Il sogno di Faust: i semplici ingredienti di Punzo per una ricetta dell’anima

Il sogno di Faust
Il sogno di Faust
Jamel Sultani (photo: compagniadellafortezza.org)

“Stanze” è un progetto nato dalla collaborazione del Coordinamento Teatro Carcere Emilia-Romagna e il Centro Teatrale La Soffitta di Bologna, con il sostegno della Regione. L’obiettivo dell’iniziativa è dare visibilità alle diverse realtà regionali che operano nell’ambito del teatro in carcere. Si tratta di un percorso a tappe tra Ferrara, Modena e Bologna che mostra momenti di lavoro e risultati artistico-performativi di compagnie teatrali operanti nei luoghi di detenzione.

Punto di riferimento e capofila del progetto è Armando Punzo che, con la Compagnia della Fortezza di Volterra, torna a Bologna con “Il sogno di Faust”, prima nazionale liberamente ispirata al Faust di Ferdinando Pessoa.

Il pubblico viene accolto dalle note squillanti di “Pasqualino Marajà”; in scena c’è una tavola riccamente imbandita con frutta e verdura fresche, pentole e tovaglia tipica: un’esplosione di colori, un’atmosfera da festa.
Punzo comincia raccontando di quando un giorno, febbre a trentanove, gli è venuta voglia di rileggere il Faust. E fin dall’inizio aveva in mente l’immagine di un cuoco: Faust come cuoco dell’anima. Da qui l’idea della tavola imbandita e di un Faust vestito da cuoco, l’attore- detenuto Jamel Sultani, che prepara un piatto tipico, pasta e fagioli.

Si scivola nello spettacolo in un clima di grande informalità: le luci rimangono accese in platea, il regista e una cantante sono in scena con l’attore, tre persone del pubblico sono invitate a sedersi a un tavolo vicino alla postazione di cucina. È un segno chiaro: non si dà una separazione netta tra pubblico e scena, si ridefinisce lo spazio teatrale. Al punto che il regista dà indicazioni in corso d’opera, sulle luci, sui movimenti di scena, sui volumi della musica.
La struttura è semplice: ci sono brevi monologhi, riscritture del Faust di Pessoa, che si intervallano a brani di musica leggera italiana, da Modugno a Mina, in parte cantati dal vivo e in parte registrati. Sorridete, esorta più volte il regista rivolto a cantante e attore.
È importante quel sorriso dal vivo perché alle spalle di Jamel Sultani sono proiettate immagini cha fanno da pesante contrappunto a quanto accade in scena: barche piene di immigrati, cadaveri nel deserto, stralci di interventi e interviste di esponenti della politica italiana  e gente comune che esorta alla lotta al clandestino, allo straniero. Il montaggio video è sullo stile del Blob di Ghezzi: interventi serrati, estrapolati da diversi contesti che raccontano di italiani razzisti, più o meno capaci di motivare le proprie posizioni, più o meno imbarazzanti.

L’argomento è serio, ha molto senso parlarne ora. Tanto più da parte di chi ha scelto di operare artisticamente in un contesto complesso come quello del mondo carcerario. Personalmente, però, trovo che l’operazione sia semplicistica. Non basta un contenuto, per quanto significativo, a fare uno spettacolo. “Il sogno di Faust” non aggiunge nulla, né da un punto di vista artistico né concettuale. Chi trova aberranti le immagini e le testimonianze riportate dal video non può che confermare la grande desolazione di cui sono manifestazione; chi trova esaltante il Bossi degli anni’90 e il suo “la Lega ce l’ha duro” non potrà che rivedere con piacere queste immagini di repertorio. La dicotomia bene e male è fortemente presente, sottolineata dalla figura naif dell’attore in scena, detenuto e straniero.
Lo spettacolo non apre ad una riflessione approfondita e la scelta precisa di utilizzare al minimo il linguaggio teatrale non mostra un’urgenza tale da risultare efficace.
Quasi alla fine dello spettacolo, regista e attore si aggirano fra il pubblico distribuendo pomodori freschi. Un suggerimento velato che una spettatrice coglie timidamente: all’ennesima immagine di Bossi o forse Borghezio lancia il pomodoro che ha in mano verso lo schermo, ma senza troppa convinzione. Qualcuno la segue. Un gesto significativo, ma non forte.

E poi di nuovo musica, musica pop, ad alto volume, un finale di festa.
“Il sogno di Faust” secondo Punzo è un modo di raccontare una realtà, ha una sua coerenza interna, nasce da scelte precise e chiaramente leggibili. Ma l’ironia e la leggerezza di cui fa uso rischiano di trasformare il tutto in un discorso da salotto in cui, comodamente seduti in poltrona, si possono tirare pomodori ai cattivi e compatire le vittime: che è un partecipare sì, ma da lontano.

Il sogno di Faust
liberamente ispirato al Faust di Ferdinando Pessoa
con: Jamel Soltani
regia e drammaturgia: Armando Punzo
produzione: Compagnia della Fortezza di Volterra, Carte Blanche- Centro Nazionale Teatro e Carcere Volterra – Festival Volterra Teatro
durata: 1h 09’
applausi del pubblico: 2’
prima nazionale

Visto a Bologna, auditorium del Dams, l’8 aprile 2011

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