Il topo del sottosuolo. Oliva e Manni nelle ossessioni di Dostoevskij

Il topo del sottosuolo (photo: Francesco Bozzo)
Il topo del sottosuolo (photo: Francesco Bozzo)

Entrare nella sala Treno Blu del Teatro Franco Parenti di Milano per assistere a “Il topo del sottosuolo” è come fare un viaggio nel passato. Ci accoglie l’atmosfera calda e fumosa di una locanda di San Pietroburgo, spettatori seduti ai tavolini, candele, fumo, vino nei bicchieri, proiezioni video. Il pubblico diventa avventore. Lo spazio scenico si mescola a una platea raccolta, immersa nell’azione.

Alberto Oliva alla regia e Mino Manni sul palcoscenico approfondiscono un personaggio straordinario del capolavoro di Dostoevskij “Delitto e castigo”: si tratta di Arkadij Ivanovič Svidrigajlov. Attraverso il suo racconto e le sue parole diventiamo partecipi della sua lotta contro il destino e contro la sua natura.
Un monologo intenso, quello di Mino Manni, che alterna parole a stati trasognati. Siamo rimbalzati in deliri di semicoscienza. L’atmosfera sordida e opprimente delle locanda viene squarciata da una luce fredda, che ci proietta nella mente di Svidrigajlov. Il ritmo varia, accelera, infuria. A volte cede ad un romanticismo velato, a una dolcezza che fa a pugni con l’esistenza viziosa e l’essenza viscida, a tratti ripugnante, del protagonista.

Svidrigajlov ci racconta delle proprie donne: Marfa Petrovna, la moglie, cui è legato da un singolare contratto; Dunja, l’oggetto del suo desiderio, le cui immagini in bianco e nero sono proiettate alla parete in maniera ossessiva, con accompagnamento audio via via più forsennato, dal Beethoven classico a una cover techno della “Sonata al chiaro di luna”; in ultimo la seconda moglie, quasi una bambina.

Oliva e Manni, dopo aver già affrontato “Il giocatore” dell’autore russo, restituiscono le atmosfere del celebre romanzo dostoevskijano attraverso l’impianto scenico che quasi soffoca lo spettatore, avvolgendolo a 360 gradi, e risucchiandolo dentro la quarta parete.
Il mondo contemporaneo resta fuori dalla piccola sala del Franco Parenti. Ognuno – dentro questa vertigine – è chiamato ad essere ascoltatore e complice dei misfatti di Svidrigajlov, soggiogato dal desiderio e dalla passione smodata.
Uno spin-off riuscito, il primo del progetto Prospettiva Dostoevskij, che ci porta per un’ora a San Pietroburgo, in un pomeriggio, nelle tormentate riflessioni di un uomo prima del gesto estremo.

IL TOPO DEL SOTTOSUOLO
una storia di ozio e depravazione verso Delitto e Castigo
adattamento di Alberto Oliva e Mino Manni
da “Delitto e castigo” di Fedor Dostoevskij
con Mino Manni
regia di Alberto Oliva

durata: 1h
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro Franco Parenti, il 4 dicembre 2016
spettacolo all’interno della rassegna “Prospettiva Dostoevskij”

stars-3.5

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