Ventinovesima edizione per la rassegna guidata da Controluce Teatro d’Ombre, che ha portato a Torino compagnie italiane ed estere, oltre a un omaggio a Giuliano Scabia
Giunto alla XXIX edizione, Incanti, il festival torinese di teatro di figura che si svolge dal 2008 alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, da quest’anno si è unito con la struttura che lo ospita anche dal punto di vista organizzativo, pur restando sempre la direzione artistica del festival alla compagnia Controluce Teatro d’Ombre.
Questa edizione di Incanti, che si è tenuta dal 4 al 16 ottobre, è stata inaugurata da una parata dedicata a Giuliano Scabia, realizzata da Kalligeneia Teatro Urbano, che si è snodata nei suggestivi spazi della Venaria Reale.
Il festival – che quest’anno ha ospitato spettacoli provenienti da Bulgaria, Francia, Spagna, Italia e Germania (a cui è stata dedicata una piccola sezione) – ha avuto come sottotitolo “Viaggio oltre i confini”: dei confini, come ha voluto sottolineare il direttore artistico Alberto Jona, “reali e metaforici, fisici e di genere, mentali e animici…”. E infatti, nelle cinque giornate che ci ha visto presenti, il teatro di figura è stato declinato in ogni sua accattivante possibilità, superando generi e linguaggi, mescolandosi con tutte le forme della scena.
Tutti i confini del teatro di figura sono stati divelti dallo spettacolo che ha avuto più successo quest’anno: “Blu infinito”, della compagnia italo-americana Evolution Dance Theatre, in cui luce, danza, circo e pittura si sono fusi per ricreare un mondo fantastico in cui il blu è stato protagonista.
Il coreografo americano Antony Heinl, proveniente dal mitico gruppo dei Momix, ha invece popolato il palcoscenico, tra cielo e mare, di creature fantastiche, animali acquatici e uccelli meravigliosi in cui sette performer si sono immersi, in un gioco di felice meraviglia che si è riversato sul numeroso pubblico, che ha gremito per due recite la sala grande della Casa del Teatro Ragazzi e Giovani.
Molto curiosi ci siamo poi posti davanti al nuovo lavoro del maestro veneto Gigio Brunello che, affidandosi ancora una volta al bravissimo Marco Lucci che ha curato burattini e scene con Sig. Formicola, ci ha regalato “Cracrapunk”, a Torino in prima assoluta.
Attingendo al mito di Edipo, Brunello affida la parte del protagonista ad un piccolo fagotto, abbandonato in mezzo alla neve, di cui si prende cura nientemeno che la Morte. Il ragazzo, diventato grande, si chiama Punk e decide di partire per andare a cercare i suoi veri genitori, il re Punch III e la regina Giuditta. Della partita saranno, tra gli altri, anche Tiresia nelle vesti di una cicogna e Antenore, il guardiano del silenzio che sciorina enigmi misteriosi.
Come sempre la fervida e surreale immaginazione di Brunello imbastisce una storia di intense emozioni, che parla intimamente dell’essere umano; tuttavia, secondo noi, ancora troppe sono le direzioni che lo spettacolo vuole intraprendere e che andrebbero sfoltite per ottenere un risultato ancor più soddisfacente.
I padroni di casa di Controluce hanno invece omaggiato con un primo studio, ancora in divenire e da ri-registrare, il grande e misconosciuto maestro del cabaret tedesco del primo Novecento Karl Valentin. In “Kriegskabarett”, per mezzo delle ombre e della musica dal vivo, la figura di Valentin esce finalmente e doverosamente dalla memoria, riconsegnata attraverso la sua scrittura surreale di stampo dadaista, popolata da non sense, una scrittura che ancora risulta godibilissima e piena di feroce sarcasmo nei confronti del potere.
Bellissimo il finale dello studio di Controluce, con le ombre che rimandano all’abisso di orrori hitleriano che si sarebbe riversato sulla Germania, mentre tutti gli artisti presenti nello spettacolo intonano la canzone yiddish “Mir leben ebik”.
“Baraka” dei francesi Cie Fred Teppe, tra arte circense e teatro di oggetti, immerge invece lo spettatore nel mondo del tè, attraverso una – nel complesso divertente – fantasmagoria governata da due clown, Fred Tappe e Paul Rozaire, molto diversi tra loro, ma popolata anche da teiere di tutte le dimensioni, bustine mosse dal vento che danzano con bicchieri approntati per un improbabile “tea time”.
I nostri giorni a Torino, che erano iniziati con la riproposta del meraviglioso “Talita Kum” di Valeria Sacco della compagnia Riserva Canini, sono terminati con uno spettacolo dedicato interamente alla danza che pure omaggia il teatro di figura: in “I pupi (Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori)” il coreografo Giuseppe Muscariello, nella funzionale location della Lavanderia a Vapore di Collegno, immette i suo danzatori (Marina Bertoni, Daniele Bianco, Mara Capirci e Michael Incarbone) nel turbinio della fusione di danza e teatro di figura, due linguaggi apparentemente diversi tra loro, per rappresentare niente meno che l’Orlando Furioso.
Sul palco i quattro performer riverberano, con la postura dei loro corpi e con la sottolineatura di pochi efficaci elementi, quella dei Pupi, attraverso la danza che si adatta alla musica, in verità assai poco evocativa, di Pino Basile, per narrare la vicenda, resa immortale da Ludovico Ariosto, del paladino Orlando e del suo folle amore per Angelica.
Collateralmente al festival si è svolta la decima edizione del Progetto Cantiere, il meritorio percorso di accompagnamento alla produzione per artisti e compagnie di teatro di figura, che prevede un percorso di accompagnamento alla produzione e di supporto alla distribuzione.
Cantiere intende offrire non solo spazi di visibilità, ma supporto costante alla produzione con momenti di incontro, sostegno e verifica. Il debutto dei progetti di spettacolo selezionati nell’edizione 2022, in forma completa, avverrà nell’edizione 2023. Che ora quindi attendiamo, quando si festeggerà l’edizione trentennale di Incanti.