Dopo la prima nazionale in occasione del Romaeuropa Festival, l’ultima creazione del coreografo brasiliano Bruno Beltrão, “Inoah”, arriva a Torinodanza lasciando il pubblico entusiasta.
Se con “Sutra”, nella serata inaugurale di questa edizione, eravamo stati trasportati nella lontana Cina dello Shaolin, abitata da atletici monaci buddisti, in un mondo fatto di devozione e spiritualità, la programmazione di Anna Cremonini, direttrice artistica di Torinodanza, ci accompagna questa volta a godere di una piacevole riflessione su un ambiente urbano dell’America Latina.
Bruno Beltrão, cresciuto nei sobborghi di Rio de Janeiro, fonda la propria compagnia, il Grupo de Rua, nel 1996. La passione per la danza contemporanea si fonde con gli studi in filosofia portandolo ad elaborare uno stile del tutto personale. Attingendo dalle tecniche delle danze di strada codifica infatti un gusto estetico per la scena fortemente connotato e riconoscibile. Elabora creazioni dal forte impatto politico, dove ribellione pacifica e denuncia sociale sono tratti dominanti.
Con “Inoah” fa prepotentemente ingresso sui palchi italiani una danza di solito relegata alle periferie e ai sobborghi meno agiati. Partendo da hip hop e break dance, linguaggi caratterizzanti le aggregazioni giovanili che abitano gli spazi urbani, il coreografo ne rielabora gli stili destrutturandone le componenti tecniche. E’ un linguaggio coreografico che trova origine e forza dalla terra, con la quale i corpi danzanti continuamente interagiscono e dialogano. La danza si presenta astratta, producendo sul palco un luogo irreale in cui dieci figure maschili, molto differenti tra loro, si incontrano, parlano, si conoscono e a volte si scontrano. La coreografia di Beltrão gioca sull’attento controllo nervoso che i singoli performer possiedono e sfrutta questa energia per dar vita a momenti di forte interazione.
Questo tipo di danza è caratterizzata da un vocabolario performativo estremamente egocentrico e fortemente personale. Nonostante queste peculiarità ha una grande capacità di generare aggregazione fra i giovani, formando gruppi forti e uniti.
Proprio da queste caratteristiche scaturisce l’analisi del coreografo, che sulla scena vivifica le connessioni che legano i diversi elementi del gruppo senza trascurarne le componenti soggettive e individuali. Secondo Beltrão, da questo doppio meccanismo è inevitabile il formarsi di collisioni, dissidi che incrinano i legami e il gruppo stesso. Ecco allora che spesso si assiste, sulla scena, ad accese conflittualità che vedono contrapposta alla struttura del gruppo una singola personalità. Il Grupo de Rua, tra figure spettacolari e acrobatiche, alterna così in “Inoah” coesione e collisione.
Quello a cui si assiste è un flusso inesorabile che non si interrompe mai. Istanti di grande movimento, concitati, energici e vigorosi, si alternano a sospensioni temporali. Ed è proprio in questi improvvisi stillness che emergono impercettibili gesti che animano i danzatori, soprattutto nelle mani, a ricordarci che nell’apparente immobilità persiste una soggettività personale in divenire, un continuo che non si arresta.
Lo spettacolo è accompagnato dalle composizioni sonore di Felipe Storino, una musica dal gusto contemporaneo, che nulla ha a che fare con la street dance da cui il coreografo parte.
La scenografia è minimale, composta da sette schermi dalle dimensioni ridotte e posti un po’ troppo in alto rispetto lo sguardo dello spettatore. Su di essi scorrono immagini di paesaggi montani, ambienti naturali da cui fanno capolino alcuni segni distintivi che ci segnalano la presenza dell’agire umano. Cieli notturni sono animati dal soffio del vento e da corvi che trovano rifugio su pali del telefono. Si susseguono le stagioni. Si sottolinea la coesistenza di un doppio tempo: quello “reale” della scena e quello illusorio delle proiezioni.
I colori dei costumi dei danzatori si sposano con le immagini in movimento sugli schermi. Precisi giochi di luci ed ombre evidenziano le differenze negli abiti, le varietà di colore, in contrapposizione alla tonalità della pelle dei danzatori, come a sottolineare una prima etichetta data dalla razza. Eppure, attraverso movimenti, sguardi e contatti, i singoli diventano ancora una volta parte di un unico organismo che vive e agisce.
INOAH
Direzione artistica: Bruno Beltrão
Assistente alla direzione: Gilson Nascimento
Interpreti: Bruno Duarte, Guilherme Nobre, Douglas Santos, Eduardo Hermanson, Joao Chataignier, Leandro Gomes, Leonardo Laureano, Alci Junior ‘Kpue’, Ronielson Araujo ‘Kapu’, Sid Yon
Luci: Renato Machado
Costumi: Marcelo Sommer
Musica: Felipe Storino
Con il sostegno di: BEIRA
Coproduzione: KAMPNAGEL (Hamburg) FESTIVAL MARSEILLE WIENER FESTWOCHEN (Vienna) MOUSONTURM (Frankfurt) TANZHAUS NRW (Dusseldorf)
Durata: 55′
Applausi del pubblico: 4′
Visto a Torino, Teatro Astra, il 28 settembre 2019