica Andrée Ruth Shammah
produzione Teatro Franco Parenti
Progetto Cittadella Luna
durata: 60′
applausi del pubblico: 2′
Visto a Milano, Centro balneare Caimi, il 9 luglio 2015