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Il pipistrello. L’operetta di Strauss per la prima volta alla Scala

Photo: Marco Brescia & Rudy Amisano

Photo: Marco Brescia & Rudy Amisano

Con grande curiosità assistiamo, al Teatro alla Scala, a “Il pipistrello, Die Fledermaus” la più celebre operetta di Johann Strauss (figlio dell’omonimo compositore Johann Strauss, quello per intenderci autore del “Bel Danubio blu”, che non ha niente da spartire con Richard Strauss), composta su libretto di Carl Haffner e Richard Genée, che la trassero da “Le Réveillon” di Henri Meilhac e Ludovic Halévy.

E’ infatti assai difficile ascoltare nei grandi teatri, soprattutto italiani, una composizione anomala come questa, che si muove tra opéra comique, farsa con musica, melodramma con dialoghi o, appunto, operetta, spesso bandita – molte volte ingiustamente – dalle grandi scene (si pensi a quel capolavoro assoluto che è “La vedova allegra” di Franz Lehár).

Tutta la vicenda ruota intorno alla vendetta compiuta dal dottor Falke ai danni di Gabriel Eisenstein, che lo ha lasciato al ludibrio dei passanti dopo una festa, in mezzo ad una via, vestito da Pipistrello; da allora viene così soprannominato da tutti.
Per ordire la sua vendetta organizza una festa al palazzo Orlowsky, invitando Gabriel, che per una lieve infrazione invece dovrebbe passare alcuni giorni in prigione. Insieme a lui, alla grande festa, sono presenti amici e familiari dei due, compresa la cameriera di Gabriel, Adele, e persino il direttore della prigione.

La moglie Rosalinde, intanto, in casa da sola, viene raggiunta dal cantante Alfred, suo eterno spasimante. I due stanno per cedere alla passione quando arriva Frank, il direttore del carcere, che prima di recarsi alla festa cerca Gabriel per condurlo in prigione. Rosalinde, colta in fragrante, fa però passare Alfred per suo marito, sarà così lui ad essere arrestato.

Alla festa Gabriel fa la corte a una misteriosa contessa mascherata, che non è altro che Rosalinda, alla quale incautamente dona il suo orologio d’oro. Frank intanto accompagna Gabriel in carcere.
Lì giungono tutti i personaggi della vicenda, e quando Gabriel chiede spiegazioni alla moglie della visita notturna di Alfred, Rosalinde gli fa vedere l’orologio d’oro (qui i melomani vanno con il pensiero al finale de “Le nozze di Figaro” di Mozart).
E  tra l’imbarazzo generale, i due coniugi si perdonano a vicenda: “Insomma poi il colpevole di tutto ciò non è altro che il troppo champagne!”.

Di primo acchito, entrando di petto nel “Pipistrello”, ci viene in mente ancora Mozart e il “Così fan tutte”, dove l’amore eterno viene sbeffeggiato; ma qui, passati gli anni, si va forse oltre, mostrando il vero volto della società viennese di fine Ottocento che, sotto l’esteriore maschera del perbenismo e della finta moralità, nascondeva una disillusione profonda. Per questo, per dimenticarci della crisi e delle guerre, “danziamo e facciamo l’amore con tutti”.

Cornelius Obonya e il suo co-regista Carolin Pienkos ambientano la vicenda in una località montana austriaca, ammantata da montagne innevate, ma trasponendola ai nostri giorni. Qui i potenti sono i nuovi arricchiti, fra cui troneggia la bellissima Orlofskaya, nella cui magione, divisa su più piani, è ambientato il secondo atto, in un’abbondanza di teste di cervo (scene e costumi sono di Heike Scheele), simbolo inequivocabile dei tradimenti perpetrati.

Il terzo atto si svolge nella prigione, dove Paolo Rossi (proprio lui), impersonando il carceriere, si lancia in un esilarante monologo politico. Sì, perché tutta l’operetta viene proposta come un mélange farsesco di varie lingue, con danze estemporanee e interventi canori che rendono omaggio soprattutto al melodramma italiano.
Durante la festa a palazzo Orlowsky si intrecciano motivi e balletti musicali di varie tradizioni, con il corpo di ballo della Scala, diretto da Frédéric Olivieri, che si esibisce magnificamente in una polka (in una famosa edizione intervennero nientemeno che i grandi Horne, Pavarotti e Sutherland).
Insomma, una vera festa della danza, in cui la musica di Strauss, diretta con ritmo travolgente da Cornelius Meister, ci coinvolge in modo fremente dall’inizio alla fine, dalla famosissima ouverture al tema dello champagne che chiude l’opera.

Tutti i cantanti reggono nel complesso la prova, a cominciare da Eva Mei, affascinante Rosalinde, capace di interpretare la sua parte sia nei momenti di abbandono sia in quelli più vertiginosi e pur anco nella “Csárdás”, il canto popolare ungherese del secondo atto.
Bene anche Daniela Fally, la cui vocalità è messa a dura prova soprattutto nella mutevolezza di accenti del canto nell’atto ambientato in prigione.
Bellissima e autorevole la terza donna del gruppo, Elena Maximova, come Orlofskaya.
Venendo agli interpreti maschili, gustosissime le interpretazioni di Peter Sonn come Gabriel e di Giorgio Berrugi, che prende in giro il suo mestiere di tenore impersonando con ironia Alfred, spasimante di Rosalinde, e interpretando qua e là, tra gli altri, brani da “Un ballo in maschera”, “Traviata “, “Fedora” e “Fanciulla del West”.
Ironico e accattivante nella sua sottile perfidia ci è parso Markus Werba, un sornione e vendicativo Falke, mentre Michael Kraus è un burbero e innamorato direttore del carcere.
In scena ancora l’11 febbraio.

IL PIPISTRELLO
Johann Strauss
Coro, Corpo di Ballo e Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova produzione Teatro alla Scala
Direttore Cornelius Meister
Regia Cornelius Obonya
Co-regista Carolin Pienkos
Scene e costumi Heike Scheele
Luci Friedrich Rom
Coreografia Heinz Spoerli
Video Alexander Scherpink

CAST

Eisenstein Peter Sonn
Rosalinde Eva Mei
Dr. Falke Markus Werba
Frank Michael Kraus
Adele Daniela Fally / Maria Nazarova (31 gen., 2 e 4 feb.)
Princesse Orlofskaya Elena Maximova
Alfred Giorgio Berrugi
Dr. Blind Kresimir Spicer
Frosch Paolo Rossi

Durata spettacolo: 3 h 14′ inclusi intervalli

Visto a Milano, Teatro alla Scala, il 2 febbraio 2018
Prima rappresentazione al Teatro alla Scala

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