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Incanti finali, con un elogio alla figura

Nikos Tompros e Eleni Panagiotou|Il Thingumajig Theatre|Il Wild Theatre

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Il Thingumajig Theatre
Il Thingumajig Theatre (photo: festivalincanti.it)
La grande particolarità delle “figure” nel teatro contemporaneo consiste soprattutto nell’estrema duttilità teatrale che possiedono. Al contrario dell’attore, infatti, la figura non solo non percepisce il foglio paga ma, nella sua estrema umiltà e compostezza, si adatta docilmente ad ogni stile, e anzi lo asseconda, conferendogli, attraverso l’estrema libertà creativa che affida al regista, un tono ed un’atmosfera che l’attore in carne ed ossa difficilmente riuscirebbe a ricreare.
Ne abbiamo avuto estrema pratica nelle ultime tre giornate di Incanti, il festival di teatro di figura dedicato quest’anno alla fiaba, che Controluce teatro d’ombre conclude stasera a Torino per la diciannovesima volta.

Rebekah Wild, artista neozelandese trapiantata in Austria, in “Stonebelly” crea su tre piccoli palcoscenici di sale, attraverso gesti calcolati che si intersecano con la musica di Hannah Marshall, una specie di bestiario immaginario mescolando oggetti trovati sulle spiagge della Nuova Zelanda e nei mercanti delle pulci di Vienna, così da legare pezzi di legno, cortecce di alberi, chiavi inglesi, lunghi chiodi… a cui lo spettatore può coniugare pensieri ed emozioni personali assai diversi tra loro.

Donatella Pau, invece, durante l’intera durata del festival, ha narrato fiabe provenienti da contesti assai diversi tra loro, ma che hanno in comune il sublime e necessario concetto di dono, per mezzo di un micromondo che costruisce dolcemente su un tavolo rotondo girevole.
Come era già precedentemente accaduto con le favole di Leonardo, anche questa volta le fiabe dei Grimm, un racconto di Grazia Deledda e alcune favole arabe rivivono d’incanto a stretto contatto con il pubblico: tutto è semplice ed immediato, ma nello stesso tempo studiatissimo e di incantevole risultato.

Il Wild Theatre (photo: festivalincanti.it)
Non si deve nemmeno credere che le figure non abbiano un passato; anzi, quasi sempre esso è assai nobile.
Lo avevamo visto nelle prime serate del festival con le ombre balinesi, che affondano le loro radici nella notte dei tempi, e lo abbiamo sperimentato in tutt’altro contesto con quelle affrontate dei padroni di casa di Controluce.
Continuando il loro cammino di rivisitazione delle avanguardie del ‘900, Cora De Maria, Alberto Jona e Jenaro Melendrez Chas hanno reso omaggio al grande Jean Cocteau, in occasione del 50° anniversario dalla morte, riproponendo in modo originale e coinvolgente due celebri pièces del maestro: tenendo per loro l’epopea surrealista di “Les Mariées de la Tour Eiffel”, narrata attraverso gustosi siparietti recitati da Paola Roman e accompagnati dalle musiche di Milhaud, Honneger, Poulenc, Tailleferre e Auric. E affidando invece la seconda ad un meritorio progetto di formazione che vede coinvolti l’atelier Giovani dell’Unione Musicale e la Piccola Accademia del Teatro Ragazzi e d’Animazione – Fondazione TRG, che ha ricreato le atmosfere di un famoso locale parigino, Le Boeuf sur le Toit, accompagnate dalle musiche di Milhaud.
Il risultato è un affresco intrigante di un’epoca che il teatro di ombre restituisce in tutto il suo affascinante e gioioso splendore.

Il Thingumajig Theatre di Kathy e Andrew Kim, i due artisti anglosassoni che quest’anno hanno anche curato il Progetto Incanti Produce, utilizzano il teatro di figura per rivolgersi all’infanzia.
In “Hullaba Lulu” narrano le vicende di una coppia in viaggio sconvolta dall’arrivo di Lulu, una creatura colorata che assistono e che vicendevolmente li aiuta a superare persino la morte.
Uno spettacolo delizioso, giocato tra musica e teatro di immagine, con qualche momento “zuccheroso” di troppo.

Nikos Tompros e Eleni Panagiotou in The strings of music, in scena stasera (photo: festivalincanti.it)
Il teatro di figura infine si è coniugato perfettamente in tutte le sue forme con la fantasmagoria che il Teatro de Marionetas de Oporto ha dedicato ad Alice, l’ultima opera di Joao Paulo Seara Cardoso, leader della compagnia e maestro indiscusso di quest’arte, da poco scomparso.
Qui recitazione, danza, musica, teatro gestuale, invenzione testuale e scenografica si sposano perfettamente con marionette e pupazzi di tutte le dimensioni e di tutti gli stili, per donarci una versione del capolavoro di Carroll mai banale o didascalica, e anzi spesso crudele e caustica, conservandone tutta la carica surreale e sottolineando in modo convincente i passaggi poetici e i messaggi nascosti.

Ed è in questo finale di rassegna che veramente si può comprendere a pieno tutta la particolarità del teatro di figura che, come il festival ha dimostrato, riesce in modo originale e convincente a superare ogni ostacolo che si sovrappone tra creatura e creatore.

Gli ultimi appuntamenti sono per stasera con due prime nazionali, “All about the world – nel caso ci fossero domande” dell’austriaco Cristoph Bochdansky, alle 20 alla Cavallerizza Reale, seguito alle 21,30 da “The string of music” di e con Nikos Tompros e Eleni Panagiotou della compagnia greca Antamapantahou.
 

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