Il testo di Doug Wright, sul palco del Teatro Elfo Puccini di Milano, ricostruisce la storia dell’antiquaria transgender sopravvissuta a nazismo e comunismo
Sempre più frequentemente il teatro ha cercato di porre in risalto la vita di esistenze in qualche modo dimenticate ma foriere di suggestioni importanti e di lotte di emancipazione, per una riscoperta doverosa di questo operare anche nei meandri più nascosti della storia.
In questo solco si pone anche Michele Di Giacomo, che in “Io sono mia moglie” di Doug Wright, ha deciso di esplorare la storia vera di Charlotte Von Mahlsdorf, antiquaria e ricercatrice transgender, sopravvissuta al nazismo e al regime comunista a Berlino, dove era riuscita a creare un vero e proprio museo, vario e composito, di antiquariato vintage, colmo di fonografi e di orologi che amava raccogliere con costanza e curiosità, ma anche di scatole di fiammiferi, telefoni, boccette d’inchiostro, quadri, credenze e scrivanie.
Di Giacomo, in una scena disseminata di scatole da scarpe colme di nastri, in cui troneggia in miniatura il suo museo, riproposto in tutti i minimi particolari, parte dalle interviste e dagli incontri dell’autore del testo e del giornalista americano John Marks con Charlotte per ricostruire la vita della donna, nata con il nome di Lothar Berfelde, cercando di capirne le vere intenzioni e i buchi nascosti di un’esistenza spesso contraddittoria.
In modo mai macchiettistico, con il cambio di semplicissimi elementi di abbigliamento (un vestito nero da contadina, un filo di perle e pesanti scarpe nere), e con il tono diversificato della voce, l’attore riesce ad entrare e uscire non solo dai panni della protagonista, ma anche delle esistenze con cui era venuta in contatto, facendoci percorrere – attraverso gli occhi di Charlotte – trent’anni di storia del suo Paese, ma anche della nostra storia, dal nazismo al comunismo sino alla caduta del Muro.
La vediamo subire l’influenza della zia Louise, uccidere il padre violento, frequentare il carcere minorile di Tegel, riuscendone a fuggire con l’arrivo dei russi, collaborare con la famigerata polizia della Stasi, sino a diventare famosa e ad essere insignita persino della Medaglia d’Onore della Bundesrepublik Deutschland.
Aiutandosi con le musiche d’epoca e con la ricostruzione delle atmosfere di una Berlino sempre in mutazione, vista anche nei suoi aspetti più nascosti, lo spettacolo ci conduce in quegli anni, ancora oggi colmi di fascino discordante.
Ma qualcosa non quadra nel racconto, se confrontato con i documenti (anche loro per la verità forse volutamente fuorvianti) in mano ai due studiosi. Sarà vero tutto quello che è stato raccontato da Lothar Berfelde / Charlotte Von Mahlsdorf?
Alla fine poco conta, sulla scena si è consumata un’esistenza in qualche modo straordinaria, capace di attestare con la sua presenza il passaggio di tre epoche con le rispettive storture e speranze, e con questa protagonista orgogliosa di essere stata ciò che è stata, nella sua fiera diversità contro i pregiudizi di tutti, che ha portato avanti al contempo la sua dedizione per un passato da ricordare, raccogliendo e conservando piccole ma importanti testimonianze.
Io sono mia moglie
di Doug Wright
tradotto, diretto e interpretato da Michele Di Giacomo
scene Riccardo Canali, luci Valentina Montali, suono Marco Mantovani
assistente alla regia Iacopo Gardelli
direttore tecnico Massimo Gianaroli
capo elettricista Valentina Montali, fonico Marco Mantovani
scene realizzate da Mulinarte
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
si ringraziano Musicalia – Museo di Musica Meccanica di Villa Silvia – Carducci per la concessione degli strumenti per la registrazione sonora e Silvia Masotti per la collaborazione alla traduzione
produzione originale di Broadway presentata da David Richenthal
durata: 1h 30′
Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 18 marzo 2023