Il teatro romano 13/14: fuga dalla museificazione dell’immaginario

Il Teatro India di Roma
Il Teatro India di Roma
Il Teatro India, anche in questa stagione in fase di ristrutturazione. In alto una frase di Adorno da Minima Moralia.
È possibile tentare una ricognizione di quel che ci aspetta (o è appena passato) della stagione teatrale romana?
Il panorama è magmatico, fragile, a tratti vivace ma, aldilà degli esempi e delle “emergenze” cui accenneremo in seguito, tendente per lo più alla conservazione quando non alla museificazione dell’immaginario, tra grandi classici della tradizione “borghese” riproposti per l’ennesima volta (si vedano i cartelloni di Quirino o Eliseo), e il rischio, sempre vivissimo, di confondere le ribalte teatrali con l’habitat mortale di fiction e cabaret tv.

È sintomatico, ad esempio, che tra i ben 43 teatri aderenti all’Agis, che promuove il progetto “Un abbonamento per tutti”, manchino quasi tutti gli spazi che propongono a Roma più innovazione e ricerca.

C’è il Teatro Argot, a cui spetta quest’anno il tentativo di programmazione/distribuzione/promozione più coraggioso. In stagione congiunta con il Teatro Orologio, propone “Dominio Pubblico”, primo esperimento di direzione a quattro, fra i due storici spazi del centro storico e con la collaborazione di Luca Ricci (deus ex machina del Kilowatt Festival), nell’ottica di un “progetto popolare” di coinvolgimento di nuove generazioni e di nuove interazioni, grazie ad una politica fatta di prezzi accessibili e di vivacità promozionale: saranno in scena i dieci progetti selezionati pochi mesi fa per la fase finale del bando Ne(x)twork 2013; e poi appuntamenti di danza (tra cui Giorgio Rossi/Sosta Palmizi) e autori-attori da tanti anni vicini al teatro diretto da Tiziano Panici e Francesco Frangipane (Macelleria Ettore, Roberto Latini).

Orfano della sua costola più libera (il Teatro India è sempre chiuso per lavori…) e fiancheggiato per i grandi eventi dal Palladium, il Teatro Argentina, innestato di contemporaneità grazie a Romaeuropa (Socìetas Raffaello Sanzio, DeFlorian/Tagliarini e i tanti altri nomi che abbiamo visto passare in queste settimane) e al nuovo lavoro dell’unico grande sabotatore di linguaggi a cui il Teatro di Roma sembra dar credito, Pippo Delbono, propone per il resto della stagione una vetrina abbastanza prudente e “novecentesca”, confacente con il rischio d’essere il più prestigioso e antico teatro romano. E di non perdere gli abbonati.

Nata da qualche mese, ma ancora abbastanza latitante di iniziative significative, è la Casa dei teatri e della drammaturgia contemporanea gestita da Zètema Progetto Cultura, con la direzione di Emanuela Giordano, che ha tra gli spazi a disposizione luoghi cruciali per tentare di estendere verso le periferie la proposta culturale romana: il Teatro di Torbellamonaca, che dallo scorso anno è diretto da Alessandro Benvenuti, il Teatro del Quarticciolo, dove arrivano a breve i Muta Imago in “Pictures from Gihan”, il Teatro del Lido di Ostia, il Teatro Elsa Morante, il Teatro delle scuderie di Villino Corsini e il Teatro di Villa Torlonia. Spazi insomma ce ne sono.

Il Teatro Vascello, per i suoi venticinque anni di storia, intitola la stagione “Rewolution”, giocando con il paradosso di un movimento che guarda in avanti andando all’indietro.
La nuova produzione dello spazio diretto da Manuela Kustermann ha reso omaggio a Ettore Petrolini (“Il Padiglione delle meraviglie”), inaugurando un cartellone che ospiterà a breve parte della programmazione de Le vie dei Festival e di Romaeuropa (il nuovo lavoro di Santasangre dal 21 al 23 novembre).
Appuntamento ormai fisso ma sempre graditissimo, Antonio Rezza e Flavia Mastrella, che tra dicembre e gennaio presenteranno a scansione settimanale un’antologica dei loro ultimi lavori.
 
Un’altro stabile d’interesse pubblico, il Teatro Vittoria, ha scelto una linea in cui saranno la narrazione, il monologo e il “one man show” a farla da padrone: da Ascanio Celestini a Paolo Rossi, da Moni Ovadia ad Alessandro Bergonzoni.

Il Teatro Studio Uno, che con la direzione della compagnia La Cattiva Strada, sta tentando di rianimare un quartiere tanto multiculturale quanto povero di offerte come Torpignattara, ospiterà a dicembre, in occasione della prima delle residenze temporanee pensate per la creazione di progetti site specific, Manuela Cherubini e il suo Psicopompo Teatro.
Da seguire anche il progetto indipendente di Performing Arts “Radicanto”, un originale lavoro sulle interconnessioni artistiche, scadenzato in cinque eventi speciali nel corso di tutta la stagione, guidato dal compositore Francesco Leineri.

Il Teatro Valle Occupato, diventato Fondazione e sempre al centro di polemiche, invidie, equivoci, come abbiamo già anticipato in una lunga intervista, propone “Altresistenze”, tra cinema (Manuli, Delbono), drammaturgia (Enia, Santeramo), teatro (Fanny & Alexander, Paravidino, Latella, Gogmagog) e danza, cercando di incoraggiare una proposta culturale in senso più ampio e una piattaforma che possa dirsi di scambio e comunità tra le più disparate istanze.

Il Furio Camillo, che per tanti anni ha proposto un’offerta teatrale di qualità e di indipendenza estetica e linguistica, fa fatica a ospitare nomi di rilievo.
Con il 2014 arriveranno i due spettacoli della compagnia L’Archimandrita, che gestisce lo spazio: “Il Visconte Rambaldo di Bretagna” e “Don Chisciotte”.

Manca all’appello l’Angelo Mai, che lo scorso anno ha portato meritoriamente nella capitale le più attive compagnie del Nord Italia (dai Motus a Codice Ivan fino al nuovo consorzio romagnolo E-production) e che sta definendo la programmazione per i prossimi mesi. Intanto anticipiamo, per il 19 e 20 novembre, il progetto “Tropici” curato da Angelo Mai Altrove Occupato, mk e PAV, e che annuncia i nomi di Hugo Sanchez / Anna Clementi / Lola Kola, CollettivO cineticO, Masque Teatro, Biagio Caravano / Luca Brinchi, Isabella Mongelli, Antònio Da Silva, Maurizio Saiu, Bluemotion, Pawel und Pavel, Teatro delle Moire, Fabrizio Favale Le Supplici, Chiara Guidi Socìetas Raffaello Sanzio, Iacopo Fulgi, Sérgio Cruz, Giorgina Pilozzi, Cristian Chironi, Daria Deflorian, Dewey Dell, Marco Dotti.  

Resta molto altro, di nascosto, imprevedibile, o semplicemente non ancora pronto per essere annunciato pubblicamente, tra luoghi di resistenza (in primis il Nuovo Cinema Palazzo, ma anche l’Ex Snia e il Forte Prenestino), spazi dal futuro incerto (Centrale Preneste, Teatro Lo Spazio), teatri con nuove gestioni (il Tor di Nona, nuova sede di parte dello staff che ha gestito il Colosseo Nuovo Teatro fino a chiusura) e altri con una lunga storia di drammaturgia contemporanea alle spalle (Casa delle Culture, Teatro La Comunità, Teatro Due…).
E nel concludere citando Adorno (in foto), come sempre rimaniamo aperti a segnalazioni nei commenti a fondo pagina.
 
 

0 replies on “Il teatro romano 13/14: fuga dalla museificazione dell’immaginario”