Per il festival dedicato a Claudio Monteverdi, la compagnia ravennate si cimenta, insieme all’Accademia Bizantina, con un’opera difficile da trovare nei cartelloni
Era d’obbligo per noi, amanti sfegatati del Divino Claudio, recarci a Cremona per assistere alla prova generale del “Ritorno di Ulisse in patria” nell’ambito del festival dedicato a Claudio Monteverdi, anche perché la regia dello spettacolo è stata affidata a Luigi de Angelis di Fanny & Alexander, compagnia che apprezziamo da tre lustri e di cui avevamo visto, sempre a Cremona, una visionaria versione dell’Orfeo monteverdiano ambientata in metropolitana.
“Il ritorno di Ulisse in patria”, tragedia di lieto fine composta di un prologo e tre atti, fu musicata sul libretto in rima di Giacomo Badoaro che la trasse dai libri XIII-XXIII dell’Odissea. La prima rappresentazione avvenne a Venezia nel 1640.
La vicenda, come si può supporre dal titolo, si svolge a Itaca, quando Ulisse vi è portato dai Feaci e, come accade nelle opere di Monteverdi, è preceduta da un prologo tra il pubblico in cui l’Humana Fragilità, contrapposta al Tempo, alla Fortuna e all’Amore, deplora la sua condizione mortale. Durante i tre atti che compongono l’opera viene narrato il ritorno di Ulisse nella sua isola dopo 20 anni: dieci di guerra a Troia e dieci di peregrinazioni tra mille mari.
Ne seguiamo l’arrivo con la vendetta sui Proci, che ne avevano usurpato il potere, con Ulisse camuffato da vecchio mendicante, aiutato dal figlio Telemaco e dal fedele pastore Eumete, e poi l’incontro con la moglie Penelope, che dopo i primi tentennamenti finalmente lo riconosce.
Accanto ai personaggi principali, attraverso la musica viene dato risalto anche a quelli minori: come Ericlea, la vecchia nutrice dell’eroe che lo aiuta a farsi riconoscere dalla moglie diletta, l’ancella Melanto e il suo amante Eurimaco, accompagnati in modo appassionatamente ironico, dal fedele servitore Eumete e da Iro, il pitocco a cui Monteverdi concede un bellissimo lamento, uno dei vertici del suo teatro.
Della partita sono anche gli Dei, spesso vendicativi, altre volte pietosi: Giove, Nettuno, Minerva e Giunone.
Un’opera difficile da decifrare, se si pensa che l’unica copia manoscritta che esiste è conservata a Vienna ed è purtroppo redatta da un copista. La precisa ricostruzione della sua genesi, in cui bisognava rinvenire l’armonia e la strumentazione, è stata fatta solo nel 2007 sulla base dei dodici libretti originali manoscritti, non sempre coerenti tra loro.
“Il ritorno di Ulisse in patria” è la prima scritta da Monteverdi per un teatro di Venezia, un’opera complessa, ricca di sfumature, in cui i personaggi – in tutte le loro sfaccettature umane, dagli dei ai nobili ai popolani – sono rappresentati dal librettista in perfetto connubio con il musicista: parole, canto e musica si uniscono per ridonarci un teatro dei sentimenti allo stato puro. E qui sta la sua grandezza: non ne possiamo intonare forse alcuni brani, come succede per “Orfeo” o soprattutto per “L’incoronazione di Poppea”, ma la musica agisce come pura, fulgente rappresentazione del personaggio, e spesso recitativo e aria si intersecano tra loro.
Ricordiamone alcuni momenti significativi: il lamento iniziale di Penelope (“Di Misera Regina”, con la ripetizione di quel “Deh torna, Ulisse, torna” che entra nel cuore), l’abbraccio commovente e commosso tra Ulisse e il figlio Telemaco (“O padre sospirato, O figlio desiato. Genitor glorioso. Pegno dolce amoroso. T’inchino o mio diletto. Ecco ti stringo al petto”), il già citato lamento di Iro il pitocco (“O dolor, o martir che l’alma attrista! O mesta rimembranza di dolorosa vista! Io vidi i proci estinti; i proci furo uccisi. Ah, ch’io perdei le delizie del ventre e della gola”), il riconoscimento, dopo un primo tentennamento, di Penelope con il marito (“Sospirato mio sole! Rinnovata mia luce! Porto quieto e riposo! Bramato sì, ma caro. Per te gli andati affanni a benedir imparo. Non si rammenti più de’ tormenti. Tutto è piacer. Fuggan dai petti dogliosi affetti! Tutto è goder! Del piacer, del goder venuto è ‘l di. Sì, sì, vita, sì, sì core, sì, sì!”).
Luigi De Angelis (con i bei costumi e la drammaturgia di Chiara Lagani) sceglie di iniziare il suo allestimento con il video di Ulisse disteso come lo hanno lasciato i Feaci.
Itaca sul palco, con bella intuizione, è un luogo idilliaco popolato da sagome di alberi e animali, governato dal fedele Eumete. I Proci sono dei fannulloni che, per passare il tempo, si dedicano alla Play Station. Penelope è invece una donna elegantissima che abita solitaria su una poltrona vivendo la sua solitudine.
Ad un certo punto a farla da padrone ecco un bellissimo arco dorato, vero risolutore della storia. Tutti i personaggi, tra passato e presente, ci sono sembrati sempre ben caratterizzati, con gli Dei luccicanti che si muovono in uno spazio che le luci rendono etereo. L’unico a sembrarci un poco fuori posto è Iro, forse troppo caricaturale.
Ma nell’allestimento di Fanny & Alexander niente pare fatto a caso, tanto per stupire, cercando semmai di far sì che gli accadimenti possano essere sempre contemporanei e universali, appartenendo anche all’oggi.
Ottima la parte vocale, iniziando dall’Ulisse mai sconfitto di Mauro Borgioni e dalla Penelope di Delphine Galou, sposa piena di nostalgia per un marito che pensa ormai perso. Ci è piaciuto molto il giovane Anicio Zorzi Giustiniani come Telemaco, ma ad ogni modo nessun interprete è risultato fuori posto. Bravissimo anche Bruno Taddia nei panni del povero Iro, che dovrà trovare il suo sostentamento fuori dalla reggia di Ulisse.
E come spesso è già accaduto, lodi lodi lodi per Ottavio Dantone alla guida dell’Accademia Bizantina, che ancora una volta è capace di ridonare al pubblico un repertorio così desueto in tutto il suo splendore, restituendo la grandezza di quest’opera che, come abbiamo anticipato, risiede nel perfetto connubio fra testo e musica, e in cui ogni personaggio viene restituito in tutto il suo intimo essere.
IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA
tragedia di lieto fine in un prologo e tre atti (realizzata in 2 parti)
poesia di Giacomo Badoaro
musica di Claudio Monteverdi
Edizione critica a cura di Bernardo Ticci – BTE – Bernardo Ticci edizioni, 2021
Ulisse Mauro Borgioni
Telemaco Anicio Zorzi Giustiniani
Penelope Delphine Galou
Iro Bruno Taddia
Il Tempo/Antinoo Roberto Lorenzi
Giunone Raffaella Milanesi
La Fortuna Vittoria Magnarello
Giove Gianluca Margheri
Nettuno Federico Domenico Eraldo Sacchi
Minerva Giuseppina Bridelli
Amore Paola Valentina Molinari
Anfinomo Francisco Fernandez Rueda
Pisandro Enrico Torre
Melanto/L’humana Fragilità Gaia Petrone
Eurimaco Alessio Tosi
Eumete Luigi Morassi
Ericlea Anna Bessi
Maestro concertatore e direttore
Ottavio Dantone
Regia, scene, luci e video
Luigi De Angelis
Costumi e drammaturgia
Chiara Lagani
Assistente regia
Andrea Argentieri
Progetto
Fanny & Alexander
Orchestra
ACCADEMIA BIZANTINA
Produzione Monteverdi Festival, Fondazione Teatro Ponchielli
Nuovo allestimento
Visto a Cremona, Teatro Ponchielli, il 15 giugno 2022